Il mese scorso alcuni studenti di Harvard hanno deciso di non seguire la lezione del corso di Economia del professor Mankiw, ex consigliere economico di Bush, oggi consulente di Mitt Romney. Gli studenti criticano l’impostazione fortemente ideologica del corso e l’assenza di un confronto tra le diverse teorie economiche. Vi è stata una vasta eco di quest’iniziativa: anche Italia alcuni studenti sentono l’esigenza dell’apertura di un dibattito dal momento che “se è vero allora che le ipotesi e i presupposti logici su cui la teoria economica dominante si basa sono oggi messi in discussione dalla realtà dei fatti, non possiamo certo dire che stia avvenendo altrettanto all’interno delle università, in particolare nelle facoltà di economia”. La discussione non può che riguardare anche i libri di testo e “già con lo scoppio della crisi americana si era sviluppato un movimento che aveva l’obiettivo di individuare i testi economici “tossici”, poiché basati su false convinzioni e su una visione limitata dell’economia.

La critica ai testi classici dell’economia neoclassica viene da più parti.  Recentemente il filosofo della scienza Donald Gillies in occasione del Workshop on The Debate on Mathematical Modeling in the Social Sciences ha scritto l’articolo  “L’uso della matematica in fisica ed in economia: un confronto” in cui esamina se l’uso della matematica nell’economia neoclassica ha prodotto una qualche  precisa spiegazione o previsione di successo come è avvenuto per la fisica.

In fisica, un esempio famoso di una spiegazione precisa riguardava la moto del perielio del pianeta Mercurio. Il moto del perielio di Mercurio è stata calcolata usando la teoria di Newton, ma il valore teorico differiva da il valore osservato di una piccola quantità. Questa piccola anomalia è stata con successo spiegata dalla teoria generale della relatività di Einstein. Un esempio di previsione di successo è dovuta a James Clerk Maxwell che nel suo famoso trattato sull’elettricità e Magnetismo nel 1873 ha formulato una serie di equazioni che si applicano ai fenomeni elettrici e magnetici. Una conseguenza di queste equazioni è che dovrebbero esistere onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda molto maggiore di quelle luminose. Queste onde elettromagnetiche, ora note  come le onde radio, sono state generate da Heinrich Hertz nel 1887.

Gillies scrive “la mia lettura della letteratura neoclassica l’economia ha suggerito la seguente congettura. L’uso della matematica in economia neoclassica non ha prodotto alcun spiegazione precisa o previsione di successo. Questo mi sembra la differenza principale tra l’uso di matematica in fisica e l’uso della matematica in economia neoclassica.” Per corroborare questa congettura Gillies  esamina le più note opere di una selezione dei più famosi economisti neoclassici nel periodo dal 1945 ai giorni nostri. Ad esempio il libro  più celebre di Paul Samuelson è uno dei classici della matematica economia ed è stato ampiamente utilizzato per fini didattici nelle università d’élite.  Se l’uso della matematica nelle teorie economiche vuole  emulare il successo della fisica, il  primo passo deve essere quello di utilizzare matematica per calcolare i risultati delle teorie, per poter essere poi paragonati a dati osservativi. La cosa straordinaria è che Samuelson nel suo classico libro non ha nemmeno fatto questo primo passo. Malgrado “il libro si compone, di 439 pagine, quasi tutte riempite di formule matematiche, non vi è neanche un risultato  derivato che potrebbe essere confrontato con i dati osservativi. Infatti, non si parla di dati osservativi in tutto il libro. Si deve concludere che questo libro, lungi dal voler imitare i successi della fisica matematica, sembra più simile a un lavoro di matematica pura che manca di qualsiasi contenuto empirico.

Gillies nota che questa stessa situazione si ritrova anche in vari altri famosi casi e conclude dunque scrivendo “La mia indagine di opere famose di quattro economisti matematici neoclassici che tutti ha vinto il Premio Nobel per l’economia, non ha rivelato alcuna precisa spiegazione o previsione di successo. Questo sostiene la mia congettura che l’uso della matematica nell’economia  mainstream (o neoclassica)  non ha prodotto spiegazioni precise o  previsioni di successo. Questa, posso affermare, è la  principale differenza tra l’economia neoclassica e fisica, in cui entrambe le spiegazioni precise e le previsioni di successo sono stati spesso ottenuti con l’uso della matematica.”

Jean-Philippe Bouchaud è un fisico professore presso l’Ecole Polytechnique e fondatore e presidente di Capital Fund Management il più grande hadge fund francese. Ha studiato la matematica usata correntemente nella finanza ed ha sviluppato una critica dal punto dei vista della moderna teoria dei sistemi complessi. In un recente editoriale sulla rivista Nature scrive “L’ economia classica si basa su ipotesi molto forti che diventano rapidamente assiomi … Un economista una volta mi ha detto, causando il mio smarrimento: Questi concetti sono così forti che si sostituiscono a qualunque osservazione empirica … I fisici, d’altro canto, hanno imparato a diffidare di assiomi e modelli. Se l’osservazione empirica è incompatibile con il modello, il modello deve essere cestinato o emendato, anche se è concettualmente bello o matematicamente conveniente. Tante idee accettate si sono rivelate sbagliate nella storia della fisica e i fisici hanno imparato ad essere critici guardinghi rispetto ai loro modelli. Purtroppo, analoghe salutari rivoluzioni scientifiche non hanno ancora preso piede in economia, dove le idee si sono cristallizzate in dogmi, che ossessionano gli accademici e i responsabili delle decisioni in alto nel governo e nelle istituzioni finanziarie. Questi dogmi sono perpetuati attraverso il sistema scolastico…”

Dunque l’economia neoclassica sembra far uso di  teorie matematiche come quelle della fisica, e così il pubblico viene portato a pensare che sono altrettanto affidabili. Tuttavia, solo guardando la matematica, si riesce a vedere la differenza fondamentale: le teorie della fisica   sono molto ben confermate da prove, mentre le teorie dell’economia neoclassica  non  sono affatto confermate. Sembra dunque del tutto condivisibile quello che scrisse la famosa economista Joan Robinson non ho studiato matematica, quindi ho dovuto pensare a problemi di economia”.

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