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L’Islanda che non ti aspetti: l’arcipelago segreto tra puffin e vulcani. La nostra guida

Alla scoperta di Heimaey e dell'arcipelago vulcanico di Vestmannaeyjar, paradiso naturale islandese per l'avvistamento dei puffin

Testo di Elena Bittante
L’Islanda che non ti aspetti: l’arcipelago segreto tra puffin e vulcani. La nostra guida

Un arcipelago di 15 isole, 30 scogli e una manciata di faraglioni spunta dalle acque impetuose dell’Atlantico settentrionale al largo della costa islandese, distante dalle classiche rotte turistiche. Una bellissima coreografia di rocce vulcaniche, vertigini di basalto vellutate da erba verdissima. Una sola è abitata, ma tutte sono l’habitat di milioni di puffins che le scelgono per nidificare. Ore 01.45 del 23 gennaio 1973. Un’enorme fessura squarciò Heimaey, “l’isola della casa”, la più grande di questa costellazione a sud dell’Islanda. In questo Paese tutto è in divenire, e non fanno eccezione le Vestmannaeyjar, stessa genesi ribelle dell’isola madre.

Terre inquiete in preda agli elementi, e di grande resilienza umana, capaci di vivere il presente con spensieratezza e strategia, costruendo la maggior parte delle case prefabbricate ma senza rinunciare ai comfort e alle jacuzzi con acqua geotermale. Il mondo “crolla” e loro si spostano, stoici e nomadi per natura e necessità, spalleggiati da previsioni scientifiche e, talvolta, da un pizzico di fortuna. Questo fu il caso di Heimaey: al risveglio dell’allora sconosciuto Vulcano Eldfell, tutti gli abitanti riuscirono a mettersi in salvo abbandonando tempestivamente l’isola grazie ad un’incredibile coincidenza. Quella notte era presente l’intera flotta di pescatori attraccata al porto, a causa delle tempeste dei giorni precedenti. La natura, si sa, è madre e matrigna, per tutto il resto c’è il lavoro instancabile degli uomini.

L’iracondo eruttò violentemente distruggendo gran parte delle case e delle infrastrutture, ci vollero anni per sgomberare le strade e ricostruire le abitazioni, nonostante centinaia di edifici riposino ancora sotto metri di roccia in una simbiosi eterna con l’isola. Il cataclisma cambiò per sempre il profilo di Heimaey modificando il paesaggio con incredibili concrezioni e un’ampia e lunga striscia di terra che venne ottimizzata per la costruzione della pista aeroportuale, la quale migliorò i servizi e incentivò il turismo, dando la possibilità di raggiungere più velocemente l’arcipelago. Quella del 1973 fu solo l’ultimo brontolio di queste isole che ebbero origine da vulcani sottomarini circa 11.000 anni fa, fatta eccezione per l’ultima sorella, la più giovane e remota dell’arcipelago, ad una quarantina di chilometri dall’isola della casa: Surtsey, emersa dai bollori della terra tra le gelide acque dell’oceano nel 1963. Impossibile raggiungerla in quanto è accessibile solo ai ricercatori scientifici, un’isola “che non c’è” ma che per la sua unicità è stata dichiarata patrimonio dell’UNESCO nel 2008.

Restano le altre terre da scoprire, partendo sempre dall’isola principale di Heimaey poiché le più piccole (alcune poco più che scogli) è possibile ammirarle dalla costa oppure partecipando a dei tour in barca. Si può arrivare a Vestmannaeyjar dall’aeroporto internazionale di Keflavik, situato nella periferia della capitale Reykjavík, in alternativa via mare, con i traghetti del servizio pubblico Vestmannaeyjaferjan Herjólfur – Westman Island ferry che salpano dal molo di Landeyjahöfn, oppure dalla cittadina di Þorlákshöfn, minuscole località situate lungo la costa meridionale dell’Islanda. La prima è la traversata più veloce (35 minuti di navigazione, attiva nei mesi estivi e con il bel tempo), mentre la seconda è la più lunga (3 ore di navigazione, attiva in inverno e in condizioni di mare agitato anche durante la stagione estiva), entrambe raggiungono il porto turistico di Heimaey.

