Trump nega il cambiamento climatico, ma senza dati. Smentito (pure) dall’Accademia delle Scienze Usa
Per Donald Trump il cambiamento climatico sarà anche “la più grande truffa mai perpetrata al mondo”, come l’ha definita all’Assemblea dell’Onu di New York, peccato che proprio qualche giorno fa l’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti abbia pubblicato un rapporto che dice esattamente il contrario. D’altronde basta guardare cosa accade appena fuori la Casa Bianca: nel 2024, negli Stati Uniti si sono verificati una trentina di disastri che hanno portato a 568 morti e danni per 182 miliardi di dollari. Sull’inquinamento, però, il tycoon punta il dito contro la Cina, dove le emissioni di anidride carbonica sono diminuite dell’1,6% su base annua nel primo trimestre del 2025, il primo calo dovuto all’energia pulita nonostante la crescente domanda, come analizzato da Carbon Brief. Il discorso pronunciato dal presidente Usa fa acqua da tutte le parti. A iniziare dal focus principale, quello del negazionismo nei confronti del cambiamento climatico che Trump ha sempre abbracciato, magari manifestandolo con più o meno veemenza a seconda della convenienza politica ed economica. C’è poco da contestare. A parlare ci sono i dati, gli studi, gli scienziati.
Mercalli: “L’Accademia delle Scienze Usa smentisce Trump” – “Se queste parole non avessero conseguenze e non ci fosse da piangere, certamente verrebbe da ridere. Ma quella di Trump resta l’opinione di una persona che non è addetta ai lavori. Non è uno scienziato”, spiega a ilfattoquotidiano.it Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, parte della Società meteorologica europea che negli anni ha già prodotto diversi documenti, prendendo posizione sul cambiamento climatico, come tutte le grandi accademie scientifiche del mondo. Mercalli ricorda, invece, che solo pochi giorni fa l’Accademia delle Scienze ha pubblicato un rapporto nel quale si sostiene che il cambiamento climatico è “causato dalle emissioni prodotte dalle attività umane e dalla combustione dei materiali fossili”. Nel report si sostiene che le prove che il cambiamento climatico danneggi la salute pubblica vanno “al di là della controversia scientifica”. “Vale più un rapporto della Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, che è di una delle strutture più autorevoli al mondo o la parola di un presidente degli Stati Uniti che non ha alcun appoggio scientifico? Trump non ha fornito nessun dato a sostegno della sua opinione” commenta Mercalli. Ma quello dell’Accademia Usa non è certo l’unico studio. Ci sono quelli del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico. A quello del 2018, ormai passato alla storia, lavorarono per due anni 91 ricercatori, provenienti da 44 Paesi, esaminando seimila studi in materia e valutando 42mila recensioni di colleghi e governi. La conclusione? Quattro i percorsi possibili per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi. Tutti e quattro prevedevano la riduzione della quantità di gas serra nell’atmosfera prodotto dall’uomo.
L’affondo sulla Cina, che dimentica emissione storiche e quelle pro capite – Nel suo discorso Trump punta anche il dito contro la Cina, parlando di inquinamento. “Trump dimentica che la Cina è oggi il Paese che emette di più al mondo, ma non lo è se si considerano le emissioni pro capite e non è neppure il principale emettitore storico” spiega Mercalli. I dati: la Cina emette oltre 12 miliardi di tonnellate di anidride carbonica l’anno, ma è considerata la manifattura del mondo e, soprattutto, conta oltre un miliardo di abitanti . Significa che, rispetto alle emissioni pro capite, a guidare la classifica sono Arabia Saudita, Stati Uniti, Russia e Canada. Negli Stati Uniti ogni abitante emette oltre 14 tonnellate, mentre uno cinese si ferma a 8,8 tonnellate (5,4 il dato italiano). “E poi la Cina sta migliorando, mentre Trump ha bloccato tutti i finanziamenti sull’energia rinnovabile in questi ultimi mesi” aggiunge Mercalli. Nei primi tre mesi del 2025, la Cina è riuscita a ridurre le sue emissioni di Co2 dell’1,6%, nonostante un consumo energetico cresciuto del 2,5%. “Oltre a migliorare in casa, con le auto elettriche a basso costo e i pannelli solari, Pechino sta sostituendo tutti i mercati occidentali. Prendendosi la leadership non solo della lotta al cambiamento climatico, ma anche quella tecnologica” sottolinea Mercalli.
