Roma

Consip, l’incontro tra babbo Renzi e Romeo a Firenze

Nell’estate del 2015 il padre dell’ex premier Pd, che da mesi nega, secondo i pm avrebbe visto l’imprenditore in un bar

27 Marzo 2018

Tiziano Renzi e Alfredo Romeo – secondo gli investigatori romani – potrebbero essersi incontrati nell’estate del 2015. L’incontro sarebbe avvenuto a Firenze in un bar di giorno e non a Roma a cena, come si era finora detto. Però ci sarebbe stato. Questa è la novità più importante che i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi potrebbero contestare a Tiziano Renzi in un futuro interrogatorio, qualora decidesse di rispondere alle loro domande.

Il padre dell’ex premier, già sentito dai pm romani il 3 marzo 2017, ha detto di non aver mai incontrato Romeo a Roma con l’imprenditore Carlo Russo, come riferito ai magistrati dall’ex tesoriere del Pd Campania Alfredo Mazzei, che riportava le confidenze dell’amico Romeo in merito. I carabinieri del Reparto operativo di Roma hanno valorizzato un’intercettazione del novembre 2016, per poi cercare riscontri che portano a localizzare l’incontro a Firenze nell’estate del 2015.

L’intercettazione ambientale in questione è stata fatta dal Noe quando l’inchiesta era ancora a Napoli sotto l’egida di Henry John Woodcock e Celeste Carrano ed è stata riascoltata dai carabinieri di Roma, dopo che la Procura capitolina ha tolto la delega al Noe.

L’8 novembre del 2016 alle otto di sera negli uffici della Romeo Gestioni a Roma una cimice registra Alfredo Romeo e il suo consulente Italo Bocchino mentre si interrogano su come sia nata l’inchiesta di Woodcock. In quel momento ufficialmente l’indagine ha messo nel mirino solo i rapporti di Romeo con il dirigente del Comune di Napoli, Giovanni Annunziata. L’inchiesta sulla Consip e le intercettazioni con il nome di Tiziano Renzi sono ancora segrete. Woodcock, solitamente attratto da grandi storie e da grandi nomi, però sta svolgendo intercettazioni e sequestri. Troppo per un obiettivo minimo, come il dirigente comunale Annunziata.

Romeo fiuta che il pm sta puntando in alto, a Matteo Renzi, da lui soprannominato ‘il principino’: “Il principino? (…) ma perché che cazzo c’entra? (…) loro hanno sentito, e chill’ s’è arrapato e ha mis…”. Romeo teme che il pm ascoltando le sue conversazioni abbia imboccato la pista giusta. Da mesi Romeo parla con Carlo Russo e tramite lui cerca di agganciare Tiziano Renzi e si chiede: “Salvo che noi abbiamo fatto nome e cognome…”. Sul punto però Bocchino lo tranquillizza: “Non amm fatt nome e cognome mai!”.

Secondo Bocchino, la tecnica di Woodcock sarebbe indiretta: “Vuole fare innervosire Annunziata. Questo è un personaggio sopra le righe e vuoi vedere che (avrà detto Woodcock, ndr) lo spaventiamo che lo arrestiamo e questo ci dice qualcosa? E si è arrapato. Magari gli ha raccontato che sei andato a Firenze e ti ha lasciato dietro al bar (…) Se tu ricostruisci il giorno che sei andato lo sappiamo se c’era o no”.

Sembra di capire che Bocchino e Romeo temano che Annunziata o magari il suo amico di Firenze che lavora per Romeo, Carlo Vadorini, si sia lasciato andare a una confidenza su un incontro a Firenze, in un bar, del quale ha saputo casualmente.

Bocchino ipotizza: “Secondo me lui ha raccontato la questione di Firenze”. Poi prosegue il suo ragionamento mettendosi nei panni del pm: “Si è posto il problema: ‘Chi è questo interlocutore che parla del papà di quello con Romeo?’”. Bocchino non fa il nome ma l’identikit dell’interlocutore ignoto somiglia a quello di Russo. Effettivamente Romeo e Bocchino non chiamano mai per nome Carlo Russo. Per loro è “il ragazzo”.

Gli investigatori hanno riletto anche altri colloqui (che Il Fatto ha già pubblicato) dell’agosto e dell’ottobre del 2016 tra Romeo e Russo. Anche quei colloqui fanno pensare che l’imprenditore campano abbia incontrato almeno una volta Tiziano. Il 5 ottobre Romeo e Russo, dopo avere detto che Tiziano è seguito dai servizi segreti, accennano a un incontro in un barettino. E si rinfrancano reciprocamente sostenendo che comunque anche se lui era seguito loro non avrebbero mai capito chi fosse perché sembrava un “salumiere”. In due conversazioni, del 3 e 31 agosto 2016, Romeo parla del comportamento di un padre che ha gli stessi atteggiamenti del figlio, che però è più moderato del genitore. Gli investigatori, partendo da questi elementi, hanno fatto i loro accertamenti e ora sembrano convinti che nel colloquio del novembre 2016 Bocchino e Romeo alludessero a un incontro avvenuto già da più di un anno: a Firenze, estate 2015. Questo non vorrebbe dire automaticamente che i due siano colpevoli di traffico di influenze. Però, se l’incontro ci fosse stato, sarebbe un bel problema per Matteo Renzi. Quando abbiamo pubblicato nel libro “Di padre in figlio” l’intercettazione del colloquio di Matteo e Tiziano del 2 marzo 2017, l’ex premier era andato su tutte le furie. Nella telefonata, intercettata dai pm di Napoli, il padre negava a Matteo di avere mai fatto una cena con Romeo ma aggiungeva di non ricordare i bar. Dopo la pubblicazione, ci eravamo permessi di sollevare qualche dubbio sulla versione di Tiziano davanti ai pm. Il 16 maggio 2017 Matteo Renzi in diretta Facebook attaccò l’autore del libro Di padre in figlio e Il Fatto, sostenendo che, con i soldi delle cause civili, la famiglia Renzi avrebbe ripagato i suoi mutui. Matteo arrivò anche a dire che aveva fatto male a dubitare del padre e i giornali avrebbero un giorno “dovuto chiedere scusa di questa vergognosa bugia”.

Se l’incontro tra il babbo e Romeo ci fosse stato davvero, sarebbe lui a dover chiedere scusa. A meno di non pensare che l’incontro sia sano e bello se fatto a Firenze davanti a un bar e sia invece disdicevole solo se fatto in una “bettola” a Roma.

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