Il Fatto di domani. Assange, la Corte Uk prende tempo per togliere un problema a Biden. Guerra, anche Kiev vuole gli scarponi Nato in Ucraina

Di FQ Extra
26 Marzo 2024

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ATTACCO ISLAMISTA A MOSCA, I SERVIZI DI PUTIN ACCUSANO KIEV MA LUKASHENKO LI SMENTISCE: “STAVANO SCAPPANDO IN BIELORUSSIA”. TRUPPE UE IN UCRAINA, KULEBA: “POTREBBE ACCADERE”. Appena ieri il presidente Putin aveva indicato gli estremisti islamici come responsabili dell’attentato al Crocus City Hall di Mosca, che ha causato 137 vittime e centinaia di feriti. Il capo del Cremlino, però, aveva ribadito che l’Ucraina aveva comunque qualche responsabilità. Su questa tesi si butta oggi l’Fsb, che allarga le accuse anche a Stati Uniti e Inghilterra, anche se il direttore dei servizi di sicurezza interni russi, Alexander Bortnikov, non mostra prove. Bortnikov ha aggiunto che gli attentatori “sono stati addestrati da Kiev in Medio Oriente”. A queste conclusioni i russi giungono dopo gli interrogatori degli arrestati – in tribunale hanno mostrato segni visibili di violenze subite – che “confermano la pista ucraina”. A replicare è Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky: “Ci sono fatti inconfutabili e completa incredulità anche da parte dei Paesi neutrali riguardo alla ‘pista ucraina’ nell’attacco terroristico”. A dare una mano involontaria all’Ucraina è uno dei più fedeli alleati di Putin, il presidente Lukashenko che ha dichiarato: in prima battuta i terroristi avevano tentato di fuggire in Bielorussia. Sul Fatto di domani leggerete altri approfondimenti: il nuovo repulisti di Zelensky, che ha destituito Oleksiy Danilov dall’incarico di Consigliere per la sicurezza nazionale; le condizioni di Kiev rispetto alla mancanza di uomini per sostenere l’urto dei russi, e lo scenario di una guerra mondiale evocato oggi dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri, Kuleba: “Sebbene l’Ucraina non abbia mai chiesto truppe da combattimento europee sul terreno”, i leader dell’Unione devono abituarsi all’idea che “questo giorno potrebbe arrivare”.


MELONI VS SALVINI, IL DUELLO CON VISTA SU BRUXELLES: SLITTA IL VOTO SULLA SFIDUCIA PER IL CAPITANO. Tra Meloni e Salvini volano botte da orbi ma è solo l’antipasto, in vista delle elezioni europee del 9 giugno. Anche oggi il leader del Carroccio ha accusato la premier di aver sbandato al centro, in Europa, flirtando con von der Leyen e i Popolari rinnegando l’antica anima sovranista. Il Capitano tifa per “una maggioranza senza sinistra, senza socialisti, senza Macron che parla di guerra e di soldati da mandare al massacro”. Meloni invece è ambigua e l’appoggio a von der Leyen non è più scontato. La premier si è infuriata per il videomessaggio di Le Pen all’adunata sovranista del Carroccio, sabato scorso a Roma: come Salvini, la leader del Rassemblement National ha pizzicato Meloni sulla vicinanza coi centristi – “dica se vuole il bis di Ursula” – tra gli applausi dei leghisti in platea. Giorgia “il Camaleonte” (copyright Politico) avrà problemi anche Oltreoceano, in caso di vittoria di Donald Trump: Salvini si è già schierato col Tycoon; la premier turboatlantista che piace a Biden tace, ma tesse la tela per riavvicinarsi all’ex presidente. Oltre a Meloni, anche Tajani ha messo Salvini nel mirino puntando al sorpasso sulla Lega: dopo il voto a Bruxelles, non è escluso il rimpasto di governo per regolare i conti con il Capitano. Su di lui pende la mozione di sfiducia delle opposizioni, per via dell’intesa tra il Carroccio e il partito di Putin. Il voto dovrebbe slittare da mercoledì alla prossima settimana, ma non è escluso il rinvio fino a maggio. Sul Fatto di domani vi racconteremo la guerra nel centrodestra, unito (apparentemente) su un unico obiettivo: indebolire i magistrati. Il Consiglio dei ministri (in corso mentre scriviamo) dovrebbe approvare il decreto legislativo del ministro Nordio per obbligare le aspiranti toghe ai test psicoattitudinali. La misura aveva già sollevato l’ira dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) e dei componenti togati del Csm (oltre ai laici Michele Papa in quota M5S e Roberto Romboli, Pd). Non solo: in Senato giacciono gli emendamenti al ddl intercettazioni: prevedono una stretta sugli ascolti, fino ad un massimo di 45 giorni. Oggi, se il pm lo richiede, il giudice le autorizza per 15 giorni, senza limiti di proroghe.


