“Sembra di entrare in un film giallo, davvero!”, commenta Niccolò, 22 anni, studente di ingegneria, alla fine del primo atto. Poco distante incontriamo Sofia, già assidua frequentatrice del Teatro alla Scala, che rivela: “A emergere in maniera prepotente è la visione patriarcale della donna all’epoca in cui è ambientata l’opera. La protagonista, Sara Jakubiak nei panni di Katerina L’vovna Izmajlova, è obbligata a condividere un matrimonio che non desidera e, sedotta dall’amante interessato soltanto a conquistarla, commette due omicidi”. Cruda, travolgente, cinematografica, piena di passione e desiderio “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk” l’opera di Dmitrij Šostakovič che aprirà la Stagione scaligera il 7 dicembre, ha conquistato i giovani under 30 all’anteprima a loro dedicata. Soprattutto la musica, diretta da Riccardo Chailly, ma anche la regia di Vasily Barkhatov, che proietta la vicenda in una dimensione a più livelli, e scene di Zinovy Margolin che creano quasi l’effetto di un film. Una pagina di cronaca nera inquietante, si potrebbe dire, che però si eleva a livelli altissimi come tutte le storie umane che diventano arte, pur nella sua tragicità. Le azioni crude e violente e dalla accesa sensualità, su cui già il display sul retro delle poltroncine avvertiva il pubblico, tuttavia non hanno turbato minimamente i giovani spettatori.
“Siamo abituati ai social. Alla cronaca. E a ciò che succede ogni giorno. Non siamo così impressionabili, men che meno a teatro”, spiega Matteo, impiegato di banca. Di quali scene stiamo parlando? Dello strangolamento del marito di Katerina, delle molestie e una cameriera da parte dei cuochi (la tenuta di campagna diventa un ristorante di città nella visione del regista), della fustigazione dell’amante. Ricordiamo che la violenza di queste scene, così come la forte sensualità furono causa di censura nella Russia del 1936. “Ciò che importa oggi – spiega Massimiliano, studente al Politecnico di Milano è la forza della sua musica capace di coinvolgere al punto che anche la lingua del canto, il russo, non è barriera. Gli fa eco Eric, studente al liceo linguistico, 16 anni: “Mi sta impressionando davvero il modo in cui cantano e come riescono a proiettare il suono”.
Fra i veterani della Primina c’è Marcello Lazzara, una laurea in filosofia, studente in composizione al Conservatorio e pianista. Si è preparato benissimo, ha partecipato ad alcuni appuntamenti della Prima Diffusa, ha letto il testo da cui è tratta l’opera e l’ha ascoltata più volte. E’ andato all’incontro con il regista. “La messa in scena funziona – rileva al termine dello spettacolo – ed è affascinante l’idea di rendere tutto come se fosse un flashback, con diversi livelli temporali e dimensioni che si intersecano. Anche la scelta di estrapolare la vicenda dalla campagna della provincia russa per ambientarla in un a grande ristorante di una capitale è vincente”. Unica nota dolente? “Vengono proiettati sugli schermi particolari e dettagli ridondanti, a mio parere inutili”. Ciò che all’uscita dalla sala mette d’accordo tutti è la potenza della musica. La sua incredibile varietà di registro, con momenti veramente intimi e passaggi da brividi per forza e impatto.
Anche chi non l’aveva mai ascoltata, come Ludovica e Laura, studentesse di architettura, ammettono: “Non ne sapevamo nulla. Siamo rimaste sorprese dalle tinte forti, dalla trama avvincente, dalle scene potenti e dalla musica strepitosa”. Dieci minuti di applausi. Poi qualche scambio di opinioni nel foyer e via, la serata continuerà magari davanti a una pizza o a un sushi. Si respira quella sobrietà tutta milanese, che sembra aver ereditato da Armani, principale sostenitore del Teatro di cui si sentirà la mancanza il 7 dicembre, quel senso di linearità ed equilibrio. A dominare nelle mise di ragazze e ragazzi il nero, il bianco, colori e modelli poco vistosi ma con dettagli come un ciondolo, una spilla, un cappellino. E quei riflessi d’argento sui capelli corvini di Amir che regalano un brillio da fiaba. Questa è una generazione che non ostenta, che va allo spettacolo per vedere lo spettacolo. Con la dovuta eleganza.
Credit Brescia/Amisano – Teatro alla Scala