La mezza porzione non è più un’eccezione concessa dal ristoratore, ma una proposta codificata che in molti locali compare direttamente in menu con prezzi e regole definite. Una pratica che risponde a esigenze di consumo più contenuto, di varietà negli assaggi e di attenzione agli sprechi.
Non tutti i ristoranti, però, la considerano una scelta percorribile, come si evince da un’indagine di Repubblica. A Roma, all’Osteria Velavevodetto, l’oste spiega: “La cacio e pepe da noi sono 180 grammi. O te la mangi o te la porti a casa“. All’opposto, l’Osteria La Sol Fa indica chiaramente in carta: “De tutto (tranne i dorci) se po fa mezza porzione, der 30% sur prezzo è la riduzione”. Anche la Trattoria Sora Lella applica riduzioni: “Per chi ordina porzioni più piccole, c’è uno sconto del 20% sul conto“. A Torino, la trattoria Le Putrelle prevede due formati: “Gli antipasti e i primi si possono ordinare in versione gros o cit. Gli interi costano 10 euro, le mezze 6”. Dal punto di vista economico, la proporzione non è esatta: “I costi fissi non si dimezzano – spiegano i ristoratori – il piatto va comunque cucinato e impiattato, i lavaggi restano”.
Sul fronte normativo, non esiste obbligo di concedere la mezza porzione: “La riduzione è una facoltà del locale, a patto che sia dichiarata e non crei confusione”, afferma Massimiliano Dona, avvocato dei consumatori. Le associazioni di categoria consigliano di riportare le regole in menu, al pari di coperto e servizio. Molti locali hanno già adottato questa formula, da Plinto a Torino a Zero Milano, fino alla Torre Osteria a Siena. All’estero la pratica è consolidata: “In Spagna la media ración esiste da decenni” ricordano gli operatori. Nel Regno Unito, secondo Guardian e Vogue Uk, non è più un’eccezione, ma “uno standard di fatto”.