ESSELUNGA, GLI OPERAI MORTI RIPOSINO IN PACE! DESTRA E RENZIANI ANNACQUANO LE NORME SULLA SICUREZZA SUL LAVORO. “Mesi di stucchevole retorica da parte della destra sull’importanza della sicurezza sul lavoro e poi FdI, Lega e FI, con i renziani, presentano degli emendamenti al decreto Pnrr per depotenziare la già loffia patente a crediti inserita al suo interno. Una vergogna assoluta. Voglio sperare che la ministra Calderone dia parere negativo. Diversamente, dovremo credere che quelle pronunciate giovedì scorso in Parlamento durante la sua informativa urgente sulla tragedia di Firenze non fossero altro che parole vuote”, la dura critica della capogruppo del M5S in commissione Lavoro alla Camera, Valentina Barzotti, nasce dagli emendamenti che annacquano ulteriormente la già inefficace patente a punti per le aziende. Le proposte di modifica presentate, difatti, aumentano i crediti delle aziende all’aumentare del numero dei dipendenti: da 30 si passerebbe a ben 100 in caso di imprese edili con più di 249 dipendenti. Crediti che – lo ricordiamo – vengono scalati in caso di incidente in cantiere, in proporzione alla gravità del fatto. Una norma scaturita sull’onda emotiva dell’incidente a Firenze del 16 febbraio, quando nel cantiere per il nuovo supermercato Esselunga morirono 5 operai e altri 3 rimasero feriti. Sul Fatto di domani tutti i particolari.


ASSANGE OTTIENE UNA “TREGUA” SULL’ESTRADIZIONE. STELLA ASSANGE: “LA CORTE BRITANNICA HA DATO AGLI USA UNA SCAPPATOIA”. Julian Assange non sarà estradato domani negli Stati Uniti. Anzi potrà fare appello contro la richiesta americana, ma la decisione è rimandata di due mesi con alcune insidie. Oggi, accogliendo parzialmente le obiezioni della difesa, in un dispositivo di 66 pagine l’Alta Corte di Londra ha riconosciuto che il fondatore di Wikileaks non può essere estradato negli Stati Uniti a meno che Washington non chiarisca due punti fondamentali. Che non sarà applicata la pena capitale (perché il Regno Unito vieta l’estradizione di persone condannate a morte), e che anche ad Assange, nonostante sia cittadino australiano e non statunitense, sia garantita la possibilità di appellarsi al primo emendamento della Costituzione americana, sulla libertà di parola. Questo perché, come scrive la giudice del caso: “Assange sostiene che se gli verranno dati i diritti del primo emendamento l’accusa decadrà. Il primo emendamento è quindi di fondamentale importanza per la sua difesa dall’accusa di estradizione”. Il governo Usa ha tempo fino al 16 aprile per inviare la lettera di chiarimenti, e la nuova udienza è stata fissata il 20 maggio. Se i chiarimenti non arriveranno in tempo, Assange potrà fare ricorso contro l’estradizione davanti a una corte britannica. Stella Assange, moglie di Julian, non si fida. Anzi, si dice “basita” dal fatto che il tribunale abbia concesso a Washington una scappatoia procedurale per rovesciare il verdetto: “Quello che hanno fatto è stato invitare gli Stati Uniti a un intervento politico… mandare una lettera per dire ‘va tutto bene’”. “L’amministrazione Biden non dovrebbe fornire garanzie. Dovrebbe abbandonare questo caso vergognoso, che non avrebbe mai dovuto essere intentato”, ha continuato Stella Assange. Assange è stato incriminato per spionaggio per 17 capi d’accusa e rischia una pena di 175 anni. La sua battaglia giudiziaria (persecuzione, secondo il team di Wikileaks) va avanti da 10 anni. Giorni fa il Wall Street Journal aveva rilanciato l’ipotesi che il governo degli Stati Uniti stesse prendendo in considerazione di offrire un patteggiamento ad Assange, consentendogli di ammettere un reato minore e uscire di prigione. Ipotesi smentita dal team di Assange. Sul Fatto di domani leggerete un nostro approfondimento sul caso.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Università, occupazione a La Sapienza già al capolinea: Bernini chiama il capo della Polizia. Gli studenti romani hanno già deposto le bandiere e la rettrice dell’ateneo Antonello Polimeni può tornare nel suo ufficio. Il rettorato dell’università capitolina era stato occupato ieri pomeriggio: i ragazzi chiedevano le dimissioni di Polimeni dalla fondazione MedOr e la fine di ogni collaborazione con Israele, incluso il rifiuto del bando Maeci. La ministra Anna Maria Bernini si è schierata con la rettrice della Sapienza e ha duramente attaccato le iniziative dei ragazzi negli atenei: “L’occupazione del rettorato de La Sapienza e l’aggressione al rettore dell’università di Genova sono azioni squalificanti (…) Le Università non sono zone franche dove si possono mettere in atto intimidazioni o compiere reati. La violenza che alcuni collettivi stanno imponendo all’intera comunità accademica è intollerabile”. La ministra, scrive l’Ansa, ha contattato telefonicamente il capo della Polizia, Vittorio Pisani, per capire come intervenire negli atenei. Sul Fatto di domani, approfondiremo il tema del dissenso criminalizzato nelle università.