Heimaey, “l’isola della casa”

Tutta la vita di Heimaey è racchiusa nella sua cittadina, circondata da una fortezza di basalto. Proprio nel centro urbano corre un ricciolo di lava cristallizzata, quasi a ricordarne l’impermanenza, tra le allegre casette colorate, per la maggior parte prefabbricate. 4.000 anime e la serenità di una comunità abituata agli imprevisti, non solo magmatici ma soprattutto meteorologici: nelle giornate di nebbie, tempeste e burrasche, gli aerei non decollano e i traghetti non salpano. Si può solo attendere il buon tempo, la prima regola di questa scuola di vita insulare dove ci si adatta alle situazioni e si forgia la pazienza. Per approfondire la storia dell’isola merita una visita il piccolo Folk Museum of Vestmannaeyjar, situato all’interno della biblioteca, un vero e proprio almanacco della città che racconta il passato, dall’antichità all’eruzione del’73 attraverso pannelli ed inedite fotografie. Scoprirete anche l’origine del nome:“Vestmannaeyjar”, che deriva da “isole degli uomini dell’Ovest”, ovvero “degli Irlandesi”. Secondo la leggenda, i primi coloni a stabilirsi in Islanda furono i membri della famiglia di Ingólfr Arnarson, accompagnati da due schiavi irlandesi. Al tempo dei vichinghi, l’Irlanda era considerata la terra più ad ovest del mondo conosciuto (superata poi dalla stessa Islanda), fu proprio per nozioni geografiche e sanguinosi intrighi che si deve il toponimo: i due ribelli in catene assassinarono il fratellastro di Arnarson per poi fuggire e tentare di nascondersi proprio su queste isole, al tempo ignote. Ma la furia di Arnarson fu tale da raggiungerli e ucciderli. Per questa ragione le isole vennero chiamate “Vestmann”, in riferimento a quegli uomini dell’ovest che qui trovarono la morte per mano dell’implacabile vendetta norrena.

Oltre alle suggestioni della storia, l’isola rivela incredibili meraviglie naturali, un paradiso per gli amanti del trekking e per gli appassionati di birdwatching grazie alla concentrazione dei pulcinella di mare o puffins che qui arrivano a 10 milioni di esemplari. Si tratta dei simpatici pennuti bianchi e neri dall’inconfondibile becco arancione e dall’espressione dolce, simbolo non solo delle isole ma di tutta l’Islanda. Ma prima di andare all’avventura, merita una visita in città, che nei secoli fu teatro di scorribande vichinghe e dei popoli che la conquistarono e depredarono, compresi i pirati algerini che nel 1627 colonizzarono l’arcipelago uccidendo 36 persone e deportandone 237 come schiavi. Gli inglesi la razziarono nel XV secolo e costruirono il Forte di Skansinn per difendere il porto, il quale venne inghiottito dalla lava nel 1973. In parte ricostruito, resta il punto storico più importante dell’isola che conserva ancora i resti degli antichi serbatoi d’acqua, la minuscola casa in legno di Landlyst, un tempo clinica ostetrica, e a poca distanza, la suggestiva chiesetta nera di Stafkirkjan, dal caratteristico tetto in bitume, donata all’isola dal governo norvegese per celebrare i 1.000 anni dalla conversione al cristianesimo. Da questo punto d’interesse è possibile raggiungere a piedi Eldfellshraun, ovvero i “campi di lava dell’Edfell”, dove si snodano bei percorsi escursionistici a ridosso della città che arrivano al “cimitero delle case”, altresì noto come “Pompei del Nord”, uno scavo che ha portato alla luce dieci delle centinaia di case ancora sepolte dalla colata del ‘73.

Escursioni a nord di Heimaey

Partendo dalla cittadina di Heimaey potete raggiungere il vicino punto di osservazione Flakkarinn Scenic Overlook, che affaccia sul fiordo del porto, il quale ospita anche il Santuario delle Belughe in un’insenatura distante dalle rotte delle imbarcazioni. Qui le balene beluga trovano un habitat sicuro e naturale, monitorato dall’attento lavoro dei ricercatori del SEA LIFE TRUST (il centro visite dell’associazione si trova in città e merita una visita). Da qui potrete ammirare anche le vertigini di roccia del maestoso Heimaklettur, la cima più alta, raggiungibile attraverso un avventuroso sentiero che sfida le pendenze tanto che nei punti più impervi sono state installate delle scale a pioli verticali. Per chi non soffre di vertigini, potrete raggiungere i 283 metri di altezza, e un gruppetto di temerarie pecore che abitano la montagna. Questa escursione è indicata alle persone più allenate, e prima di effettuarla, vanno sempre consultate le previsioni meteo poiché il vento e le nuvole potrebbero creare delle situazioni di pericolo. Sempre lungo il versante settentrionale dell’isola spazia il Klif, il nome che accomuna due montagne che disegnano quest’area: Stóra-Klif e Litla-Klif, rispettivamente “Grande scogliera” e “Piccola scogliera”. È possibile raggiungere la cima di Stóra-Klif seguendo un itinerario che si inerpica, anche in questo caso è necessario fare molta attenzione alle condizioni meteo, ed è indicato a chi ha un buon allenamento.

