Ferie presidenziali

Putin e gli altri, ferie presidenziali: dimmi che vacanze fai e ti dirò che leader sei

Trump si conferma un cafone wasp, la Merkel fa tenerezza, Macron fa il misterioso, imbattibile il marzialissimo presidente russo. Ma anche Trudeau...

14 Agosto 2017

Datemi pure dell’hegeliano lombardo perché preferisco la realtà alla fantasia, quello che vedo a quello che non vedo. In questo momento ho sott’occhio una fenomenale immagine di Vladimir Putin a torso nudo. Non c’è sfida: è lui il presidente più prestante del mondo.

Ditemi cosa fai in vacanza e ti dirò chi sei. Con Vladimir non c’è partita. Lo capisci subito, che tipo è: un duro. Uno che va dritto alla meta. Certo, la sua meta. Anzi, è lo zar che ci dice come vuole essere capito, senza fraintendimenti. Senza se e senza ma. Efficienza. Forza. Salute. Il potere proietta ormai l’immagine dell’azione, del “fare” – non del “dire” – attraverso lo slancio, la tonicità, la fisicità. E le vacanze ne sono il palcoscenico. Brevi, intense, sportive.

La bellezza del corpo maschile da sola non basta: bisogna aggiungere il concetto del movimento. Putin, in questo, è stato l’antesignano.

Non a caso, l’aitante canadese Justin Trudeau, 45 anni, considerato il più figo dei leader mondiali, ha capito che deve puntare su questo fronte: coniuga così vacanze tranquille in famiglia – bellissima la moglie, bellissimi i figli – alternate a sessioni di yoga, all’ora di jogging. In kayak, pagaia mirabilmente, l’impressione à che non abbia mai fatto altro in tutta la vita. Interpreta il sogno canadese, coi Grandi Laghi, i fiumi, le foreste sterminate, ossia lo spirito della Frontiera.

Quello che non può evocare il più giovane Emmanuel Macron, dal fascino metrosexual: tutto così borghese, aria da grand commis di Stato. Talmente sicuro di sé, da scardinare ogni codice, con la bionda attempata ma giovanile BriBri (sua moglie Brigitte la chiamano così i francesi) a marcarlo stretto. A livello subliminale diffonde idee di rispetto, di amore sincero, un messaggio straordinariamente rassicurante per tutte le donne che hanno valicato i cinquanta.

I due pretendono vacanze riservate: “Ragioni di sicurezza”. Non in Puglia, nel Salento, come trapelato da certi rotoclalchi. L’Eliseo ha smentito, “le vacanze saranno brevi, 10-15 giorni, e in Francia”. Non a Le Touquet, dove i Macron hanno una casa. Non alla residenza presidenziale La Lanterne di Versailles. Forse su uno yacht, ospiti di qualche magnate. Lì nessuno potrà ficcare il naso. Sapido, Le Canard enchainé – il giornale satirico che va in edicola ogni mercoledì da 101 anni – ha titolato a tutta pagina: “Macron passera-t-il ses vacances sur la Côte d’Impopularité?” (“Macron passerà le sue vacanze sulla costa dell’impolarità?”) ironizzando sul tracollo dell’indice di gradimento, giacché il presidente piace solo al 36 per cento dei francesi. Il mistero è durato fino a ieri: la coppia presidenziale è ospite del prefetto della regione Paca a Marsiglia.

Tornando a Putin, dove sta la novità? Ogni estate ci propinano servizi fotografici in bilico tra realismo socialista e vacanza virile in cui il Rambo del Cremlino esibisce un petto glabro senza un’oncia di grasso, levigato da pazienti sedute di palestra, nonostante l’incombente terza età (64 anni).

Mica quel bitorzolo gonfiato di Donald Trump che ben si guarda dal farsi immortalare a bordo piscina ma solo in tenuta da giocatore di golf, la sua passione.

