C’è una svolta nell’inchiesta sul tentativo di ricatto subito dall’attore Raoul Bova. Nell’ambito dell’indagine sugli audio rubati all’attore, la Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati il pr Federico Monzino, il 29enne imprenditore milanese con quasi un milione di follower che ha ammesso di aver mostrato/inviato involontariamente a Fabrizio Corona le chat tra l’attore e la modella influencer Martina Ceretti. Nel procedimento si ipotizza il reato di tentata estorsione.
Proprio martedì 16 settembre Bova è stato sentito a piazzale Clodio dai pm come parte offesa sul caso. Gli audio, diffusi senza consenso e su cui è intervenuto il Garante della privacy, riguardano una conversazione privata via chat tra l’attore e una modella. Il contenuto è stato successivamente rilanciato sui social. La vicenda era iniziata quando sul telefono dell’attore era arrivato un messaggio da un numero sconosciuto in cui un mittente ignoto lo aveva avvisato che gli audio potevano essere diffuse per danneggiarlo.
Su mandato dei pm nelle scorse settimane il cellulare di Monzino era stato sequestrato dagli investigatori. L’attore aveva denunciato il fatto dopo aver ricevuto un messaggio da un numero sconosciuto che minacciava di pubblicare il materiale. L’attore, che a Verissimo ha detto: “La violenza che ho visto sui social mi ha fatto male. Vado in giro a testa alta”, è assistito dal legale David Leggi.
Monzino, attraverso le parole dei suoi legali, si difese dai sospetti, ma dagli ultimi sviluppi investigativi sarebbero emersi elementi a suo sfavore. La modella, a cui Bova aveva mandato gli audio privati, aveva ammesso di aver inoltrato quei file al suo amico Monzino. Il pr quando è stato sentito aveva anche specificato agli investigatori di aver condiviso con Ceretti, almeno in un primo momento, la decisione di cedere gli audio a Corona affinché “Martina potesse diventare famosa”.
Resta poi da capire a chi appartenga il numero spagnolo da cui sarebbero arrivati i messaggi di ricatto all’attore, che intanto aveva sporto denuncia. Gli investigatori hanno tra le mani i contenuti del cellulare di Monzino e della stessa Ceretti, così come hanno incrociato le date con trasferimenti di dati, app e conversazioni che presumibilmente hanno portato ad iscrivere il pr nel registro degli indagati.