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Sindacati e associazioni: “Il governo risparmia sugli indigenti e promette 2,5 miliardi in più all’anno per il riarmo”

L'Alleanza contro la povertà lancia proposte per migliorare l'Assegno di inclusione e il Supporto formazione lavoro, le due misure che la premier Meloni ha introdotto per sostituire il Reddito di cittadinanza: ma sui bilanci pesano gli impegni che l'esecutivo ha preso per le spese belliche
Sindacati e associazioni: “Il governo risparmia sugli indigenti e promette 2,5 miliardi in più all’anno per il riarmo”
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“Si risparmiano oltre tre miliardi all’anno sui poveri e si promettono due miliardi e mezzo di spesa in più per il riarmo”. A tradurre in numeri la bizzarria è l’Alleanza contro la povertà, gruppo di associazioni e sindacati che da dodici anni chiede investimenti pubblici contro l’indigenza. Ieri ha tenuto a Roma un incontro in cui ha rilanciato una serie di proposte per migliorare l’Assegno di inclusione (Adi) e il Supporto formazione lavoro (Sfl), le due misure che il governo Meloni ha introdotto per sostituire il Reddito di cittadinanza che era molto più generoso.

Nel passaggio tra i due strumenti, la riduzione dello stanziamento sulla carta è stata pari a 1,7 miliardi: da 8,8 miliardi del Reddito a 7,1 miliardi di Adi e Sfl. Bisogna però considerare le spese effettive le quali, calcola sempre l’Alleanza, hanno fermato la spesa per l’Adi a 4,5 miliardi e ad appena 250 milioni quella per Sfl (cioè i rimborsi per i corsi di formazione). Insomma, oltre alla riduzione della dote, ulteriori risparmi sono arrivati per via della minore spesa rispetto a quella preventivata, e la cifra finale è stata di 4,8 miliardi. Quindi, considerando che – prima dell’arrivo del governo Meloni – il Reddito di cittadinanza aveva una spesa effettiva di 8 miliardi, l’abbattimento finale della spesa dovrebbe essere di circa 3,2 miliardi di euro.

Questo mentre la povertà assoluta in Italia è nel frattempo aumentata coinvolgendo la cifra record di 5,7 milioni di individui. “Serve una precisa volontà politica e un investimento di risorse economiche e di servizi straordinarie”, ha spiegato Antonio Russo, portavoce dell’Alleanza contro la povertà. “Come questa emergenza si coniugherà con i promessi investimenti per la difesa è complicato capirlo – ha aggiunto -. Come l’impegno assunto con l’Europa di destinare, entro il 2035, il 5% del Pil al riarmo non dice da dove saranno recuperati circa 2,5 miliardi all’anno”. “Ciò che è certo – ha concluso Russo – al momento è che si risparmia sulla politiche di contrasto alla povertà: nel passaggio dalle vecchie alle nuove misure, si è dimezzata la platea dei beneficiari. Spendiamo sempre meno per sostenere le persone che vivono condizioni di fragilità sociale, sempre più per la difesa preventiva. Rischiamo di sguarnire il Paese della protezione sociale, per investire in protezione militare”.

Nel suo picco massimo, il Reddito di cittadinanza aveva raggiunto 1,4 milioni di famiglie; gli ultimi dati sull’Adi parlano invece di 695mila nuclei coperti. L’Alleanza ricorda il confronto europeo: in Germania le misure anti-povertà raggiungono il 6,4% della popolazione, in Francia il 6,1%. Al momento in Italia è coperto il 2,5%. All’incontro di ieri sono state invitate tutte le forze politiche, ma solo da quelle di opposizione sono arrivate aperture alle proposte. Le richieste dell’Alleanza sono quelle più volte ribadite: rendere più generosa la scala di equivalenza, cioè il meccanismo che oggi penalizza le famiglie più numerose, ridurre il requisito di residenza in Italia (oggi cinque anni), poi ancora rendere il sussidio cumulabile in parte con il reddito da lavoro, indicizzarlo stabilmente all’inflazione, rinforzare i servizi sociali territoriali, aprire un tavolo istituzionale anche con una diffusione più trasparente dei dati.

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