Crime

“Non è il figlio di Stefano Mele ma di Vinci”: svolta nelle indagini sul Mostro di Firenze, il Dna svela l’identità del vero padre di Natalino

Il bambino che nel 1969 scampò ai colpi di pistola che uccisero sua madre e l'amante non è figlio di Stefano Mele, il marito della vittima condannato per il duplice omicidio. Il colpo di scena grazie al genetista Ugo Ricci, lo stesso coinvolto anche nel caso di Garlasco

di Emanuele Corbo
“Non è il figlio di Stefano Mele ma di Vinci”: svolta nelle indagini sul Mostro di Firenze, il Dna svela l’identità del vero padre di Natalino

Natalino non è figlio di Stefano Mele. Un colpo di scena che, sebbene sembri uscito da una serie tv, è in realtà frutto di un accertamento genetico disposto dalla procura. Il piccolo che nell’estate del 1968, all’età di 6 anni e mezzo, scampò ai colpi dell’assassino che ammazzò Barbara Locci, sua madre, e l’amante Antonio Lo Bianco nel primo delitto attribuito al cosiddetto “mostro di Firenze”, non è figlio di Mele, il manovale marito della vittima che invece venne condannato per il duplice omicidio. Il genitore biologico è Giovanni Vinci, fratello maggiore di Francesco e Salvatore.

Come riporta La Nazione, Giovanni, pur essendo membro di quel “clan” di sardi entrato nel mirino delle indagini dal 1982 prima con l’arresto di Francesco e poi con i sospetti su Salvatore, non è mai stato toccato dall’inchiesta sull’autore degli otto duplici omicidi che hanno terrorizzato le colline intorno a Firenze fino al 1985. Ad ogni modo Giovanni Vinci non potrà fornire alcun chiarimento in quanto morto da anni.

Nel frattempo diverse domande restano senza risposta. Una su tutte: l’assassino sapeva chi fosse il padre del bambino? Nei giorni scorsi Natalino ha avuto la notifica dalla procura e non nasconde il proprio stupore: “Quest’uomo non l’ho mai neanche conosciuto” spiega ai microfoni del quotidiano. Ad arrivare a tale verità è stato il genetista Ugo Ricci, specialista di cold case già noto in quanto è stato proprio lui a trovare, nel caso di Garlasco, il Dna di Andrea Sempio sulle unghie di Chiara Poggi.

Risale invece al 2018 l’intuizione investigativa. Nell’inchiesta – conclusasi con l’archiviazione – che ai tempi vedeva indagato l’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti, i carabinieri del Ros furono incaricati di prelevare, in segreto, due profili Dna: quello di un figlio di Salvatore Vinci e quello di Natalino. Da capire ora se e a quali eventuali sviluppi l’esito dell’esame del Dna potrebbe portare. Tra gli altri misteri ancora da risolvere relativi a quel 21 agosto 1968 c’è anche il motivo per cui Natalino, che dormiva sul sedile posteriore dell’auto in cui i due amanti vennero ammazzati, fu risparmiato, e come il piccolo arrivò, al buio, in una casa distante un chilometro per chiedere aiuto.

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