L’intervista

Imane Fadil, i parenti: “Sappiamo con chi cenò la sera prima di sentirsi male. Non ci fermeremo”

Esclusiva del “Fatto” - Imane: parlano i familiari, in ospedale vicino a lei fino all’ultimo giorno. “Siamo sconvolti, vogliamo verità Non le credevamo e invece”

20 Marzo 2019

“Questa volta non ci fermiamo. Non ci fermeremo. Lo dobbiamo a lei, a Imane”. Mentre ricostruisce quell’ultimo mese di sua cognata Imane in ospedale, all’Humanitas a Rozzano, Cosimo, quando Il Fatto lo raggiunge per telefono, ha la voce che trema. Non perché abbia paura o timore, e non solo per la commozione per la perdita di una persona cara (“Era venuta a trovarci in Svizzera prima di Natale: mi sembra ieri…”). Cosimo, che ha sposato la sorella di Imane, è consapevole, coi suoi 51 anni e la vita da emigrante dalla Calabria – coi sacrifici è riuscito ad aprirsi un piccolo negozietto tra Chapelle e Berna – che, Imane, ancora una volta, ha fatto entrare tutta la famiglia in una storia molto più grande. “Quando scoppiò lo scandalo delle cene, noi l’abbiamo sostenuta. Io, mia moglie Fatima… tra sorelle erano legatissime”. Fatima si fa passare il cellulare, ma non ce la fa a parlare. Piange. È Sam, l’altro fratello di Imane che vive in Svizzera, assieme a Cosimo, a voler mettere in chiaro la situazione: “Finora abbiamo deciso di non parlare, perché non siamo abituati a farlo a vanvera. Ora è diverso. Come famiglia ci sentiamo in una posizione molto delicata. Non crediamo più a nessuno. È la prima volta che ci troviamo in una situazione così, e di dubbi sulla vicenda ne abbiamo: ne abbiamo molti. Siamo distrutti dal dolore, sconvolti, ma dobbiamo e vogliamo la verità”.

Cosimo, quando è stata l’ultima volta che ha visto Imane?

In quel mese in cui è rimasta in ospedale sono andato tre volte a trovarla. Purtroppo ho un’attività che non posso abbandonare e, con un bambino piccolo, non siamo riusciti a organizzarci più di così con mia moglie. Sentivamo però Imane ogni giorno ed eravamo abbastanza tranquilli, se così si può dire, perché mio cognato Tarik era sempre con lei all’Humanitas e quindi ci aggiornava sulla situazione. Era stata direttamente Imane a chiamarci, a fine gennaio: ci disse che era stata ricoverata in ospedale perché aveva dei dolori molto forti allo stomaco. Poi, a fine febbraio, l’ultima volta in cui la vidi: fu proprio pochi giorni prima che morisse.

Come trovò Imane?

Era un cadavere. Non era più in terapia intensiva ma in un reparto normale. Era davvero molto malandata. Rimasi impressionato. Come è possibile che una donna giovane e attiva, come era lei, si fosse ridotta così, in un mese? Non esiste cancro o malattia che possa fare a un essere umano quello che ho visto in lei. Imane nel letto di ospedale, il braccio viola pieno di ematomi e una flebo attaccata a una vena del collo: è l’ultima immagine che ho di lei. Stava soffrendo terribilmente…

Quando avete saputo della morte?

Non ci crederà… la vita sa essere crudele. Da noi, in Svizzera, il 1° marzo è festa. Avevamo viaggiato tutta la notte prima: con Fatima e nostro figlio volevamo fare una sorpresa alla “zia” in ospedale. Appena arrivati a Milano, squilla il telefono: ‘Imane è morta’, ci dice Tarik. Ci è crollato il mondo addosso. Anche perché mia moglie non era riuscita ad andare a trovare sua sorella prima, e per questo oggi si tormenta.