D’estate la sua residenza di Mar-a-Lago in Florida è un forno, meglio Bedmister nel New Jersey – rifugio estivo degli snob di Manhattan, come dei Clinton (Hamptons) e degli Obama (Martha’s Vineyard). Come zio paperone, Trump non spreca nulla. Ha trasformato la residenza principale del suo resort in una club house, la casina del golf (iscrizione 350 mila dollari). Qui, tra un backswing e un birdie, convoca il consiglio di Stato per minacciare la Corea del Nord o parare le accuse del Russiagate. Poi, si consola col vicino di casa Steve Forbes. Già, il proprietario del mensile che pubblica la lista degli uomini più ricchi del pianeta.

Nulla a che vedere con le ferie spartane di Vladimir Vladimirovich, e nemmeno con quelle sobrie di Angela Merkel che si assopisce all’ombra delle Dolomiti: la pennichella dopo l’escursione lento pede lungo sentieri che ad agosto sono più affollati della metropolitana non è un momento di debolezza. Ma una resa teneramente umana. Tuttavia, un poco goffa. Lei è una come noi.

Persino Putin ha compreso di aver esagerato in tutti questi anni, con la sua rutilante iconografia da macho. Nel nostro immaginario, incarna l’avventuriero coraggioso e spavaldo che comanda la Russia con pugno di ferro.

Capace di montare a pelo un purosangue nella steppa, rigorosamente a torace scoperto. Di stanare in mezzo ad un vorticoso torrente lucci per niente remissivi, domati magari a morsi; di affrontare impavidamente le acque glaciali della Neva. Di cacciare orsi. Di stare a tu per tu con una tigre. Di andare in moto. Di pilotare un jet. Di preferire la natura, sfoggiando abbigliamento paramilitare, gli scarponi impermeabili, (stivaloni di gomma all’occorrenza). Nelle occasioni Easy Rider esibisce giacconi di pelle borchiati assieme ai fan bikers tatuati e ipernazionalisti. O, in volo, giubbotti d’aviatore…

Annoveriamo il Putin judoka (cintura nera, ovviamente). Poi il Putin campione d’hockey su ghiaccio, il temerario sub, colui che si immerge perigliosamente dentro un batiscafo nel Mar Nero. Guida l’auto da pilota provetto (l’abbiamo visto infilato in una Formula Uno, a Soci).

In questa torrida estate 2017, sulla scia (ideologica e salutista) di Mao che nuotò nella torbida corrente del Fiume Giallo, affronta con un onorevole crawl il gelido Jenissei. È lo Zelig della prestazione fisica. Dietro questa camaleontica smania, si celerebbe il desiderio di essere ammirato. Ed amato dal popolo della Santa Madre Russia di cui lui si erge a protettore, il solo capace di salvarla.

La differenza è che stavolta la foto del Putin a petto nudo è sostanzialmente diversa dalle precedenti: il presidente russo, stravaccato su una sedia metallica da camping, è ritratto mentre si abbronza. Una posa da persona normale. Semplice. Ci comunica: non sono un miliardario, come il capo degli americani. Niente yacht da oligarca. O alberghi da cinque stelle. S’intravede, alle spalle, il blu intenso di un lago della regione di Tuva, all’estremo sud della Siberia. Indossa occhiali scuri avvolgenti. Non più i RayBan, sanno troppo di yankees. Ha l’aria di uno 007 in vigile relax. In effetti Putin è stato agente del Kgb sovietico. Dal collo pende una collanina con crocifisso. Conferma la fede ortodossa.

L’espressione è enigmatica: non sorride. È compiaciuto in questo (fittizio) riposo del guerriero. In un’altra foto allarga le braccia. In testa, un cappello da ranger. Accanto, a petto nudo come lui, il generale Serghei Choigu, ministro della Difesa, nato nella regione di Tuva. La didascalia recita: “Due anni fa, ne avevo pescato uno lungo così”. Pescatori e cacciatori, si sa, sono grandi mentitori. Come i politici. Anche quando sono in vacanza.

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