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Quanto conta il riconoscimento dello Stato palestinese, senza mosse concrete

I governi devono individuare azioni mirate ed efficaci che modifichino la realtà delle cose. Non imitare i cittadini per non farli arrabbiare
Quanto conta il riconoscimento dello Stato palestinese, senza mosse concrete
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A quanto pare, è finito il tempo dell’attesa, il tempo del voyeurismo impotente, che scrolla quotidianamente le immagini dei massacri di Gaza sui social, tra un bambino rachitico e uno massacrato dai razzi, facendo spallucce. Le opinioni pubbliche si sono svegliate. Le persone comuni, i cittadini avvertono un profondo moto di solidarietà e di empatia nei confronti del martoriato popolo palestinese e chiedono ai loro governi di agire. Basta guardare la rilevanza dello sciopero che ieri ha mosso l’Italia. Così i governi si sono resi conto che è arrivato il momento di muoversi e cercano di mostrarsi risoluti. Alcuni almeno.

Molti Paesi occidentali, a partire da Francia, Regno Unito, Canada, Australia, Portogallo, ma ne stanno seguendo parecchi altri, hanno deciso di riconoscere lo Stato Palestinese, che comunque era già riconosciuto da 151 Paesi dell’Onu su 193. Apparentemente si tratta di un’iniziativa forte, che s’immagina debba cambiare gli esiti di quello che sta accadendo a Gaza e che vivono quotidianamente milioni di palestinesi, ma purtroppo così non è. Israele, infatti, nella teoria ha sempre simulato di accettare l’idea dei 2 Stati, ma é nella pratica che l’ha sempre disattesa, a partire dagli insediamenti illegali dei coloni nei territori palestinesi occupati, dall’ occupazione militare, dai posti di blocco, dalle incursioni israeliane e dalle condizioni di apartheid in cui di fatto vivono i palestinesi.

Adesso le cose sono cambiate, perché Israele non accetta più nemmeno nominalmente la creazione dei due Stati ma anzi utilizza i riconoscimenti in arrivo come un alibi per alzare la posta e dichiarare l’intenzione di occupare tutta la Cisgiordania, oltre all’occupazione dell’intera Striscia che di fatto ha già messo in atto. E gli Stati Uniti supportano ed avallano questa posizione nell’aspettativa di trarne ingenti benefici economici, vedi alla voce Riviera di Gaza, come candidamente ha affermato il ministro delle Finanze Smotrich che sa bene come prendere Trump per la gola.

Il riconoscimento dello Stato palestinese, se non seguono mosse concrete come sanzioni economiche e l’embargo alla vendita di armi ad Israele, rischia di essere una mossa fine a se stessa, fatta più per andare incontro all’opinione pubblica, tentando di blandirne, i malumori che non per intervenire davvero nel conflitto.

I cittadini devono e possono agire in maniera simbolica per smuovere i governi, ma i governi devono invece individuare azioni mirate ed efficaci che modifichino la realtà delle cose. Non imitare i cittadini per non farli arrabbiare.
Agire concretamente significa fare ad esempio quello che sta facendo la Spagna che ha annunciato che vieterà la vendita e l’acquisto di armi da Israele, l’uso di porti o aeroporti spagnoli per il transito di qualsiasi carico che possa riguardare la guerra a Gaza, compreso il carburante, e che non importerà più prodotti che provengono dai territori palestinesi occupati.

Il governo italiano dice che non intende riconoscere uno Stato Palestinese prima che sia davvero costituito. Bene, allora intanto, affinché possa almeno esistere una possibilità che esso si costituisca, potrebbe cominciare con la sospensione dei rapporti commerciali e con l’interruzione della vendita e dell’acquisto di armi da Israele. In quel caso la posticipazione del riconoscimento diventerebbe anche comprensibile.

Il ministro degli Esteri italiano sostiene che il riconoscimento dello Stato palestinese sia un favore ad Hamas, in realtà il rischio maggiore è che un riconoscimento solo su carta, non accompagnato da iniziative concrete, rischi di essere un favore invece alle mire espansionistiche d’Israele.

Pensate il paradosso.

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