Escursioni sui vulcani, case vichinghe e avvistamenti di pulcinelle

Gli itinerari che si inerpicano sulle alture ancora attive dell’isola sono paradossalmente i più semplici. È possibile percorrere con facilità il sentiero che costeggia la parte settentrionale del Vulcano Eldfell, la “Montagna di fuoco” alta 221 metri responsabile dell’ultima eruzione. Fate solo attenzione a seguire il tracciato segnato per mantenere intatto il terreno (si tratta di una terra “giovane” da salvaguardare dall’erosione), e ammirate i magnifici paesaggi sulla cittadina, sul porto e sulle alture settentrionali che li incorniciano. Altrettanto suggestivo e non particolarmente impegnativo il sentiero che conduce al vicino Vulcano Helgafell, con partenza dal campo di calcio situato lungo la strada che porta all’aeroporto. L’ultima attività magmatica avvenne dall’alto dei suoi 226 metri 5.000 anni fa, per questa ragione il terreno è ricoperto da un tappeto di erba folta e soffice, a differenza della terra brulla e rossastra del vicino.

Altra escursione che regala paesaggi straordinari è la via che parte da Herjólfsdalur. Si narra che questa località ai piedi del Klif fu il primo insediamento dell’isola poiché sono stati portati alla luce dei resti di un’antichissima casa vichinga. Nello stesso luogo oggi sorge la ricostruzione, con il tipico tetto in torba, e ospita il Museo vichingo di Herjólfstown che omaggia Herjólfur Bárðarson, il primo abitante di Vestmannaeyjar, da cui prende il nome la valle. In questa landa verdissima si trova anche un esclusivo campo da golf, per attimi di relax. Se non intendete interrompere il passo per fare qualche buca, seguite il sentiero che costeggia l’area sportiva e prosegue lungo la panoramica costa occidentale, la quale offre una vista spettacolare sull’oceano e sulle altre isole dell’arcipelago, ma non prima di aver ammirato l’Elephant Rock alle vostre spalle, una parete rocciosa di basalto che ricorda la testa di un pachiderma che si abbevera nelle acque dell’oceano, uno dei punti fotografici più popolari di Vestmannaeyjar. Tutta la parte ovest dell’isola è disegnata da scogliere laviche, grotte e insenature, fantasie di roccia bruna che ospitano tantissimi nidi dei pulcinella di mare. Durante “Puffing season”, si può ammirare (e partecipare) al rilascio di tantissimi cuccioli che si smarriscono a causa delle luci artificiali, e vengono salvati dagli abitanti dell’isola che li raccolgono e li curano, per poi liberarli. Questa pratica è molto diffusa soprattutto nei mesi estivi ma anche durante le prime settimane d’autunno, e testimonia la grande cura e salvaguardia da parte degli abitanti nei confronti di questi straordinari animali.

La penisola di Stórhöfði, il punto più a sud dell’isola

Un altro punto di osservazione da non perdere per ammirare i puffins, considerato uno dei più belli di tutta l’Islanda, è situato sulla ventosa Penisola di Stórhöfði, la propaggine più meridionale dell’isola ritenuta la loro casa: qui è possibile avvistarne a centinaia appollaiati sui verdi pendii o che spiccano il volo nel vibrante battito d’ali, più simili a grossi calabroni che a eleganti volatili, il che contribuisce a renderli ancora più buffi e adorabili. In caso di pioggia battente (capita molto spesso alle Vestmannaeyjar), è possibile avvicinarsi senza disturbare sostando all’interno del rifugio per il birdwatching di Storhöfði. Se il meteo lo consente, da non perdere l’itinerario che conduce al faro: da qui avrete un magnifico belvedere sulle isole a sud e sull’orizzonte infinito dell’oceano, immaginando l’isola di Surtsey (per saperne di più, potete visitare l’Eldheimar Museum). In alternativa, per ammirare più da vicino le isole minori dell’arcipelago, è possibile partecipare ai tour in barca organizzati da Rib Safari e Viking Tours i quali offrono delle belle escursioni by boat. Qualunque sia il modo per scoprire l’arcipelago di Vestmannaeyjar, svelerete un piccolo mondo a parte, spazzato dal vento, spesso avvolto dalle nuvole dell’Atlantico. Un meteo capriccioso, come la sua natura geologica, isole in balia della natura ma allo stesso tempo resilienti, satelliti di un’isola madre che non smette mai di stupire.

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