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Viaggiare è diventato il nuovo consumismo. E intanto a rimetterci è l’ambiente, e parecchio

Che almeno chi viaggia frequentemente per puro piacere personale avverta l’esigenza di compensare in parte il danno prodotto
Viaggiare è diventato il nuovo consumismo. E intanto a rimetterci è l’ambiente, e parecchio
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di Francesco Della Corte

Anche oggi hanno volato oltre 250mila aerei nel mondo. Anche quest’anno il picco del numero dei voli sarà ad agosto, dunque condizionato dagli spostamenti a scopo turistico. A dispetto della difficile fase economica, dei prezzi che aumentano, delle guerre in corso, la spesa per il trasporto aereo continua a crescere, anche in Italia.

La ricchezza che esportiamo verso le mete straniere è cresciuta in pochi anni ed oggi supera i 30 miliardi di euro all’anno. Senza contare gli spostamenti travestiti da trasferte di lavoro, leggasi meeting o imperdibili conferenze ai quattro angoli del globo. Tutto bene? Non ne sono convinto.

Abbiamo idea di quanto carburante occorre per portare un aereo dal decollo alla quota di crociera? Di quali e quante porcherie riversano in atmosfera i suoi motori?

Il punto è che da alcuni decenni ci stanno convincendo che viaggiare è una figata. Decine di trasmissioni televisive, riviste specializzate, pubblicità, fanno a gara a farci desiderare di visitare città d’arte o luoghi ricchi di bellezze naturali, ma anche del tutto anonimi, cattedrali nel deserto, sedi del nuovo pseudo-rinascimento. Non ci si rende conto che si tratta dell’ennesima forma di consumismo travestito da cultura, con l’aggravante però di un impatto ambientale gigantesco.

Viaggiare dovrebbe essere soprattutto arricchimento culturale, bisognerebbe tornare migliorati da un viaggio in un altro continente. Se fosse così, dovremmo almeno vederne gli effetti: più apertura nei riguardi di altre culture, più consapevolezza della necessità di preservare il pianeta, più voglia di approfondire, studiare. In verità non percepisco nulla di tutto ciò. Vedo invece che, nel migliore dei casi, i turisti tornano esattamente come sono partiti, e appena atterrati archiviano tutto e già pensano al prossimo viaggio.

Cosa gli è rimasto di quello appena concluso? In cosa sono cambiati? Un’altra bandierina sul mappamondo, un’altra storia da pubblicare sul profilo social, e via. La verità è che, nella maggioranza dei casi, viaggiare a lunga distanza è un piacevole passatempo alla moda, che nulla ha a che fare con una reale crescita interiore, mentre si bruciano 12.000 litri di carburante ogni mille chilometri percorsi. Per qualcuno, poi, è un grande business.

Che almeno chi viaggia frequentemente per puro piacere personale avverta l’esigenza di compensare in parte il danno prodotto all’ambiente, che, ricordiamolo, è di tutti. Magari, chessò, investendo i soldi del prossimo viaggio nell’installazione di un impianto fotovoltaico.

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