Travolta dalla documentazione da presentare per la fine dell’anno scolastico e da un’agenda che ci vede per tanti pomeriggi a scuola per riunioni spesso insensate, non avevo avuto il tempo di “apprezzare” la nuova trovata di un esponente del Pdl in materia di presunta politicizzazione dell’attività scolastica, perciò ringrazio Claudio Giusti che me l’ha segnalata. Il deputato Fabio Garagnani ha presentato infatti una proposta di legge per inserire nel Testo Unico sulla scuola il divieto per gli insegnanti diqualunque atto di propaganda politica o ideologica a scuola, pena la sospensione dal servizio per tre mesi.

Sono sempre stata contraria alla politicizzazione a scuola, evitando accuratamente ogni riflessione di tipo partitico con i miei studenti e vigilando su eventuali iniziative dell’istituto dove insegno o della scuola frequentata dai miei figli che potessero anche lontanamente aveva un sapore politico. Sono convinta che gli allievi, in quanto persone in formazione, debbano essere spinti ad accrescere il loro senso critico e a documentarsi di persona in modo da maturare una propria opinione, e non a ricevere una posizione preconfezionata o – peggio – attività extrascolastiche attraverso le quali possano passare messaggi politici subliminali grazie a realtà politicizzate mascherate da associazioni.

Tuttavia – stante il pluralismo della scuola – penso che discutervi tutte le posizioni ideologiche o smontare bugie politiche con documentazione alla mano sia non soltanto possibile, ma anche parte dell’insegnamento, spesso imprescindibile per alcune materie, come ad esempio filosofia, storia, italiano, ma anche economia, diritto, etc. Non so il promotore dell’iniziativa in oggetto che studi abbia fatto, perchè chi abbia affrontato una di queste materie se ne rende conto immediatamente e quindi si accorge anche dello scopo meramente propagandistico della proposta, che farà acquisire sicuramente punti al deputato in questione presso Silvio Berlusconi, oltre che presso qualche fanatico che ha in odio la scuola pubblica.

E’ poi un mistero la convinzione dei politici della destra che i docenti della scuola pubblica siano tutti di sinistra: la mia esperienza quotidiana dice che vi è un’ampia varietà di posizioni, anche se in alcuni frangenti i docenti si mostrano abbastanza compatti contro tagli e penalizzazioni di ogni tipo o contro balzane proposte di valutazione che rischiano di punire i bravi e premiare i mediocri. Chi abbia un po’ di buonsenso capisce subito che un dipendente, di destra o di sinistra che sia, se gli tocchi la dignità professionale, il lavoro, lo stipendio o la carriera, reagisce da lavoratore, non da elettore o da attivista politico, e non fa harakiri per consentire al suo referente politico di scrivere un’altra presunta vittoria nel proprio carnet. Se poi è anche un vero insegnante con la I maiuscola, si preoccupa del bene degli studenti, che non può coincidere con tagli e burocratizzazione spinta.

L’idea di Garagnani ha tanti punti deboli, e ne cito solo alcuni. Ad esempio comporta discriminazione, perchè allievi che si rechino in una scuola privata possono ricevere una formazione unidirezionale (ad esempio, in molte scuole confessionali si va a messa tutte le mattine, e al prete non sarebbe impedito divulgare posizioni ideologiche). Ed infatti il nostro cerca pure di imporre agli insegnanti di religione cosa debbono insegnare durante le loro lezioni…

Ma il punto più dolente della proposta è la responsabilizzazione del dirigente scolastico in ordine al divieto di propaganda politica per gli insegnanti. Questi funzionari, ritenuti dal Ministero tuttologi, già sovraccarichi di lavoro e con compiti diversissimi fra loro (dagli aspetti didattici e relazionali alla gestione del personale, alla gestione del bilancio…) sarebbero chiamati ancora una volta a un compito per il quale non sono preparati. Ricordiamo infatti che i presidi sono laureati in materie diverse e hanno alle spalle una carriera come insegnanti, e non sono esperti di diritto in grado di valutare il confine fra fattispecie diverse.

E, proprio per questo, anche gli stessi dirigenti si troverebbero in una situazione a rischio, esposti non solo a critiche e pressioni per non aver rilevato presunte infrazioni, ma a vere e proprie denunce per mobbing, abuso d’autorità, limitazione della libertà di espressione quando invece intervengano a sproposito. Ma non solo: e se il politicizzato fosse il dirigente? La regola vagheggiata da Garagnani consentirebbe al preside di discriminare i simpatizzanti di una forza politica avversaria chiudendogli la bocca e di favorire invece i suoi compagni di partito chiudendo un occhio…

Un altro segnale di regime che avanza.

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