Elezioni

Renzi si barrica in Parlamento: il Pd è solo lui

Le liste dem riempite di fedelissimi e notabili locali. Seggi blindati e paracadute per i big, briciole per le minoranze

28 Gennaio 2018

Ora è davvero il PdR, il partito di Renzi. Le liste disegnate dal segretario cancellano ogni equilibrio tra maggioranza e minoranza del Pd. Renzi si barrica: anche in caso di batosta elettorale, potrà contare ancora su un gruppo parlamentare compatto e presumibilmente fedele. Agli altri restano le briciole: una ventina di seggi sicuri per gli orlandiani e solo 3 per Michele Emiliano. È l’ultima carta di Renzi per provare a mantenere il controllo del partito.

L’esecutivo. Quasi tutti i ministri del Pd corrono con ampie garanzie di elezione. Il premier Paolo Gentiloni è candidato alla Camera nel collegio Roma 1 e in due listini proporzionali: Marche e Sicilia. Per Maria Elena Boschi, oltre al collegio di Bolzano, ci sono tre “paracadute”: Lazio, Lombardia e Sicilia. Pier Carlo Padoan corre nel collegio di Siena ed è capolista in Piemonte, Marco Minniti (Senato) è nel collegio di Pesaro e Urbino e in testa al listino di Salerno. Posizioni blindate anche per Andrea Orlando, leader della minoranza bastonata, Valeria Fedeli, Dario Franceschini,Marianna Madia, Roberta Pinotti. Graziano Delrio e Luca Lotti corrono senza “paracadute” nel proporzionale, ma in collegi sicuri: Reggio Emilia e Empoli. C’è anche Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, già leader di Magistratura Indipendente, la corrente di destra del Csm.

Renzi, farà il senatore: si è candidato nel collegio di Firenze e nei listini di Umbria e Napoli.

I fedelissimi. La pattuglia parlamentare renziana sarà cospicuamente aumentata. Confermati in blocco i fedelissimi: Matteo Richetti, Francesco Bonifazi, Ernesto Carbone, Andrea Marcucci, David Ermini, Davide Faraone, Alessia Rotta (sole per citarne alcuni). Matteo Orfini corre in un difficile collegio di periferia a Roma, ma ha un paracadute da capolista nel proporzionale. Tra i nuovi renziani a Montecitorio ci sarà Luciano Nobili, già protagonista – da coordinatore – delle sconfitte di Gentiloni (primarie a Roma) e di Roberto Giachetti. A proposito di Giachetti: su Facebook aveva strappato una valanga di like e complimenti per la decisione di rinunciare al “paracadute” e di correre solo in un collegio uninominale nella Capitale: “Lo so, a guardare i risultati delle precedenti elezioni non ho molte chances. Il collegio 10 è di quelli persi. Ma io ci credo. Io amo la politica”. Invece è finito in un collegio blindato, lontano da casa: Sesto Fiorentino.

Tra i “nuovi” anche i 40enni Tommaso Nannicini e Giuliano da Empoli. Tra i vecchi leoni del renzismo, invece, Andrea Romano è in trance da campagna elettorale: corre a Livorno e ieri era già a rendere omaggio alla tomba di Carlo Azeglio Ciampi.

I rosatelli. Ironicamente, i due padri di questa contorta legge elettorale – Emanuele Fiano e Ettore Rosato – saranno catapultati alla Camera senza nemmeno il brivido dei collegi: sono in cima alle liste bloccate a Milano e in Friuli. Anche Lorenzo Guerini è al riparo nel listino di Pavia.

L’amica del “capo”. C’è posto (nel Lazio) anche per Micaela Campana. Famosa, suo malgrado, per esser citata nelle carte di Mafia Capitale (chiamava “capo” Salvatore Buzzi) e per la testimonianza nel processo omonimo (ha risposto 39 volte “non ricordo” alle domande dei giudici).

La rotta Emilia. L’Emilia Romagna, regione rossa per eccellenza, è stata riempita di alfaniani ed ex Dc. Pier Ferdinando Casini correrà a Bologna, Beatrice Lorenzin come detto a Modena. Ma c’è un collegio, quello di Rimini, anche per Sergio Pizzolante: era l’uomo che a giugno accusava Renzi di aver fatto pressione su Ncd per far cadere Gentiloni. Sei mesi dopo sono tutti e tre nelle liste dello stesso partito. L’ex alfaniana Federica Chiavaroli si presenta invece in Abruzzo.

Altri alleati: Emma Bonino e Riccardo Magi si giocano l’elezione in due collegi del Lazio, Riccardo Nencini ad Arezzo, la città di Banca Etruria.

Società civile. Non sono molti i candidati pescati fuori dai partiti. Alcuni giornalisti: il portavoce (ex) di Renzi e Gentiloni, Filippo Sensi, la conduttrice e scrittrice Francesca Barra e l’ex condirettore di Repubblica Tommaso Cerno. Poi l’avvocatessa disabile Lisa Noja, Lucia Annibali (anche lei avvocatessa, sfregiata con l’acido dall’ex compagno), il giovane imprenditore Mattia Mor e il pediatra Paolo Siani (fratello di Giancarlo, giornalista ammazzato dalla Camorra).

Sommersi. Fuori dalle liste, invece, nomi pesanti. Clamorosa l’esclusione del ministro Claudio De Vincenti. Assai curiosa la spiegazione di Renzi: “A De Vincenti abbiamo chiesto di candidarsi, ci siamo capiti male e ci ha risposto con un secco no. È stata un’incomprensione”. È rimasta fuori anche Giusi Nicolini, ex sindaca di Lampedusa ed ex pupilla renziana. Fine corsa, tra gli altri, anche per Ermete Realacci, Luigi Manconi e Sergio Lo Giudice.

Salvati. Giuseppe Fioroni è stato in bilico fino all’ultimo, ma ha trovato posto nelle liste laziali (collegio più listino), Barbara Pollastrini nei listini di Monza e Sesto San Giovanni, Cesare Damiano nel collegio di Terni.

Il sud. Matteo Renzi si è vantato di un non precisato rinnovamento nelle candidature meridionali, ma tra i nomi che balzano agli occhi ci sono quelli, consueti, dei notabili locali. In Campania, per esempio, c’è Piero De Luca, figlio del governatore Vincenzo. E c’è soprattutto Franco Alfieri, l’ex sindaco di Agropoli, passato alla storia per la “frittura di pesce” che avrebbe dovuto offrire ai compaesani per convincerli votare sì al referendum costituzionale.

In Basilicata, non poteva mancare il timbro dei Pittellas: Gianni Pittella – ex presidente del gruppo socialista a Bruxelles – è pronto a tornare in patria. Se dovesse fallire nel collegio di casa, gli spetta pure un paracadute per il Senato nel listino bloccato di Salerno/Portici/Torre del Greco. In Sicilia c’è una sfilza di “figli e nipoti di” (dalle parentele poco raccomandabili: si veda l’articolo nella pagina a fianco). In Calabria spicca la figura di Nico D’Ascola, ex berlusconiano, ex socio di Niccolò Ghedini, ex alfaniano.

In Sardegna ci sono Sergio Lai e Gavino Manca: su entrambi pende una richiesta di rinvio a giudizio per la “rimborsopoli” regionale.

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