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“Hai i brufoli, non puoi essere bella”: cos’è l’acne shaming, il trend tossico che sta devastando la Gen Z sui social

I dati sono allarmanti: il 44% delle persone con problemi di acne è vittima di bullismo a causa della propria condizione cutanea

di 30science per Il Fatto
“Hai i brufoli, non puoi essere bella”: cos’è l’acne shaming, il trend tossico che sta devastando la Gen Z sui social

Sono rari coloro che hanno avuto la fortuna di rimanerne completamente indenni da giovani, e chi ci è passato probabilmente ricorderà l’imbarazzo, il fastidio, il senso di impotenza che gli portava: parliamo dell’acne, una patologia che colpisce in realtà ad ogni età e che può portare a profondissime cicatrici – oltre a quelle ben visibili sulla pelle – anche psicologiche. Soprattutto se per mezzo ci si mettono coloro che non riescono a capire la sofferenza di chi hanno davanti e attaccano ogni imperfezione senza alcuna pietà per la persona in questione. È la nuova frontiera del cosiddetto “acne shaming” e i dati a riguardo, sono tutt’altro che rincuoranti.

Stante a un sondaggio pubblicato sul ‘British Journal of Dermatology’, riportato dall’Adnkronos, in relazione all’acne, il 60% degli intervistati ha sperimentato una diminuzione della fiducia in sé stesso, il 57,1% ha subito abusi verbali e il 44,2% – oltre 2 persone su 5 – è stato vittima di bullismo a causa della propria condizione cutanea. Solo un esiguo 6,9% ha dichiarato di non aver riportato alcun impatto negativo sulla quotidianità. Un problema che accomuna tutti, anche i divi dello spettacolo. L’influencer Sophie Codegoni poco tempo fa ha confessato di essersi trovata alle prese con episodi di bullismo proprio a causa di questa imperfezione, raccontando poi il caso di una sua follower che le confessava di essere sempre sotto attacco per la presenza dell’acne. Ma cosa è esattamente l’acne e cosa si può fare per affrontarla sia dal punto di vista fisico che psicologico? L’acne rappresenta la malattia infiammatoria della pelle più diffusa e trattata a livello globale. Secondo l’American Academy of Dermatology, circa l’85% delle persone tra i 12 e i 24 anni manifesta almeno una forma lieve di acne e, solo negli Stati Uniti, ogni anno interessa fino a 50 milioni di individui.

Non si tratta di un disturbo esclusivamente adolescenziale: un terzo degli adulti, uomini e donne, ne è colpito, con una prevalenza maggiore nelle donne in età adulta. Le cicatrici cutanee costituiscono il problema maggiore. Sebbene l’acne sia una delle patologie cutanee più comuni, i meccanismi che ne determinano la comparsa non sono ancora del tutto compresi e intorno ad essa circolano diversi falsi miti. Tra i più diffusi: “L’acne è causata da una cattiva alimentazione”: non è corretto. Non esiste un legame diretto tra un singolo alimento e la formazione di brufoli. Tuttavia, una dieta ricca di cibi ad alto indice glicemico, quindi ricchi di zuccheri, può contribuire a peggiorare la situazione. “L’acne dipende da una scarsa igiene della pelle”: si tratta di una credenza errata.

I brufoli e i punti neri non sono il risultato di poca pulizia. Anzi, lavare il viso più di due volte al giorno può irritare la pelle e aggravare l’acne. “Spremere i brufoli e i punti neri è un buon modo per eliminarli”: al contrario, manipolarli a casa, magari con strumenti improvvisati, rischia di peggiorare l’infiammazione e favorire la comparsa di cicatrici permanenti. La scelta del trattamento per l’acne dipende dalla sua gravità. L’obiettivo principale delle terapie è eliminare le lesioni già presenti, prevenire la formazione di nuove e ridurre il rischio di cicatrici. Il trattamento farmacologico serve anche a controllare i fattori che favoriscono l’insorgenza dell’acne, come l’eccesso di sebo, l’accumulo anomalo di cellule nel follicolo, la presenza di batteri e l’infiammazione. Nella maggior parte dei casi, l’acne tende a migliorare spontaneamente tra i 20 e i 30 anni.

Il medico può prescrivere sia farmaci da banco sia farmaci su ricetta. Questi possono essere applicati localmente sulla pelle, sotto forma di creme, gel o lozioni, oppure assunti per via orale. Sul piano psicologico la questione è più complessa. Come spiega la psicologa Alessia Pellegrino sentita dall’Adnkronos: “Durante l’adolescenza e in tutte le fasi più fragili della vita, l’acne può diventare un vero e proprio fattore di vulnerabilità psicologica. Non si tratta soltanto di un disagio estetico – precisa – ma di un’esperienza che può minare la percezione di sé, influenzare le relazioni sociali e compromettere la qualità della vita. Anche i casi meno gravi, se vissuti con sofferenza e protratti nel tempo, possono portare a ritiro sociale, ansia e sintomi depressivi. Per questo intervenire tempestivamente non significa solo migliorare l’aspetto esteriore, ma prendersi cura dell’intera persona, restituendole fiducia, serenità e benessere”.

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