La corsa di Pechino – Nel 2024, Pechino ha installato 357 gigawatt di energia eolica e solare, superando l’obiettivo del 2030 con sei anni di anticipo. Oltre il 61% dei nuovi impianti solari fotovoltaici e quasi il 70% delle nuove installazioni eoliche dello scorso anno si sono verificati in Cina. L’eolico offshore è cresciuto da circa 5 gigawatt nel 2018 a 42,7 nel 2025, ovvero il 50% della capacità globale, come stimato da Global Energy Monitor. Eppure Trump spara a zero: “L’effetto primario delle politiche verdi è stato quello di ridistribuire la produzione dai paesi sviluppati ai paesi inquinanti che infrangono le regole”, ha detto ricordando che gli Stati Uniti, grazie a lui, sono “usciti dal fake accordo di Parigi”. “La grande industria pesante europea e tutta la manifattura è stata data ai paesi asiatici soprattutto per il basso costo della manodopera. E questo era un fenomeno già presente prima, dall’inizio dei anni duemila. Che ha avuto i suoi effetti anche nelle produzioni legate alle politiche verdi” ribatte Mercalli.
Il “fake” Accordo di Parigi – E sull’Accordo di Parigi, non ci sta Laurence Tubiana, direttrice della European Climate Foundation. Oltre ad essere l’inviata speciale per l’Europa alla Cop30, che si terrà in Brasile a novembre 2025, è considerata uno degli ‘architetti’ dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015, tanto bistrattato da Trump che già ne aveva fatto uscire gli Usa nel 2017 e oggi vuole bissare. “Quasi tutti i governi del mondo riconoscono che il cambiamento climatico non è una bufala, ma una sfida decisiva e che le energie rinnovabili non sono un lusso ma la spina dorsale della prosperità futura. Ecco perché – ha commentato Tubiana – anche in tempi di conflitti e pressioni economiche, i Paesi stanno lavorando per accelerare l’azione per il clima. Fingere il contrario è semplicemente negare la realtà”.
A cosa stanno portando le politiche di Trump – Il presidente degli Stati Uniti si è anche vantato dei prezzi bassi e in calo dell’elettricità, dovuti al ridimensionamento delle politiche sulle energie pulite. Contrariamente a questa affermazione, però, le bollette elettriche domestiche sono aumentate del 10% a livello nazionale da quando Trump è entrato in carica e, secondo l’organizzazione Climate Power, sono destinate a salire ulteriormente. D’altronde è l’Agenzia internazionale dell’Energia a dire che il 96% delle nuove energie rinnovabili costa meno da generare rispetto al carbone o al gas e che il 75% dei nuovi impianti eolici e solari fotovoltaici è più economico rispetto al carbone, al gas e al petrolio esistenti. Eppure per Trump, non è dato sapere in base a quali dati, la scelta giusta è quella di riesumare l’industria del carbone e ha esortato il Regno Unito ad espandere le trivellazioni di petrolio e gas, sostenendo che “hanno ancora un’enorme quantità di petrolio”. Tutto il resto è racchiuso in mille e una iniziative intraprese dal tycoon da gennaio 2025 . Dallo smantellamento di incentivi fiscali per le energie rinnovabili agli ordini esecutivi firmati in regalo alle lobby del fossile. Secondo Carbon Brief, lo smantellamento della politica climatica da parte di Trump porterà gli Stati Uniti ad emettere altri 7 miliardi di tonnellate di gas serra da qui al 2030. E, stando alle stime dell’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) sul costo sociale del carbonio, danni climatici globali per un valore di oltre 1,6 trilioni di dollari.
La lezioncina all’Europa – Ma Trump va dritto e vuole dare anche una lezione all’Europa, il giorno dopo il discorso pronunciato dalla presidente della Commissione Ue al Global Renewables Summit di New York. Un discorso durante il quale proprio Ursula von der Leyen – accusata da più parti di aver fatto diversi dietrofront sul Green Deal – ha ricordato che “l’energia solare è ora più economica del 41% rispetto all’alternativa fossile più economica”. “Amo l’Europa, ma odio vedere l’Europa devastata dall’energia e dall’immigrazione” ha detto Trump, parlando di “brutali politiche energetiche verdi”. “Oggi l’Europa ha fatto una grossa retromarcia sulle politiche green, perché l’obiettivo principale è la corsa agli armamenti e Ursula von Der Leyen si è accorta che sta perdendo consenso, ma fino a poco tempo fa eravamo all’avanguardia” commenta Mercalli. “Vorrei però ricordare che gli Stati Uniti hanno avuto una parte importantissima nella ricerca scientifica sul clima – aggiunge – e tuttora hanno alcuni degli istituti di ricerca più prestigiosi al mondo. Mi aspetto che i colleghi americani che studiano questi argomenti facciano sentire la loro voce. Le leggi fisiche non aspettano i capricci dell’umanità. Le emissioni di 200 anni stanno già lavorando, portandoci circa 1,4 gradi Celsius in più rispetto al periodo preindustriali e tanti eventi estremi in più, come quelli che ha vissuto l’Italia in questi giorni. Che non esiste il cambiamento climatico Trump lo vada a dire, per esempio, a chi a Monza o a Meda si è ritrovato con la cantina piena di fango”.