Mahmood

Sanremo 2019, ma quale truffa: vince chi mette d’accordo tutti

Il direttore ricerca Ipsos Andrea Alemanno: “Un artista deve saper convincere le giurie, non solo i fan ma anche chi è più esperto musicalmente e chi giudica l’interpretazione”

Di Andrea Alemanno*
16 Febbraio 2019

Sanremo è lo specchio dell’Italia: antico e al passo coi tempi. L’esito del 2019 ha destato scalpore per un presunto “ribaltone”, ha generato teorie del complotto e interpretazioni sociologiche di élite contro popolo, con la conseguente richiesta di “voto unico”. Partiamo da un fatto: la “canzone migliore” non esiste. Beatles o Stones, De Andrè o Battisti: nel decidere chi sia stato “il migliore”, il travaglio alberga anche all’interno di noi.

Ho avuto la responsabilità della gestione delle Giurie del Festival di Sanremo per più di dieci anni, ho avuto a che fare con migliaia di votazioni e sono convinto che la soluzione migliore sia una classifica come sintesi di punti di vista, perché questo è il Festival: plurimo e corale. Qualunque singola giuria ha distorsioni, che solamente una combinazione di esse può compensare: riduce i rischi di esiti fatui, legati al “momento” di artisti che poi scompaiono, e al contempo si evitano soluzioni “per pochi eletti”, in cui si premiano sonorità e stili canori estremi e raffinati, lontani dal gusto del pubblico.

Quali le giurie di Saremo 2019? Iniziamo dalla demoscopica, rappresenta “il popolo che ama la musica italiana”. Si dovrebbe basare su un campione rappresentativo di fruitori di musica italiana, che ascolta tutte le canzoni prima di esprimere il voto. Ha il limite di avere pochi giovani, perché pochi sono, e ciò determina una tendenza a premiare artisti “classici”. La giuria demoscopica ha premiato il Volo e Ultimo, poi superato da Cristicchi e Bertè.

Breaking news: il televoto non rappresenta “la gente”, ma è espressione di chi è più attivo! Premia gli artisti che inducono una reazione forte in alcuni spettatori, portandoli a spendere per loro. Il televoto risente della capacità del pezzo di farsi apprezzare, e dal numero di fan che votano “a prescindere”: è legato ai successi precedenti (come è evidente con gli artisti dei talent), alla numerosità di “fedelissimi” (fan club), al “localismo” di alcuni artisti. L’esito è anche legato al momento dell’esibizione (alle 21.30 ci sono più votanti potenziali che alle 23.45), alla capacità di attivismo social dell’artista, e all’uso del programmatic da parte della casa discografica. Ha esiti variabili; nella testa della classifica del televoto si sono avvicendati nelle serate Ultimo (prima e quarta) e il Volo (seconda e terza) seguiti a turno da Carta/Shade, Irama, Bertè.

È composta da giornalisti professionisti di quotidiani, periodici, siti di news e radio la giuria della Sala Stampa. Persone appassionate, che interpretano il passato della musica e l’evoluzione del gusto del pubblico: avranno il compito di promuovere le canzoni, dando loro spazio sui media, on-line e nelle radio.

Sono quindi una vera élite, che serve per rendere il settore vitale, mai stantio, con visione sul futuro. Hanno una alta competenza e sono esposti a contaminazioni avanguardiste che tendono ad abituarli a gusti lontani da quelli attuali. La loro preferenza è stata forte nella prima sera per Mahmood, nel seguito scivolato dietro Bertè (prima scelta del sabato), Arisa, Silvestri, ma comunque sempre preferito a Ultimo (7°) e a il Volo (9°), motivo per cui in finale è stato premiato Mahmood.

La giuria d’onore rappresenta il mondo dello spettacolo ed è stata capitanata da Mario Pagani, di indubbia competenza e rettitudine. Aveva un peso basso (20%), che ha usato con sapienza: in entrambe le sere ha premiato Mahmood, Silvestri, Arisa e Motta. In finale è rimasto Mahmood, e i voti si sono concentrati su di lui (probabilmente il meccanismo di voto imponeva una scelta secca).

A giornalisti e giuria d’Onore è rimasto in finale un solo “votabile”, mentre nel televoto la preferenza per Ultimo è stata di certo meno marcata (ha preso meno del 50%). Per vincere un artista deve convincere tutte le giurie, non solo i fan, ma anche chi è più esperto musicalmente e chi giudica l’interpretazione artistica. Ha ragione Giancarlo Leone, quando ripropone il meccanismo di voto basato sul televoto al 40% (anziché al 50%) e due altre giurie al 30%: ciò rende ancor più evidente a tutti che l’esito è la sintesi di diversi punti di vista.

Quindi nessuna truffa, né errore: forse una ridotta conoscenza del regolamento da parte degli addetti ai lavori, artisti, staff, commentatori, e qualche semplificazione molto forte nel meccanismo di voto, hanno generato le polemiche sull’esito finale: ma senza di esse non è Sanremo!

 

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