Il Demolitore vuole umiliare l’avvocato

30 Gennaio 2021

Leggere che dal Colle si è pensato di affidare all’esploratore Roberto Fico il compito di trattare le condizioni della pace tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi, “per non bruciare il premier” (Repubblica), ci fornisce l’ennesima conferma di quanto il nostro circo politico sia dominato dall’ipocrisia.

Non era sufficiente il grido di “voltagabbana” rivolto ai senatori cosiddetti Responsabili passati con la maggioranza giallorossa quando, da Silvio Berlusconi a Renzi, la pratica della campagna acquisti in Parlamento c’è stata sempre, anche a suon di quattrini. Adesso a tenere banco nelle consultazioni è una doppia balla: a) non ci sono veti; b) non esistono personalismi. Quando lo sanno anche i muri del Quirinale che veti e personalismi rappresentano il sale (e il veleno) non soltanto della politica, ma della umana convivenza.

Invece siamo costretti a sorbirci la stucchevole esibizione della doppiezza renziana, che dopo il colloquio con Mattarella nega in pubblico ciò che ha detto in privato, e viceversa. Tanto che giornali e tv hanno continuato a interrogarsi sul come si poteva conciliare il “nessun veto a Conte” con il “per ora è no a Conte”. La verità vera è che Demolition man, Conte lo vuole prima umiliare e poi distruggere. La classica politica del carciofo con cui cucinare il nemico senza fretta, foglia dopo foglia, finché costui, logorato e stremato, non getterà la spugna. E se il Paese aspetta, chissenefrega, del resto non sono quasi due mesi che il capo di un partitino del tre per cento tiene in ostaggio sessanta milioni di italiani?

Strettamente legati ai veti ci sono i personalismi, o meglio i fatti personali, l’antipatia, il disprezzo, le ruggini, l’odio. Che sono il sangue e la merda della politica (per citare il citatissimo Rino Formica), perché di umanissimi uomini stiamo parlando e non certo di puri spiriti.

Gli esempi del passato non mancano: Ciriaco De Mita e Bettino Craxi si detestavano, come del resto Romano Prodi e Massimo D’Alema, per non parlare dello scazzo mortale tra l’allora Cavaliere e Gianfranco Fini. Sulla solida inimicizia tra Conte e Renzi si sono scritti volumi e non osiamo immaginare con quale gioia il premier abbia telefonato al leader di Italia Viva, consapevole che un minuto dopo l’altro lo avrebbe comunicato all’universo mondo come dimostrazione della resa ottenuta.

Qualche tempo fa scrivemmo di un sogno: Conte che sfanculava Renzi, prima di subire la stessa sorte. Una speranza forse irresponsabile ma, alla luce dei fatti, non troppo assurda.

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