Il colloquio

Conte: “Con Juncker parlo solo io. Per le riforme serve tempo”. E sui migranti incalza: “Global Compact? Se passasse il no, ci rimarrei male”

Giuseppe Conte - Il presidente del Consiglio: “Abbiamo abbassato i toni, e con il negoziato con l’Europa lo spread è calato di 30 punti”

5 Dicembre 2018

Rivendica il ruolo di mediatore con l’Europa: “Matteo Salvini e Luigi Di Maio mi hanno conferito una procura, ma era già chiaro che dovessi trattare io”. Non si sbilancia sulla tempistica per il reddito di cittadinanza: “Servono i tempi tecnici, finché un provvedimento non è stato scritto può cambiare”. E sul Global compact for migration, il documento Onu sull’immigrazione su cui la maggioranza è divisa, lancia la sua idea: “Io non sono il capo politico del Movimento, ma auspicherei la libertà di coscienza per i parlamentari”.

In un pomeriggio di sole, davanti a un caffè nell’anticamera del suo studio a Palazzo Chigi, ecco il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: molto sorridente e molto fiducioso. Innanzitutto sulla trattativa sulla manovra con la commissione europea. Così la prima domanda è sulla nota di domenica scorsa, in cui i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini sembrano aver dato a Conte il mandato per trattare con l’Europa. E il premier replica: “Era già chiaro che dovessi essere io a gestire la trattativa, quel mandato ce l’ho sempre avuto. Ma quel comunicato valeva soprattutto per l’esterno, per voi, per calmarvi un po’. Per questo da avvocato la definirei come una procura. Ha una portata più estesa”.

Però fa pensare che non era così evidente chi fosse alla guida del governo, non crede? Conte sorride: “Io sono il presidente del Consiglio, quindi con Juncker (il presidente della commissione europea, ndr) ci parlo io. La nota conclusiva dell’Eurogruppo di due giorni fa non ha fatto menzione di una procedura d’infrazione per debito nei confronti dell’Italia. E di questo avevamo parlato domenica a colazione nel G20 a Buenos Aires. Da parte delle istituzioni europee c’è stato un segnale”. Insomma qualcosa si muove, giura Conte. E qualcosa è cambiato anche nel governo: “Siamo nel corso di una trattativa, quindi da parte nostra c’è l’impegno a moderare le dichiarazioni. Quando si tratta, le parti devono abbassare i toni”. Ma tutto questo porterà ad abbassare il deficit dal 2,4 al 2 per cento? Il premier svicola: “Non si può parlare di numeri ora, la comunicazione è fondamentale in questa fase, come lo è aver aperto un negoziato. Dalla cena di sabato scorso al G20 a lunedì lo spread è calato di 30 punti secchi”. Però la sensazione è che i gialloverdi ora stiano cedendo all’Europa, quasi su tutto. E Conte ovviamente nega: “Non è così: io non ho mai parlato di decimali, e noi siamo un governo pragmatico e post-ideologico. Non abbiamo fatto una manovra per andare allo scontro con l’Europa, ma per fare le riforme, applicando il contratto. Poi nel momento in cui c’è la possibilità di ridurre l’impatto economico di alcune misure, io sono qui”.

Però si pone il problema del come e soprattutto del quando per certe misure. Quali tappe prevedete? “Per tappe cosa intende? Ho una maledetta fretta di realizzare le riforme, milioni di italiani le aspettano, ma bisogna tenere conto di quanto serve, ossia dei tempi tecnici. Questa riforma non si può fare domattina”. Però avete promesso più volte che il reddito di cittadinanza partirà il 30 marzo… “Se ci avete chiesto cinque mesi fa quando sarebbe partito il reddito, quella era di certo una previsione. Adesso se posso recuperare le risorse, rimodulare il saldo finale e cambiar qualcosa, non vuole dire tornare indietro. Le riforme le farò ugualmente”.

Ma chiederete aiuto all’Inps per individuare gli aventi diritto al reddito, come ha suggerito il sottosegretario leghista Siri? “Tutti gli enti che hanno un minimo di ruolo verranno coinvolti”. Compresi i centri per il lavoro privati? “Questa è già un’informazione più sensibile…”. E sensibile è anche il tema del Global compact, su cui Conte si era esposto il 26 settembre all’assemblea dell’Onu, dicendo che l’Italia avrebbe sottoscritto il documento. Ora invece il governo si è affidato all’aula, perché la maggioranza è divisa. E Conte non parteciperà alla conferenza di Marrakesh del 10 dicembre sul tema. È un passo indietro, presidente… “Ho ribadito che sono a favore dell’accordo, ma non potevo indire un referendum nazionale. Auspico un dibattito in Parlamento ampio e soprattutto informato. Certo, se il sì non passasse ne prenderei atto: ma ci rimarrei un po’ male…”.

Ma non sarebbe giusto lasciare libertà di coscienza a tutti gli eletti, compresi quelli del M5S? “Io non sono un capo politico, però visto che il tema è di ampio respiro, io personalmente auspicherei la libertà di coscienza, se dobbiamo dirla in termini tecnici”. Dall’ingresso avvertono di un ospite che attende fuori. Conte si alza, e sorride, ancora: “Alla fine è stata un’intervista vera…”.

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