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“Il mio viaggio a Napoli”, la sfida tra influencer in tribunale: Piero Armenti vince la causa contro Giuseppe Russo per concorrenza sleale. Via alla rimozione dei contenuti

L’influencer classe 1979, celebre volto del canale “Il mio viaggio a New York”, aveva denunciato la forte somiglianza tra il suo marchio e quello del suo collega napoletano. Sulla questione si è espresso il giudice, che ha messo la parola fine alla disputa legale

di Claudio Savino
“Il mio viaggio a Napoli”, la sfida tra influencer in tribunale: Piero Armenti vince la causa contro Giuseppe Russo per concorrenza sleale. Via alla rimozione dei contenuti

Dopo quasi tre anni di contenzioso, sembra calare definitivamente il sipario sulla guerra legale tra due dei volti più noti sui social, in particolare nel travel blogging. A finire davanti al giudice sono stati due influencer molto seguiti da giovani e giovanissimi. Da un lato Piero Armenti, fondatore del canale “Il mio viaggio a New York” che oggi conta oltre mezzo milione di follower su Instagram, grazie al quale ha riscontrato un enorme successo di pubblico.

Dall’altro c’è invece Giuseppe Russo, imprenditore, figura di spicco del settore e protagonista de “Il mio viaggio a Napoli”, un format che, già dal nome, sembra richiamare quello del collega salernitano, pur concentrandosi principalmente sulla food experience del capoluogo campano. Ed è proprio sulla similarità dei contenuti che si è innescata la disputa giudiziaria tra i due content creator.

La controversia, infatti, parte da Armenti: secondo l’influencer classe 1979, tutti i marchi che gravitano intorno alla formula “Il mio viaggio a” andrebbero considerati un suo marchio di fabbrica. Per questo, a suo avviso, andrebbero annullati i marchi registrati da Russo con le denominazioni “Il mio viaggio a Napoli” e “My trip to Naples”. Il giudice estensore, Leonardo Pica, del Tribunale di Napoli – sezione specializzata in materia d’impresa – si è pronunciato sulla questione, emanando una sentenza che traccia una linea di demarcazione netta nel definire marchi registrati, creatività online e imitazione dei format narrativi.

Quanto al primo punto, secondo l’autorità giudiziaria l’espressione “Il mio viaggio a” avrebbe una natura descrittiva e per questo sarebbe priva della forza distintiva necessaria a garantirne l’esclusiva. Armenti sostiene che nel 2020, quando Russo registra il proprio marchio, lui fosse già titolare di domini web collegati alla stessa formula, e ciò dimostrerebbe un comportamento in malafede da parte dell’accusato. Ma anche in questo caso il tribunale nega l’esistenza di un illecito, perché Armenti non aveva alcun progetto su Napoli e non usava il dominio registrato in precedenza. Di conseguenza, i marchi registrati da Russo restano validi.

Ben più netta è la posizione del giudice sul secondo e terzo punto: creatività online e imitazione dei format narrativi. Il Tribunale, infatti, riconosce che il progetto di Russo, pur autonomo nella formula, sarebbe stato costruito attraverso modalità comunicative troppo simili a quelle di Armenti. A partire dallo slogan “Amici del mio viaggio a Napoli”, che riprende direttamente l’espressione resa celebre dal suo collega salernitano con “Amici del mio viaggio a New York”. E non è solo una questione di linguaggio verbale. Il giudice avrebbe elencato una serie di elementi che, a suo giudizio, sembrerebbero richiamare in modo esplicito i lavori prodotti da Armenti: l’immagine di copertina, la scelta delle location, la struttura dei video e alcuni contenuti tematici. Un insieme di elementi che, riporta Fanpage, il Tribunale avrebbe interpretato come un “intento sistematico di agganciamento alla notorietà altrui”.

Per effetto della sentenza, il creator napoletano dovrà ora rimuovere o modificare parte dei suoi contenuti presenti online. In particolare, l’ordinanza impone la cancellazione di “tutti i post/video sulla pagina Facebook de Il mio viaggio a Napoli (e in qualsivoglia altro social network riferibile alla sua attività) in cui il Russo recita la frase ‘amici del mio viaggio a Napoli’”, oltre ai contenuti girati a New York e quelli relativi alla promozione della vendita di prodotti americani. È inoltre prevista una penale di 100 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione delle disposizioni, e una seconda multa di 500 euro per ogni eventuale violazione futura, trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza.

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