Quindi la notizia vi è arrivata nella prima mattinata del 1° marzo. Quando siete arrivati all’Humanitas…

A mia moglie, solo a mia moglie, hanno permesso di vedere il corpo. Lei la prima cosa che mi ha detto, tra le lacrime, è stata: ‘Alla fine l’hanno uccisa veramente’.

Voi credete dunque all’ipotesi dell’avvelenamento?

Io, devo dirle la verità, quando Imane ci diceva ‘Mi hanno avvelenata’, mi stranivo sempre un po’. All’inizio pensavo fosse lupus. Invece aveva ragione lei. ‘Non sono io a dirlo, me lo dicono i dottori’, ripeteva.

Ed era così?

In effetti in un primo tempo era stato proprio lo staff medico a propendere per questa ipotesi, poi hanno fatto marcia indietro.

Ma chi avrebbe voluto ucciderla? Le è sembrato che Imane avesse paura?

Molta paura. Nell’ultimo periodo si era rinchiusa a casa, non usciva più.

Aveva paura di chi?

Sospettava che fosse stato qualcuno a farle tutto ciò.

Cosa le aveva detto?

Mi raccontò della sua ultima cena, la sera prima di sentirsi male. Conosco nome e cognome della persona con cui Imane uscì. Lei, quando avvertì i dolori alla pancia, pensava inizialmente a un’intossicazione alimentare…

Chi era il commensale?

Preferisco non rispondere.

Imane le aveva parlato di un certo “Marco” Saed?

Sì, ma non era con lui a cena quella sera.

Avete dei sospetti?

Non voglio dire niente, ma la storia di Imane la conosciamo tutti…

Che lei sappia, Imane aveva avvertito dolori o malesseri particolari prima di quella cena?

Niente, assolutamente.

Cosa vi aveva detto al momento del ricovero?

Fu qualche giorno dopo la cena. Ci disse che era arrivata in ospedale in ambulanza, con Johnny, l’amico con cui viveva nell’ultimo periodo.

È vero che Imane aveva problemi economici?

L’abbiamo aiutata più volte ultimamente, sì.

Quando le iniziò a parlare della paura di essere stata avvelenata?

Sarà stato intorno a metà febbraio. Qualche giorno dopo il ricovero.

Ma perché non avete denunciato alle autorità?

Imane in ospedale si sentiva protetta, si sentiva al sicuro. E noi anche avevamo fiducia nei medici. Erano stati così scrupolosi durante la terapia intensiva… Io e Tarik potemmo entrare a farle visita solo dopo un lungo colloquio. Poi tutto è successo così velocemente… Pensi che l’ultima volta in cui ero stato all’Humanitas, Imane mi aveva chiesto di portarle, al mio ritorno, del cioccolato svizzero da regalare ai medici. Quel cioccolato il 1° marzo è rimasto nello zaino…

Perché avete deciso di parlare ora?

Perché qui si tratta di cose molto più grandi di noi. In tutta la famiglia era Imane quella che, in un certo senso, sapeva destreggiarsi, anche in cose di un certo livello: noi siamo persone semplici… Fossimo in Svizzera, sarebbe un conto. Ma siamo in Italia. E non ci fidiamo. Abbiamo ora un sacco di domande senza risposta. Tanti dubbi. Paure. Un’ipotesi di avvelenamento radioattivo, lei si rende conto? Il nostro avvocato, in accordo con l’autorità giudiziaria, ci aveva chiesto di mantenere il silenzio sulla morte di Imane, per poter permettere tutti gli accertamenti necessari. Poi all’improvviso, venerdì scorso, la notizia di Imane era su tutti i siti. A noi non hanno nemmeno comunicato che stava per scoppiare il tutto! Vogliamo sapere come e perché Imane è morta. Le hanno mangiato la vita già una volta, otto anni fa. Ma questa volta non ci fermiamo. Lo dobbiamo a lei. Lo dobbiamo a Imane.

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