Cosimo Ferri, Camera nega le intercettazioni e il Csm lo assolve. Rischiava la radiazione, invece il magistrato (sottosegretario renziano, allora deputato Pd) uscirà pulito dallo scandalo nomine: nessuna sanzione nel processo disciplinare. L’organo di autogoverno delle toghe l’ha scagionato dalle accuse di violazione dei “doveri di correttezza ed equilibrio”, e di “comportamento gravemente scorretto”. Nel 2019 fu ascoltato per via dal trojan installato nel cellulare di Luca Palamara, durante la riunione notturna all’hotel Champagne per scegliere il nuovo procuratore di Roma. Per quella vicenda Palamara ha dovuto lasciare la toga, lui ha evitato ogni sanzione disciplinare.

Baltimora (Usa), crolla il ponte Francis Scott Key dopo l’urto con una nave cargo. Il bilancio provvisorio è di un morto e 6 dispersi. Il disastro è avvenuto nella notte mentre le auto percorrevano l’arteria: alcune sono finite in acqua. Secondo le autorità, la nave aveva “un problema di alimentazione” e non è stato possibile lanciare il “mayday” prima dell’impatto.


OGGI LA NEWSLETTER FATTO FOR FUTURE

Fabian Scheidler: “Così la megamacchina neoliberista sta distruggendo il nostro Mondo”

di Elisabetta Ambrosi

“Siamo nel mezzo di una crisi di civiltà. L’attuale sistema – il più produttivo e il più distruttivo della storia – sta fallendo, ma la transizione è caotica e verso qualcosa di ancora sconosciuto”. È un attacco frontale al sistema politico e sociale attuale – definito “la megamacchina” – quello dello scrittore, giornalista e drammaturgo tedesco Fabian Scheidler. Nel suo saggio, già tradotto in più lingue e ora in uscita in Italia con il titolo La fine della megamacchina. Storia di una civiltà sull’orlo del collasso (Castelvecchi), punta il dito contro il neoliberismo che in questi decenni, oltre a distruggere gli ecosistemi, ha soppresso diritti sociali e sindacati, mentre nel frattempo sovvenzionava le grandi aziende – dall’industria dei combustibili fossili a quella automobilistica alle banche – e svuotava la democrazia. Attraverso la creazione di falsi nemici e attaccando sempre di più scienza.

(continua a leggere)


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