Immigrazione

Il caso Diciotti va a Catania: Matteo Salvini “assolto” a metà

L’indagine - I giudici di Palermo escludono il sequestro di persona a Lampedusa e inviano ai colleghi gli atti sull’attesa nel porto etneo

Di Giuseppe Giustolisi e Alessandro Mantovani
21 Ottobre 2018

C’è un primo “verdetto” che consente a Matteo Salvini di esultare anche se, lo dice lui stesso in un comunicato, “la partita giudiziaria non è ancora chiusa”. È la partita della nave Diciotti, ovvero dell’accusa di sequestro di persona che il vicepremier e ministro dell’Interno definisce “incredibile”: il Tribunale dei ministri di Palermo, al quale la Procura di Agrigento aveva trasmesso gli atti, ha stabilito che nelle acque di sua competenza “non sono emersi reati”, anzi “fu difeso meritoriamente dalla Guardia costiera l’interesse nazionale”. Se Salvini ha commesso reati dopo il 20 agosto, quando alla nave Diciotti della Guardia costiera è stato consentito di attraccare a Catania ma senza permettere lo sbarco dei migranti e del personale di bordo, lo stabilirà la Procura di Catania, alla quale sono giunti nei giorni scorsi gli atti trasmessi dal collegio palermitano, presieduto dal giudice Fabio Pilato e formato dai colleghi Filippo Serio e Giuseppe Sidoti. Tocca, per ora, all’ufficio guidato dal procuratore Carmelo Zuccaro, lo stesso che ha scelto la linea dura contro le Ong che salvavano i migranti in mare con un’impostazione che i giudici non hanno poi condiviso.

È la vicenda cominciata la notte del 15 agosto. Il Viminale per dieci giorni non ha consentito lo sbarco dei migranti (inizialmente 190) soccorsi dalla Guardia costiera nella zona di soccorso (Sar) italiana dopo che Malta aveva lasciato transitare il loro pericolante barcone. Salvini se l’è presa con la Guardia costiera sostenendo che il Viminale non era stato informato e questo non era vero. Poi a Lampedusa è stato permesso di toccare terra a 13 fra malati e donne con figli minori. E dal 20 agosto è iniziata l’attesa nel porto di Catania dove è stato necessario l’intervento del Garante dei detenuti Mario Palma e del Tribunale dei minorenni per ottenere lo sbarco degli altri 29 under 18 ancora a bordo. Infine, il 25 agosto, il Viminale ha fatto scendere gli altri 150. Nel frattempo Salvini, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi avevano cercato soluzioni “europee”, ottenendo però solo la disponibilità del governo irlandese e di quello albanese ad accogliere una quarantina di richiedenti asilo. Quasi tutti però, inizialmente accolti da strutture ecclesiastiche, si sono dileguati in Italia.

“Nei primi giorni di intervento della nave Diciotti al largo di Lampedusa, per il salvataggio dei 190 migranti che si trovavano a bordo di un barcone proveniente dalla Libia, non sono emersi reati. Fu anzi difeso meritoriamente dalla Guardia costiera l’interesse nazionale”, scrivono i giudici palermitani nelle 60 pagine del provvedimento con cui trasmettono gli atti ai colleghi del capoluogo etneo. Nel fascicolo ci sono i verbali degli ufficiali della Guardia costiera e dei funzionari del Viminale, i primi chiedevano il porto in cui far sbarcare i naufraghi e i secondi, su indicazione del ministro Salvini, rispondevano che il porto non c’era, contravvenendo alle regole fissate nel 2015. Dal 15 al 20 agosto, per il collegio palermitano c’è stata “solo una attività di pressione diplomatica nei confronti di Malta, perché adempisse i doveri previsti dalle convenzioni internazionali che regolano il salvataggio e l’accoglienza dei flussi migratori. Poi la nave fece uno scalo nei pressi di Lampedusa, dove, con alcune motovedette, furono sbarcati 13 migranti ammalati. Gli altri 177, sempre in quella prima fase, non furono oggetto di alcun reato, men che meno il sequestro di persona, perché nei primi giorni si stava cercando una soluzione diplomatica per l’accoglienza, che poi non fu trovata”.

Contattato dal Fatto, il procuratore Zuccaro conferma: “Il Tribunale dei ministri di Palermo ha valutato che non stati commessi reati nel periodo in cui la nave è transitata a Lampedusa. I giudici palermitani hanno fatto una dissertazione dottrinale sul rapporto tra la tutela di un diritto soggettivo e la tutela di un interesse pubblico”. E ancora: “Dobbiamo fare le nostre valutazioni di merito per il periodo di transito che ricade nella competenza di questo ufficio”.

A Catania per il Tribunale dei ministri sono stati sorteggiati i giudici Nicola La Mantia, Paolo Corda e Sandra Levanti. Saranno loro, eventualmente, a chiedere al Senato l’autorizzazione a procedere contro Salvini. Che intanto, come si conviene a un ministro, continua a irridere la magistratura: “Giudici o non giudici, non arretro di un millimetro! Giudici chiudetela qui e lasciatemi lavorare. Un giudice di Agrigento mi ha indagato, l’indagine è poi passata a Palermo e poi a Catania, non so se è come il gioco dell’oca. Più mi indagano e più mi fanno venire voglia di lavorare e difendere i confini di questo splendido Paese”.

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