Chi passa da Chicago sa che è una delle attrazioni più curiose della città: il “rat hole”, ossia la buca del ratto. Sul marciapiede sarebbe impressa da 20 anni una forma inequivocabile di un ratto, che evidentemente sul cemento ancora fresco ha giocato uno scherzetto agli operai, lasciando la sua orma, al West Roscoe Street, nel cuore del quartiere Roscoe Village della città.
O quantomeno sino ad oggi si pensava che quella fosse la forma di un ratto. Ben sei studiosi – esattamente Michael C. Granatosky, Gabby Guilhon, Noah D. Chernik, Stratos J. Kantonis, Christine J. Lee e Edwin Dickinson – lo scorso 15 ottobre hanno pubblicato uno studio sulla rivista scientifica The Royal Society che smentisce un vero e proprio “mito”.
Simo davanti a “un caso di errore di identità del ‘Rat Hole’ che inizialmente si pensava fosse di un ratto bruno (Rattus norvegicus). “Utilizzando chiari punti di riferimento anatomici, abbiamo confrontato le misurazioni del Chicago Rat Hole con quelle di otto specie di roditori, utilizzando analisi univariate e multivariate”, hanno affermato nella ricerca gli studiosi.
“I test univariati non hanno mostrato differenze significative nella lunghezza – si legge ancora nel report – dal muso alla coda, nella larghezza della testa, nella larghezza della base della coda o nella lunghezza del terzo dito tra l’impronta e i membri del genere Sciurus (cioè gli scoiattoli arboricoli)”.
E ancora: “L’analisi ha indicato una probabilità del 98,67% che il ‘Rat Hole’ fosse uno scoiattolo, con classificazioni divise tra lo scoiattolo grigio orientale (50,67%) e lo scoiattolo rosso (48%). Date le densità di popolazione locali, uno scoiattolo grigio orientale rappresenta probabilmente la corrispondenza più probabile. Questa indagine sottolinea le difficoltà nell’attribuire una traccia al suo autore. Pur riconoscendo lo spirito giocoso di questa indagine, il nostro obiettivo più ampio è quello di evidenziare che la ricerca scientifica inizia con curiosità e osservazione: qualità che non sono esclusive degli scienziati professionisti, ma accessibili a chiunque abbia interesse a comprendere il mondo naturale”.
(Foto di The Royal Society)