“Il tempo è scaduto”. Le imprese italiane, in blocco, hanno scritto al premier. “La situazione è sempre più difficile, la fiducia nel nostro Paese sta velocemente diminuendo malgrado gli innegabili punti di forza dell’Italia”, scrivono gli imprenditori ad appena due settimane dalla bocciatura dell’esecutivo da parte di Confindustria e Confindustria giovani. Oggi tutte le associazioni italiane delle imprese: Abi, Ania, Alleanza delle cooperative italiane, Confindustria e Rete imprese italia: “Il Paese ha mezzi e risorse per risalire la china ma il tempo è scaduto”. Da una parte dunque i cattolici, con il cardinal Bagnasco, che ieri è tornato a criticare il Cavaliere (in modo ben più chiaro e diretto di quanto fatto poche settimane fa), dall’altra le imprese: Berlusconi appare letteralmente assediato, eppure minimizza, nega, finge di non essere l’oggetto delle critiche. Insomma, il ‘suo’ consenso perde pezzi, ma lui parla d’altro.

Interviene su referendum elettorale, Bankitalia e leggi speciali per la sicurezza dopo gli scontri nella Capitale. Alla Camera è in corso l’esame del provvedimento sull’articolo 41 della Costituzione, quello sull’iniziativa privata che il presidente del Consiglio vorrebbe riformare, ma l’attenzione dei cronisti si sposta inevitabilmente sugli argomenti introdotti dal Premier all’entrata: in primis, il decreto sviluppo che “sarà varato quando il testo sarà convincente”, ma senza “particolare fretta”. La motivazione? “I soldi non ci sono, dobbiamo inventarci qualcosa”. Questa sera “a partire dalle 19 e fino a notte fonda” è prevista una riunione tra ministri e tecnici, dedicata proprio a questo tema: “Conto sul varo del decreto appena sarà convincente, cioè quando ci sarà un provvedimento che sia di stimolo a sviluppo e crescita”. Nel frattempo, le imprese possono dire ciò che vogliono.

Lo stallo è totale, tanto che il presidente del Consiglio non sembra nemmeno volere accelerare sulla nomina del numero uno della Banca d’Italia: “La decisione sulla successione di Mario Draghi non è stata ancora presa perché ci sono diversi problemi da risolvere”. Sul duello tra Grilli, Saccomanni e Bini Smaghi è tornato oggi anche Umberto Bossi. A modo suo, col solito mantra: “Meglio un milanese che un romano”. Anche la legge elettorale “non è una priorità” del presidente del Consiglio, che crede comunque che “si possa cambiare prima di arrivare al referendum”. Una critica arriva anche per l’attuale ministro per la Semplificazione normativa: “La legge è stata definita male da Calderoli perché, per quanto riguarda il premio di maggioranza, questo ci fu imposto dal presidente della Repubblica di allora. Se i cittadini vogliono che si rimettano le preferenze per la scelta dei candidati non abbiamo nulla in contrario”.

Sulle leggi speciali fortemente volute dal ministro dell’Interno Maroni (che nel frattempo stava riferendo in Senato) dopo gli scontri di Roma, Berlusconi dice: “Non abbiamo ancora affrontato il problema al tavolo del Consiglio dei ministri”. Inoltre il presidente del Consiglio lancia un appello a Casini: “L’Udc è storicamente nel centrodestra, quando si allea con la sinistra perde la metà dei voti. E’ quindi interesse dei centristi allearsi con noi, visto che siamo già insieme nella famiglia europea”.

Ma gli imprenditori non sono soddisfatti e bocciano senza appello l’operato dell’esecutivo. Con una lettera indirizzata al premier stamani, hanno invocato l’importanza che “il decreto Sviluppo contenga misure strutturali, concrete e credibili, che diano un chiaro segnale di inversione di marcia, in assenza rischierebbero di essere vanificati gli sforzi fatti fino ad oggi in ordine alla tenuta dei conti pubblici”. Le associazioni delle imprese italiane, dall’Abi alla Confindustria, non sono soddisfatte e ormai non fanno nulla per nascondere il loro disagio. “Alcuni giorni addietro – si legge nella lettera – abbiamo presentato, come associazioni di imprese, alcune proposte tese a favorire la sostenibilità del debito pubblico nel medio periodo e la ripresa economica del nostro Paese. Ci ha mosso la preoccupazione incalzante dei nostri associati per un quadro congiunturale che si dimostra ogni giorno più severo. La situazione è sempre più difficile, la fiducia nel nostro Paese sta velocemente diminuendo malgrado gli innegabili punti di forza dell’Italia e i risultati raggiunti. Al fine di contribuire a fornire una risposta efficace a questa situazione abbiamo elaborato proposte concrete che possono essere discusse e integrate. Ad oggi, nessuna reazione concreta è seguita da parte del Governo e nessun dialogo è stato aperto”. Le associazioni delle imprese si dicono consapevoli che “il Governo ha in animo di approvare un Decreto Sviluppo e, anche a questo proposito, riterremmo utile poter partecipare alla individuazione e alla messa a punto delle misure per contribuire ad accrescerne fattibilità ed efficacia. Un confronto di tal genere sarebbe oltremodo utile e pienamente in linea con quanto avviene in ogni Paese della Unione Europea. Il ritardo che stiamo accumulando sul fronte del rilancio della crescita e della credibilità sta costando moltissimo in termini di occupazione, valore dei beni e dei risparmi delle famiglie, investimenti e valore delle imprese. L’Italia ha mezzi, risorse, intelligenze, per risalire la china ma il tempo è scaduto“.

Per questo chiedono misure strutturali e credibili. Si tratta, concludono di “un appello forte al fare: con unità di intenti è possibile superare una fase difficile. Confidiamo che il Suo Governo voglia realizzare le iniziative necessarie e adeguate alla gravità del momento. Le imprese industriali, le imprese artigianali, commerciali e dei servizi, le imprese cooperative, le imprese bancarie e assicurative stanno facendo del loro meglio per passare attraverso l’attuale difficile contingenza, ma solo nel contesto di un efficace piano integrato e condiviso di rilancio del Paese questi sforzi non verranno vanificati”.

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