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Nordio alla presentazione della serie sul caso Tortora: “Ho sbagliato anche io da pm mandando innocenti in carcere”

Il ministro della Giustizia parla dalla Mostra del Cinema di Venezia, dove ha assistito alla proiezione delle prime due puntate di “Portobello” di Marco Bellocchio
Nordio alla presentazione della serie sul caso Tortora: “Ho sbagliato anche io da pm mandando innocenti in carcere”
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Accade anche a un pubblico ministero, non solo all’assassino, di tornare sul luogo del delitto. Il magistrato in questione, in pensione da sette anni, è Carlo Nordio, che ha chiuso la carriera da procuratore aggiunto di Venezia ed è oggi ministro della Giustizia nel governo Meloni. In Laguna ci torna spesso, ma in questo caso lo ha fatto alla Mostra del Cinema, dove ha assistito alla proiezione delle prime due puntate di “Portobello” la serie televisiva girata da Marco Bellocchio che racconta il dramma giudiziario del presentatore Enzo Tortora, incarcerato e accusato ingiustamente nel 1983 di aver fatto parte di un’organizzazione per delinquere dedita allo spaccio di droga.

Nordio non ha saputo resistere alla ghiotta occasione per discettare di giustizia e ingiusta detenzione, in parte ammettendo che tutti i magistrati possono sbagliare, in parte elogiando la propria riforma della giustizia che, secondo il suo modo di vedere, metterebbe fine agli errori giudiziari o almeno ne limiterebbe la possibilità. Gli ex colleghi che sbagliano incarcerando gli innocenti (e lui stesso ammette di averlo fatto) dovrebbero “cambiare mestiere”. Dopo quarant’anni di carriera Nordio è diventato Guardasigilli e così distribuisce il suo pensiero in pillole su come risolvere i problemi della giustizia, assicurando che tra un anno, con la riforma, anche la pianta organica dei magistrati, da sempre in deficit, verrà completata.

Le indagini? “Frettolose”

Nordio prende spunto dalla “fedele ricostruzione di una vicenda estremamente dolorosa che dovrebbe farci riflettere sulla carcerazione preventiva, sul fatto che molte persone entrano in carcere salvo poi essere riconosciute innocenti, che una parte della nostra popolazione carceraria cospicua è in attesa di giudizio, che molte indagini vengono fatte frettolosamente e quando vengono riparati i danni nessuno riparerà il dolore e i costi che sono stati fatti subire”. Non propriamente elogiativa della giustizia, che coinvolge anche lui. “Io stesso come magistrato, operando qui a Venezia, sicuramente avrò qualche volta errato mandando in prigione delle persone che poi sono state dichiarate innocenti perché l’errore giudiziario è fisiologico nella professione del pubblico ministero; però non l’accanimento, non il pregiudizio e non la cattiva fede che è stata dimostrata in questo film da parte di alcuni magistrati e se non è cattiva fede, è stata ottusità”. Nordio ha ammesso in passato che il suicidio di un suo indagato, risalente agli Anni novanta, gli fece cambiare opinione sulla separazione delle carriere. Nella stessa inchiesta per lo scandalo Mose, che nel 2014 decapitò la classe politica veneta, si verificarono alcuni errori giudiziari. Un dirigente della Regione Veneto venne arrestato per corruzione, risultò estraneo ai fatti e venne rimborsato con 20mila euro per ingiusta detenzione.

“Un collegio di giudici per gli arresti”

Dal passato al presente, il ministro elogia la propria riforma della giustizia. “Tra un anno entrerà in vigore la riforma che abbiamo voluto noi, che è già legge, ma che entrerà in vigore nell’agosto del 2026, quando la magistratura sarà ad organico pieno, per cui si può essere incarcerati soltanto con un’ordinanza collegiale, cioè con un’ordinanza emessa da tre giudici e non da un solo giudice come adesso”. Non cita i casi concreti, ma è probabile che possa riferirsi alle indagini di Milano sugli affari legati allo sviluppo urbanistico, visto che il tribunale del Riesame ha revocato i provvedimenti restrittivi ai domiciliari per una mezza dozzina di indagati. “Se questa legge fosse già entrata in vigore, per esempio, anche altri provvedimenti cautelari anche recenti, non sarebbero avvenuti”. Legge il caso Tortora come uno dei motivi che quasi quarant’anni fa fece riformare il sistema inquirente. “Il codice di procedura penale venne cambiato, entrando in vigore il codice accusatorio, che però è stato demolito, travisato, integrato e in parte anche imbastardito da tutta una serie di riforme che lo hanno snaturato. Il nostro progetto adesso, dopo la riforma costituzionale e il presumibile referendum, sarà quello di riportare il codice di procedura penale alle sue origini, che sono quelle garantiste, volute da Giuliano Vassalli, tra l’altro eroe della resistenza, quindi non sospettabile di autoritarismo”.

“Chi sbaglia cambi mestiere”

Ai giornalisti che gli chiedevano se un magistrato dovrebbe pagare economicamente per i propri errori, il Guardasiglli ha risposto: “No, è difficile dire che un magistrato possa pagare pecuniariamente per i propri errori, anche perché sono tutti assicurati. Il magistrato che sbaglia perché non conosce le leggi o perché non conosce le carte, che sono i due momenti fondamentali del processo, o perché, ripeto, per ottusità preconcetta manda in prigione degli innocenti, è inutile pensare che possa pagare con il portafoglio. Deve pagare con la carriera, deve cambiare mestiere”. In una delle inchieste che gli diedero notorietà, le “coop rosse” e il sistema di finanziamento del Pci-Pds, Nordio si dimenticò per quattro anni in ufficio a Venezia le carte con la richiesta di archiviazione per Achille Occhetto e Massimo D’Alema, che avrebbe dovuto spedire a Roma. Per questo subì una condanna a risarcire i due politici per quella dimenticanza.

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