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“I miei genitori mi hanno dimenticato a Genova quando avevo otto anni. Sono saliti in macchina e sono andati via lasciandomi lì”: lo rivela Fabio De Luigi

L'attore tornerà al cinema il 5 marco con Virgina Raffaele per il suo quarto film da regista "Un bel giorno"

di Redazione FqMagazine
“I miei genitori mi hanno dimenticato a Genova quando avevo otto anni. Sono saliti in macchina e sono andati via lasciandomi lì”: lo rivela Fabio De Luigi

Fabio De Luigi è pieno di progetti. Dal cinema con il ritorno al fianco di Virgina Raffaele il 5 marzo con “Un bel giorno“, suo quarto film da regista, al teatro per mettere a punto un nuovo spettacolo con due anteprime il 11 e il 12 dicembre all’Auditorium San Francesco al Prato di Perugia. Infine il sogno nel cassetto un festival di comici.

“Si dice che chi fa il nostro lavoro lo faccia perché in qualche modo si è sentito poco visto quando era piccolo: – ha affermato in una intervista a Vanity Fair – se così fosse, io faccio questo lavoro grazie a un piccolo incidente che mi è accaduto, quando i miei genitori mi hanno dimenticato a Genova quando avevo otto anni. Sono saliti in macchina e sono andati via lasciandomi lì: forse faccio il comico per questo motivo, per colmare“.

La storia verrà raccontata proprio sul palco del teatro a Perugia: “È forse la migliore analisi che ci sia perché a pagare sono gli altri e non sei tu”.

Lo stato d’animo lo ricorda ancora oggi: “Innanzitutto sono rimasto perplesso: vedevo la macchina che diventata sempre più piccola e, d’impulso, ho provato a inseguirla come se fossi un cane abbandonato in autogrill. Poi, con una maturità che non so dove avessi preso, ho scelto di tornare nel punto dove era parcheggiata la macchina e aspettare che tornassero, cosa che naturalmente è successa. Altrimenti, a quest’ora, sarei a parlare come Beppe Grillo”.

Il momento in cui ha percepito di essere entrato nella fase adulta è stata “quando sono partito per il militare a 19 anni e sono arrivato a Taranto: trovarsi a contatto con coetanei provenienti da tutta Italia mi ha fatto capire che stavo entrando in un capitolo diverso della mia vita. È stato bruttissimo non poter fare quello che volevo e non essere totalmente padrone della mia vita. Anche se per un anno, ti senti un po’ prigioniero quando il cancello si chiude dietro di te. Sarà per questo che, quando ancora capita che mi propongono di fare delle visite in contesti come il carcere, mi fa sempre un certo effetto”.

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