Gli occhi di Silvio Berlusconi brillavano di gioia durante la laurea della figlia Barbara. Poi la studentessa seduta dietro di lui si è accorta dello specchietto e ha coperto la scollatura; Berlusconi ha messo via il vetrino e per non addormentarsi ha cercato di far passare il tempo con alcuni tra i suoi ricordi più felici: il licenziamento di Enzo Biagi, il lettone di Putin, la prima auto prescrizione, il Pd.

Barbara Berlusconi si è laureata al S.Raffaele in filosofia con il massimo dei voti; poco importa se si tratti solo di una laurea triennale: il rettore le ha offerto comunque una cattedra al volo scatenando l’ira di tutti i ricercatori che non hanno avuto il padre iscritto nella P2 e che sia poi diventato Presidente del Consiglio solo per farsi i cazzi suoi.

Il rettore è Don Verzè, il prete-amico con cui il giorno prima Berlusconi aveva ricevuto un premio ad personam sulle guglie del Duomo di Milano. Per ritirare quel premio inutile Berlusconi non è potuto andare a Palermo per Paolo Borsellino ma, anche se nessuno li ha visti, in Via D’Amelio erano comunque presenti alcuni uomini delle istituzioni. Come 18 anni fa.

Solo una docente del S.Raffaele ha avuto finora il coraggio di denunciare pubblicamente questo caso schierandosi apertamente contro il suo rettore inviando una lettera a Repubblica. I suoi futuri ex colleghi la ricordano con grande affetto e le fanno gli auguri incoraggiandola a non darsi per vinta: un nuovo lavoro prima o poi salterà fuori.

Nelle ore successive i ricercatori precari e disoccupati si sono calmati e hanno ridimensionato la loro posizione contro Verzè: se non lo avessero fatto, Maroni avrebbe fatto respingere il gommone con cui stavano cercando di raggiungere l’Albania.

L’università ha diramato un breve comunicato con cui si è subito affrettata a chiarire la vicenda: “Quello del rettore è stato un semplice invito a restare in università, non una proposta di lavoro. Nessuna preferenza per Barbara: Don Verzè avrebbe rivolto l’identico invito a qualunque altro figlio di Berlusconi”.

B.COME BASTA!

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