“Il rapimento in Niger è stato il bivio della mia vita. In una notte ho tirato il bilancio della mia esistenza, ho pensato che sarei morto in quella pietraia – sembrava di stare su Marte – e che non avrei mai visto i miei figli da adulti”. È con queste parole che Alberto Angela ha raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera l’esperienza al limite vissuta qualche anno fa in Africa. Il divulgatore e conduttore, noto per la sua capacità di rendere la storia accessibile a tutti, ha ripercorso il trauma del sequestro subito nel 2002 in Niger, un episodio che ha segnato per sempre la sua vita e il suo approccio alla professione. Il rapimento avvenne durante le registrazioni di una puntata di Ulisse – Il Piacere della Scoperta. Angela e la sua troupe furono catturati da una banda di criminali. La via d’uscita, ha spiegato, fu l’unica possibile: la diplomazia e il sangue freddo. “Avevamo di fronte un gruppo di uomini, in realtà tre ‘scorpioni bipedi’, era una partita a scacchi nella quale non puoi vincere ma non devi assolutamente perdere”, ha raccontato. La strategia per la sopravvivenza era non dare loro appigli per premere il grilletto: “Devi farti vedere sicuro, deciso, devi essere un antagonista valido, paradossalmente devi far emergere in loro la stima nei tuoi confronti”.
Riservatissimo circa la sua vita privata, Angela ha parlato poi dei suoi tre figli ormai adulti – Riccardo (27), Edoardo (26) e Alessandro (21) – avuti dal matrimonio con la moglie Monica. “Solo quando se ne vanno ti accorgi del momento incredibile che hai vissuto eppure non sapevi di viverlo”, ha ammesso. “I figli sono questo: un momento di quotidianità irripetibile, ma scopri che è irripetibile quando non ci sono più. Consiglio a tutti di assaporare anche i litigi, anche i momenti meno semplici”. Il suo consiglio sulla genitorialità è netto: “Ai ragazzi, ai figli, non bisogna mai dire quello che devono fare. È sbagliatissimo“. E ha aggiunto: “Fin da quando sono bambini bisogna anche spiegare i no perché il no secco crea un muro. Come dicono gli inglesi: presence, not presents, presenza, non regali“. L’insegnamento più grande, però, l’ha ricevuto dal padre: “Quello di fare le cose in silenzio e con altissima qualità: essere disciplinati, lavorare tanto, umilmente, sempre con la testa bassa”.
L’intervista è anche l’occasione per presentare il suo nuovo libro, Cesare. La conquista dell’eternità, e la sua ultima fatica televisiva prossimamente in onda su Rai 1, Stanotte a Torino: “Torino è stata capitale d’Italia… Oggi ha smesso di guardare al suo passato e guarda al futuro. E credo che sia un insegnamento per tutti noi, anche per i nostri ragazzi”. Un messaggio di fiducia rivolto ai giovani, esortandoli a non abbattersi: “Cesare ti fa capire che bisogna credere in sé stessi, che non bisogna abbattersi di fronte alle intemperie e alle difficoltà, anche se non arriva subito un buon risultato”.