Propongo una moratoria (ai politici e ai comunicatori, dunque anche a me stesso): non usiamo mai più le seguenti, abusate, logore espressioni tipiche della dialettica politica italiana. Se ne avete altre, aggiungetele tra i commenti così magari domani aggiorniamo il post e lo trasformiamo in un vademecum da consegnare in giro per l’Italia.

1. Bisogna abbassare i toni.
2. È il momento di fare le riforme.
3. È il solito teatrino della politica.
4. Prima viene l’alleanza, poi si discute di programmi.
5. Prima vengono i programmi, poi l’alleanza.
6. Prima vengono i programmi e l’alleanza, poi il candidato.
7. Prima stabiliamo il candidato e poi costruiamo il programma e l’alleanza.
8. Ho deciso di scendere in campo.
9. Mi candido perché me lo chiede la gente.
10. C’è bisogno che la società civile entri in politica.
11. Non è una questione di nomine o poltrone, ma una questione politica.
12. L’associazione che sto fondando non è una corrente. Vogliamo dare un contributo costruttivo al partito.
13. La gente non riesce ad arrivare alla fine del mese.
14. Abbiamo ereditato un bilancio disastroso dal precedente Governo.
15. Non sono un politico di professione.
16. Tutti mi chiedono: “ma chi me lo ha fatto fare?”
17. È la solita giustizia a orologeria.
18. Preferisco lavorare sul territorio.
19. Non sono un uomo per tutte le stagioni.
20. Non mi faccio tirare per la giacchetta.

Le frasi sono in ordine sparso. Le mie preferite sono in grassetto. Il blocco dalla 4 alla 7, poi, meriterebbe un capitolo a parte.

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