Cinema

“Il falsario” con Pietro Castellitto è un noir nella Roma degli Anni di piombo. “Gli occhi degli altri” con i travolgenti Filippo Timi e Jasmine Trinca

Altri due film protagonisti alla Festa del Cinema di Roma

di Anna Maria Pasetti
“Il falsario” con Pietro Castellitto è un noir nella Roma degli Anni di piombo. “Gli occhi degli altri” con i travolgenti Filippo Timi e Jasmine Trinca

“Un prete, un operaio e un artista partono per Roma. Sembra l’inizio di una barzelletta e invece stavano per fare la Storia”. E dal suo incipit, sembra anche una commedia pura Il falsario, il nuovo film di Stefano Lodovichi (firma delle serie Il processo, Il cacciatore, Christian etc) prodotto da Cattleya per Netflix, scritto da Sandro Petraglia ispirato al libro Il falsario di Stato.

Uno spaccato noir della Roma degli anni di piombo di Nicola Biondo e Massimo Veneziani. Invece, quello visto oggi alla 20ma Festa del Cinema di Roma in Grand Public, è un drammatico caper-noir movie dai ritmi action e dai sottotoni di commedia che intercetta, attraversa e a suo modo rivisita le tessiture politiche/criminali che animarono gli anni ’70 in Italia, osservandole dallo scenario romano.

Interpretato da un brillantissimo Pietro Castellitto nel suolo del pittore falsario Toni, il film mette al centro il tema del rapporto fra il vero e il falso come filtro della Storia, ma anche “la colpevolezza” dell’ingenuità rispetto alla scelta della parte da cui stare. Ne è emblema Toni: geniale disegnatore e “copiatore” di capolavori, si trova invischiato in un intrigo che lo sovrasta e che riesce a comprendere quando ormai è troppo tardi. Del resto, fare favori a “destra e a manca” (letteralmente) non può che condurre a un cortocircuito. Nodo della vicenda pubblica è il caso Moro con tutte le complicità emerse nei decenni di indagini. Toni è un buono, un artista vero, uno che voleva solo far notare il proprio talento e le ragioni della sua giustizia.

Ma “il coraggio bisogna poterselo permettere, e anche la curiosità” gli fa notare un oscuro personaggio detto “il sarto” (Claudio Santamaria) probabilmente uomo del SISDI. Appaiono nel film esponenti verosimili e “romanzati” della Banda della Magliana, della Mafia, delle BR, del Vaticano: tutti a interloquire con Toni, nella sua parabola ascendente e poi discendente con un finale meravigliosamente a sorpresa. Per quanto in chiaro “Netflix style”, Il falsario supera la medietà del cinema contemporaneo contaminando i generi e tenendo scrittura, regia e interpretazioni (nel cast anche Giulia Michelini, Andrea Arcangeli, Pierluigi Gigante ed Edoardo Pesce) a un livello di auspicabile compattezza e dialogo col suo pubblico.

Ed è anch’esso ambientato nell’Italia del recente passato – tra il 1960 e il 1970 – il nuovo lavoro di Andrea De Sica, Gli occhi degli altri, liberamente ispirato al delitto Casati Stampa proposto alla Festa nel concorso Progressive Cinema. Di tutt’altre ambizioni, tono e drammaturgia, si tratta di un elegantissimo noir/thriller psicologico centrato sul voyeurismo tossico con la chiara intenzione di omaggiare Hitchcock. Al centro è un ricchissimo marchese che, invaghitosi della giovane moglie di un amico, decide di farla divorziare e a suo volta sposarla. Tra i due, interpretati con intensità da Filippo Timi e Jasmine Trinca, è amore totalizzante per alcuni anni, finché i sentimenti deragliano in gelosie, possessioni, depressioni.

La svolta drammatica mette in risalto la cialtroneria degli ospiti del marchese, una truppa di gente che si crede cool in un’Italia apparentemente più libertina. La spirale mortifera è l’unico possibile e annunciato risvolto del testo, al di là dei fatti veri a cui si ispira. Da sempre interessato al torbido nelle relazioni umane e alla mostrificazione che ne deriva, l’erede creativo della famiglia De Sica sa come mettere in scena – eccellenti la scenografia, la fotografia saturata, e gli straordinari i costumi di Massimo Cantini Parrini – ma purtroppo la falsariga hitchcockiana rende il film un po’ derivativo, con i dialoghi dal sapore artefatto peraltro dentro a una scrittura alquanto prevedibile.

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