La denuncia

Plastica monouso: il nostro Paese è ancora lontano dagli obiettivi europei

La maggior parte delle norme finora adottate ha promosso e incentivato la sostituzione dei prodotti tradizionali con prodotti realizzati in bioplastica compostabile, anche laddove sarebbe stato possibile adottare misure in grado di superare il ricorso all’usa e getta

Di Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento Greenpeace
27 Aprile 2021

Non stiamo andando nella giusta direzione per risolvere il problema della plastica. In Italia, se il recepimento della direttiva europea sulle plastiche monouso (SUP) avvenisse secondo i criteri attualmente previsti nella legge di delegazione europea 2019-2020, si rischierebbe di violare le indicazioni comunitarie. Tali criteri permetterebbero infatti l’utilizzo di articoli monouso in plastica compostabile in alternativa agli articoli monouso in plastica per i quali la SUP prevede il divieto di immissione sul mercato (ad esempio stovigliame), nonostante la direttiva europea vieti di ricorrere a tali materiali.

Il forte sbilanciamento verso la sostituzione del monouso in plastica con alternative in materiale compostabile nel nostro Paese è emerso chiaramente nel rapporto “Dalla riduzione del monouso in plastica alla riduzione del monouso: indicazioni per il recepimento della direttiva SUP in Italia” redatto dall’ingegner Paolo Azzurro, consulente tecnico in materia di rifiuti ed economia circolare, per conto di Greenpeace Italia. Il rapporto ha esaminato le azioni intraprese finora dal nostro Paese e quelle già adottate da altri Paesi nel quadro delineato dalle politiche europee per provare a capire quali siano le prospettive per il recepimento della direttiva comunitaria nei vari Paesi europei e in Italia.

L’analisi mostra come alcuni Paesi europei, a partire dalla Francia, abbiano già adottato numerose misure volte a ridurre il consumo di prodotti in plastica monouso promuovendo la diffusione di prodotti e imballaggi riutilizzabili, inclusi bicchieri e tazze per bevande, contenitori per alimenti per il consumo sul posto e da asporto. Lo stesso per le bottiglie per bevande, settore nel quale l’Italia vanta il triste primato di primo paese in Europa (e il terzo nel mondo) per consumo di acqua minerale in bottiglia. La maggior parte delle norme finora adottate in Italia, invece, ha promosso e incentivato la sostituzione dei prodotti monouso realizzati in plastica tradizionale con prodotti monouso realizzati in bioplastica compostabile, anche laddove sarebbe stato possibile adottare misure in grado di superare il ricorso all’usa e getta.

Se dovesse essere confermato il forte sbilanciamento verso la sostituzione del monouso in plastica con alternative in materiale compostabile, sembra difficile che tale recepimento sia accettabile da parte degli organi comunitari competenti. Se l’obiettivo della direttiva è quello di limitare i danni delle plastiche sull’ambiente, infatti, non è sufficiente sostituire i materiali, spostando in tal modo gli impatti su altri comparti ambientali e lasciando inalterato il modello dell’usa e getta.

È necessario invece ridurre il ricorso al monouso, costruendo le condizioni economiche, fiscali e regolamentari per la diffusione e il consolidamento di modelli di business e di consumo basati sull’utilizzo di prodotti durevoli, riutilizzabili, sostenendo la vendita di prodotti sfusi. Il recepimento della Direttiva SUP entro il prossimo 3 luglio e gli investimenti sull’economia circolare previsti nel PNRR avranno un impatto significativo sulla capacità del nostro Paese di accelerare la transizione verso un modello economico circolare. Tuttavia, non sarà sufficiente potenziare le infrastrutture di raccolta, trattamento e riciclo dei rifiuti. Per affrontare davvero il problema plastica servono interventi a monte della filiera, in grado di ridurre drasticamente il consumo di risorse naturali, la pressione esercitata dalle attività umane sugli ecosistemi e la produzione di rifiuti.

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