A Ripoli Santa Maria Maddalena, nell’appennino bolognese, dove lo scavo di una galleria sta mettendo a rischio la tenuta delle case, Autostrade per l’Italia passa al piano B. Proprio poco prima del Natale ha infatti iniziato quella che potrebbe chiamarsi una “campagna acquisti”. Se gli sgomberi delle abitazioni fanno troppo clamore, se il comitato dei cittadini che si batte contro il tunnel alza troppo la voce e finisce sulla stampa e le televisioni nazionali, allora è meglio usare la carota rispetto al bastone, e quindi comprare direttamente le case. “Se va avanti questo tipo di approccio, il paesino è destinato a essere comperato da Autostrade”, dicono ora i cittadini riuniti in un comitato.

“Ci sono già una decina di case che hanno ricevuto offerta d’acquisto da Autostrade, alcune sono quelle dove le famiglie sono state già de-localizzate (tradotto: sgomberate, ndr), altre sono ancora abitate. Il paese non esisterà più”, ha spiegato Marco Ricci, uno dei portavoce dei cittadini.

La novità è che tra questa decina di case in cui sono iniziati i sopralluoghi ce ne sono diverse che ancora non hanno subito grossi danni e sono ancora abitate. Quindi è come se Autostrade volesse evitare futuri clamori per altri danni a queste case e volesse comprare a priori. A inizio dicembre, per esempio, la signora Laura Pasqui, 85 anni, che dal 1946 abita nella frazione di San Benedetto Val di Sambro, ha ricevuto la visita in casa di un perito di Autostrade, che ha iniziato a fare foto e misure della sua vecchia abitazione con 14 stanze.

“Mi hanno detto che mi contatteranno presto”, ha spiegato l’anziana signora, che arrivata appena diciottenne nella frazione, ora aspetta di capire il suo futuro. “Vediamo quanto mi offrono”. Ma poi candidamente ammette: “Se me la vogliono comprare io la vendo. Come faccio a stare dietro a 14 stanze?”.

Il borgo montano di Ripoli da oltre un anno è alle prese coi lavori per una galleria a valle. Gli scavi per questo tunnel di quattro chilometri sono il tratto che manca per terminare la Variante di valico, la grande opera lunga oltre 60 chilometri che potenzierà il collegamento autostradale tra Bologna e Firenze, voluta e poi costruita dall’allora ministro alle Infrastrutture Pietro Lunardi: è sua infatti la società che ha progettato la galleria. La stessa società che ha avvertito che pericoli ce ne sono.

Negli ultimi mesi, però, 12 famiglie di Ripoli sono state sgomberate dalle loro case che presentavano crepe e spostamenti di ordine decimetrico; le strade del paese hanno iniziato a creparsi e perfino Hera, la società che gestisce la rete del gas nella zona, è corsa ai ripari adeguando le tubature della sua rete in vista di possibili ulteriori movimenti del terreno.

Gli scavi infatti non sono ancora arrivati all’altezza del nucleo di Ripoli, abitato da circa 500 persone. Se gli scavi nell’imbocco nord, ora fermi, dovessero ripartire il 9 gennaio 2012 (come si sente dire in questi giorni nel paese), i due milioni di metri cubi di terra della frana quiescente su cui centinaia di anni fa fu costruito il villaggio, potrebbero presto riprendere il loro cammino.

Ma il riavvio della fresa che sta bucando il versante sul torrente Setta ha ancora un ostacolo insormontabile che si chiama don Marco Baroncini, il giovane parroco della frazione, uno dei più strenui oppositori di quegli scavi. La chiesetta del 1300 dedicata proprio a Santa Maria Maddalena ha già subito danni notevoli e le crepe nelle colonne e sull pavimento hanno costretto a chiuderla. Nonostante le insistenze di Autostrade e di tutte le istituzioni, don Marco non molla e non permette ai tecnici di entrare a mettere sotto controllo la vecchia parrocchia.

A fine novembre il suo no era stato rivolto direttamente ai vertici di Autostrade per l’Italia. Appena quattro giorni fa anche dei tecnici mandati dalla Regione hanno trovato i portoni sbarrati. Visto che un recente protocollo inter-istituzionale (firmato tra gli altri da Comune Regione Emilia Romagna, Provincia e Prefetto di Bologna) prevede che non si riparta coi lavori prima di aver monitorato tutti gli edifici, il parroco è convinto che i tentativi di entrare nella chiesetta siano solo un trucco per permettere di far ripartire nei cantieri. “Il termine monitoraggio – spiega don Baroncini – è una espressione usata falsamente, in quanto è visto come strumento per tutelare le amministrazioni da responsabilità sulla sicurezza e non per tutelare direttamente i cittadini. Gli studi di stabilità, con relativi sondaggi, devono precedere un’opera perché sia approvata”.

Quegli studi di stabilità, secondo i ripolesi, sarebbero mancati quasi del tutto prima degli scavi. Quello che succede oggi, a cantieri aperti, don Marco lo esemplifica in maniera paradossale: “È come se un privato, per costruire una nuova abitazione, imponesse al Comune di controllare la stabilità delle abitazioni attigue”.

Lo scavo della galleria del resto è l’ultimo ostacolo da superare per un’opera, la Variante già costata quattro miliardi di euro e che tutti, da Autostrade alla Regione fino al Prefetto di Bologna, ritengono ormai difficilmente rinviabile. Questa Grande opera va terminata. Ne sono convinti anche i cittadini del comitato, che non si oppongono alla Variante e non vogliono passare per uno dei tanti comitati del No: “Ma si può pensare un altro tracciato per quella galleria”, dicono. I committenti dell’opera però la pensano diversamente: “Indietro non si può più tornare”, ha detto lo stesso Gennarino Tozzi, condirettore generale di Autostrade.

La parola d’ordine è monitorare e scavare, l’interruzione dei lavori di quella galleria non è prevista da alcun documento. A parte questo, avanti tutta, mentre la Procura della Repubblica di Bologna continua a indagare per disastro colposo.

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