La denuncia

La sperimentazione sugli animali riguarda ancora 9 milioni di esemplari in Europa

Per la prima volta i numeri scendono, ma sono ancora eccessivamente alti se consideriamo che la direttiva UE che regolamenta l’uso delle specie a scopi di laboratorio, prevede che il ricorso alle cavie sia solo l’ultima possibilità, ovvero un'eccezione alla norma. La Lega Anti Vivisezione chiede l'eliminazione totale del modello animale dalla ricerca scientifica  

Di Michela Kuan, biologa, responsabile LAV ricerca senza animali
24 Agosto 2021

La Commissione Europea ha reso noti i dati statistici relativi al numero, le specie e le finalità dell’uso degli animali nella ricerca nel 2018 in 29 Stati Membri (compresi Norvegia e Inghilterra). Gli ultimi dati disponibili risalivano al 2015. Il numero degli animali usati, (escludendo i dati relativi alla Norvegia, non considerati nelle statistiche del 2015) scende per la prima volta dal 1991 sotto i 9 milioni con un totale di 8,921,758 animali. Considerando anche i dati della Norvegia, però, sono 10,572,305 gli animali usati nel 2018 nei laboratori europei: numeri ancora troppo alti se consideriamo che la direttiva che ne regolamenta l’uso, prevede che il ricorso alle cavie sia solo l’ultima possibilità (ovvero una eccezione), e questo senza tener conto della richiesta, scientifica, politica e istituzionale di tutta Europa, in relazione all’implementazione dei metodi alternativi e l’impegno per la totale sostituzione degli animali nella ricerca.

Per la prima volta sono specificate anche le statistiche relative agli animali usati per la creazione e il mantenimento di linee geneticamente modificate, rispondendo all’esigenza di trasparenza di informazioni manifestata dalla norma e dai cittadini.

Gli animali geneticamente modificati, infatti, rappresentano una realtà consistente nei laboratori arrivando a oltre 1,5 milioni, di cui il 16% mostra fenotipo sofferente, che comporta, quindi, dolore dalla nascita e patologie che li rende deboli e maggiormente esposti a stress e sofferenze.

Confrontando i dati con quelli del 2015, colpisce l’aumento all’uso di cani (+29%) 17,711 e primati (+4%) 8,583, specie particolarmente protette il cui ricorso dovrebbe essere strettamente vincolato.

In particolare, per quanto riguarda i primati, vista la vicinanza genetica con l’uomo e l’alta capacità cognitiva e di percezione del dolore, l’Europa si era prefissata l’obbiettivo di utilizzare solo primati provenienti da colonie autosufficienti, mentre la loro origine continua ad essere, per la gran maggioranza, di natura extra UE, come Africa e Asia, fatto che LAV ha denunciato più volte con campagne sul traffico di animali per la sperimentazione, che ha tragiche ripercussioni su tutta la fauna locale e l’ambiente.

Per le statistiche più recenti, ci aspettiamo, purtroppo, un ulteriore aumento del numero di primati utilizzati, in seguito alle migliaia di studi sul covid che hanno portato a un’impennata nel ricorso a queste specie; in questo tragico momento che minaccia i nostri affetti più cari e le nostre sicurezze quotidiane, però, dobbiamo pretendere una ricerca innovativa che possa far fronte all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Le risposte per curare l’uomo (e l’intero Pianeta), non sono nelle scimmie o nei gatti, ma nei modelli human-based.

Tra le specie più importate in Unione Europea da Paesi Extra UE figurano anche gatti (38%) e cani (46%), ma ciò non stupisce considerato che fin dai tempi del famigerato allevamento Green Hill, LAV aveva fatto luce sul traffico di cuccioli da tutto il Mondo.

Dal dossier della Commissione emergono altri due dati sconcertanti, in primis ben il 46% degli animali è stato impiegato nella ricerca di base, che non soggiace a nessun obbligo legislativo, infatti solo il 18% è stato usato per rispondere a richieste regolatorie basate su normative, quindi si può e si deve fare molto di più per ridurre ed eliminare il modello in vivo. In secondo luogo, quasi la metà degli animali, 4,732,546, è stato sottoposto a procedure con le due classi di dolore più alte (moderato e grave).

Il riutilizzo, consentito dall’ultima direttiva del 2013, coinvolge il 2% degli animali, soprattutto cavalli, asini, pecore, cani, gatti e primati: è importante sottolineare che, grazie alla LAV, in Italia dal 2017 è vietato sottoporre un animale a un nuovo esperimento se classificato con livello di dolore “grave”.

Per avanzare verso l’obiettivo finale della sostituzione completa degli animali, e rispondere a una maggiore trasparenza, la Commissione UE ha lanciato, anche, la prima banca dati statistica “UE ALURES” che offre accesso gratuito a tutti coloro che sono interessati a ottenere maggiori informazioni sull’uso degli animali nell’UE (https://ec.europa.eu/environment/chemicals/lab_animals/alures_en.htm): un passo importante verso la condivisione di dati per ogni Paese e la possibilità di accedere a un mondo che da oltre 150 anni è un muro di gomma impenetrabile.

Ci auguriamo di vedere al più presto un’Europa impegnata concretamente nello sviluppo e sostegno dei metodi alternativi alla sperimentazione animale e che questo traguardo sia una priorità per ogni Stato Membro, soprattutto l’Italia che deve tornare a rappresentare innovazione e serietà scientifica liberandosi dal vincolo dell’ottocentesco modello animale e investendo in nuove tecnologie, utili per i malati, promettenti per i giovani ricercatori ed etiche.

www.lav.it

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