Quando John Grisham ha scritto “Fuga dal Natale” era un po’ tutti noi. Ma fuggire è difficile, il Natale va affrontato. Purtroppo non esiste una manualistica esaustiva, se si esclude la mise en place. Allora sì, da Csaba dalla Zorza a Elisa Motterle, sappiamo dove mettere il tovagliolo e quanto sia indispensabile il piattino del pane in una cena con più di sei persone. Nessuno però suggerisce come districarsi tra party che si sommano, uno alle 19 e l’altro alle 22, la cena natalizia della palestra, quella del club o dell’associazione di volontariato. E ovviamente quelle con i parenti. Come augurava il bestseller editoriale del 1992 “Io speriamo che me la cavo” (temi di bambini napoletani), e lo speriamo anche noi.
Christmas breakfast
È ultima moda. Occupare la prima fascia oraria della giornata, non ancora presa. Caffè, cappuccino, croissant e auguri, tendenzialmente sbrigativi. Dress code informale, con un piccolo tocco chic: una sciarpa, una scarpa, un foulard. Mai presentarsi in tuta (“facevo jogging, scusate”) o in completo glitterato (“Ho un pranzo, un aperitivo e una cena, e non posso passare a cambiarmi”).