Un prototipo del caccia F-35

Tre cacciabombardieri F-35 Jsf, una spesa di 240 milioni di dollari e una spiegazione: “i primi aerei costeranno di più, il prezzo diminuirà con l’andare avanti del programma”. Parola del generale Claudio Debertolis che ieri, davanti alla Commissione Difesa della Camera, in veste di direttore nazionale degli Armamenti ha annunciato l’acquisto dei primi F-35 da parte dello Stato. Ottanta milioni di euro cadauno. Un prezzo, una certezza e una variante sconosciuta. Quest’ultima dipende dal fatto che non è chiaro se la somma versata per ogni aereo comprenda le spese di progetto, mentre dovrebbe essere appurato che ogni operazione “di cantiere” non porterà nuovi posto di lavoro in Italia. A lavorare sui cacciabombardieri, infatti, sarà il personale addetto alla costruzione dell’Eurofighter, il primo caccia del primo vero progetto militare comunitario. Il motivo? La produzione dell’aereo da guerra ‘europeo’ ha subìto contraccolpi non da poco a causa del dietro front dell’India, che ha deciso di acquistare 126 caccia francesi Rafale invece che Eurofighter.

Ma non solo. A mettere in difficoltà il consorzio continentale che produce il caccia è anche la mossa del nostro Paese, che ha preferito investire nell’acquisto velivoli americani (gli aerei F-35 Joint Strike Fighter) piuttosto che scommettere soldi e tempo sull’evoluzione del prodotto europeo, costretto a fare i conti anche con la decisione dell’Inghilterra, vicina ad un accordo con i produttori francesi del Rafale in vista di un progetto comune con Eurofighter Typhoon. E intanto la nostra Aeronautica militare avvisa: presto bisognerà rinnovare il parco aerei, con la sostituzione dei Tornado e degli Amx, precisando che a rendere problematica il rapporto tra Italia e il consorzio Eurofighter non sono state scelte militari, bensì politiche. Tutti da verificare, al contempo, i tempi di operatività dei nuovi caccia F-35, visti i problemi che attanagliano la loro produzione negli Usa.

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