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Sinner ha sbagliato tempi e modi del suo no alla Coppa Davis: oltre i suoi interessi ci sono passioni e sentimento | Il commento

Le giustificazioni del campione italiano non tengono conto del rispetto verso chi ha acquistato i biglietti del torneo e persino verso la Federazione che lo ha portato a Bologna
Sinner ha sbagliato tempi e modi del suo no alla Coppa Davis: oltre i suoi interessi ci sono passioni e sentimento | Il commento
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Se nel criticare il NO di Jannik Sinner alle fasi finali della Coppa Davis a Bologna si tirano in ballo il suo luogo di nascita (San Candido, Alta Pusteria), la lingua in cui probabilmente si esprime meglio (il tedesco) e il paese nel quale ha scelto il domicilio fiscale (Montecarlo), si sceglie una strada sbagliata. Sinner va criticato nel merito della sua decisione: tempi, modi, il contesto, il detto e il non detto.

Sostiene il partito che in queste ore ha difeso, o in ogni caso sta cercando di giustificare la posizione del tennista numero 2 al mondo, che il NO alla Davis era annunciato e qualcuno lo aveva già anticipato. I fatti ci dicono che l’ufficializzazione è arrivata il 20 ottobre, un mese esatto prima dello svolgimento della Final 8 all’Unipol Arena di Bologna. La macchina organizzativa è in moto da diversi mesi e per chi sta lavorando alla riuscita dell’evento, dalla federazione all’ultimo dei volontari, non è stata una bella notizia. E’ stato uno schiaffo in faccia. Il primo di questa vicenda.

Sostiene Sinner di essere costretto a disertare l’appuntamento di Bologna nel rispetto del programma di riposo e di preparazione per la stagione che verrà. Benissimo, ma il calendario è fissato da tempo. Sicuramente il tennista italiano non lo ha scoperto pochi giorni fa. Ma poi, entrando nel merito, vogliamo davvero credere che i cinque giorni di Bologna possono avere questa enorme influenza sul programma di riposo/preparazione? Parliamo di tre singolari, forse anche di qualche doppio, sebbene la coppia Bolelli-Vavassori sia una delle migliori del circuito. Riesce difficile credere a un supplemento insostenibile di fatica.

Il partito “pro” Sinner aggiunge un’altra tesi per difendere il campione italiano: i ritmi del tennis sono sempre più pesanti e va considerato il rischio concreto di infortunarsi. Se Sinner dovesse farsi male, sarebbe, per lui, un bel guaio. Premesso che il motore di un atleta di alto livello va gestito nel migliore dei modi e che uno può infortunarsi anche mettendo male il piede scendendo dal letto, il pericolo era dietro l’angolo pure in Arabia Saudita, ma probabilmente il ricco montepremi e la racchetta d’oro da quattro chilogrammi consegnata al vincitore valevano la posta. La Davis, per ovvie ragioni, non garantisce lo stesso bottino. Tradotto: se in ballo c’è la vecchia pecunia, che non puzza mai, si può rischiare, mentre in una situazione di introiti minori, scattano le precauzioni.

Oltre questo contesto, fatto di denaro, programmi e valutazioni, ci sono però considerazioni che appartengono al cuore e ai sentimenti. Il rispetto, prima di tutto: nei confronti di chi ha acquistato i biglietti del torneo di Bologna, dei milioni di italiani che hanno eletto Sinner a nuovo idolo assoluto e persino della federazione. Riesce davvero difficile schierarsi dalla parte di Angelo Binaghi, ma stavolta Sinner ci costringe a compiere questa scelta di campo. Ci sono poi il cuore, la passione, i sentimenti. Nella vita di tutti noi, ci sono dei momenti in cui si compiono delle scelte. C’è chi, spesso, ascolta le voci di dentro e si butta nella mischia con l’elmetto, e c’è chi, invece, si chiama fuori, pensando ai propri interessi. È quello che ha fatto Sinner, anzi quello che fatto di nuovo dopo aver rifiutato, a gennaio, l’incontro con il presidente Mattarella.

Pace e bene. Ma noi siamo con Panatta, che ha espresso il suo parere in questa vicenda in modo garbato, ma netto. Panatta, quello che ha mostrato in Italia il miglior tennis di sempre, il più fantasioso e il più romantico. Ecco, il romanticismo: qualcuno spieghi a Sinner che cosa sia.

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