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Milano, Crosetto difende Sala: “I pm vogliono fare le leggi, sono pericolosi”. Ma FdI e Lega cavalcano l’inchiesta

Il ministro della Difesa accusa i magistrati e rivendica di essere "garantista sempre". In Consiglio comunale, però, il suo partito e il Carroccio chiedono le dimissioni della giunta
Milano, Crosetto difende Sala: “I pm vogliono fare le leggi, sono pericolosi”. Ma FdI e Lega cavalcano l’inchiesta
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“A Milano una parte della magistratura inquirente ha deciso di sostituirsi al legislatore“. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, peso massimo di Fratelli d’Italia, si schiera a difesa della giunta guidata da Giuseppe Sala, travolta dal nuovo filone d’indagine su presunti abusi urbanistici nello sviluppo edilizio in città. I pm meneghini, sostiene Crosetto, intervengono “nel campo dell’urbanistica, del fisco, del lavoro, attraverso interpretazioni normative che a me sembrano, in molte parti, lontane dalle disposizioni di legge e anzi molto pericolose“. Il ministro poi scende nello specifico: “Quello che sta avvenendo contro alcune aziende della moda e del lusso, per solo livore ideologico, è incredibile”, attacca, in un apparente riferimento all’inchiesta per caporalato sulla catena di produzione di Loro Piana. “Spesso si cercano di utilizzare queste vicende come occasione per sbarazzarsi dell’avversario di turno, perché a parti inverse si è sempre fatto così. Basta pensare a centinaia di vicende, poi concluse con l’assoluzione, che hanno portato a dimissioni e calvari politici. Per me invece questa è l’ennesima occasione per dimostrare la diversità di chi è garantista sempre, di chi cerca di capire leggendo gli atti (non fermarsi alle conferenze stampa ed ai titoli), di chi crede nei principi liberali sempre, a maggior ragione quando toccano gli avversari politici”, conclude.

Nel centrodestra di cui fa parte Crosetto, però, non tutti sembrano così attenti alle questioni di principio. Giovedì, durante la seduta del Consiglio comunale a Milano, i consiglieri di Lega e Fratelli d’Italia hanno occupato per alcuni minuti il centro dell’aula mostrando cartelli in cui si invocano le “dimissioni” del sindaco, appoggiando sui banchi scatoloni per “il trasloco di Sala”. Con il suo leader Matteo Salvini, il Carroccio era stato tra i maggiori sponsor del “salva-Milano“, la legge pensata per sanare retroattivamente gli abusi in città (poi bloccata dopo i primi arresti di marzo). Ora però i leghisti guidano la rivolta: “Noi chiediamo le dimissioni di sindaco e giunta perché Milano è da tempo bloccata, da tutti i punti di vista. Al di là di ogni problema giudiziario, che starà ad altri approfondire, il disastro è tutto politico e amministrativo. Milano merita di meglio, restituiamo parola e sovranità ai cittadini”, ha affermato il partito in una nota. Anche il capogruppo del Carroccio al Senato Massimiliano Romeo, schermandosi dietro il garantismo (“La magistratura deve accertare le eventuali responsabilità”) guarda già alle prossime elezioni. “Faccio un richiamo al centrodestra: se ci muoviamo a trovare il candidato sindaco e giochiamo meno a nascondino, forse qualche possibilità in futuro l’abbiamo per poter eventualmente cercare di giocarci la partita quando ci saranno le prossime elezioni”, dice in Aula.

Anche Fratelli d’Italia approfitta dell’onda: “È chiaro che le dimissioni di questa giunta siano l’unica seria opzione sul tavolo. Il Pd non usi il sindaco come un vaso di coccio. Si assuma le proprie responsabilità politiche e batta un colpo”, ha detto in mattinata il capogruppo in Comune Riccardo Truppo. E pure il presidente del Senato Ignazio La Russa, rispondendo ai cronisti a margine del congresso Cisl a Roma, non si tira indietro: “Sicuramente la giunta Sala si è dimostrata inadeguata a Milano. E il mio giudizio non è su questo episodio soltanto, lo dico da sempre”. Oltre a Crosetto, solo il governatore leghista della Lombardia Attilio Fontana difende il sindaco senza mezzi termini: “Io sono garantista ma non lo sono a giorni alterni, lo sono per tutte le persone che incorrono in questioni di questo genere. Quello che valeva per me deve valere per gli altri. Io sono stato indagato e poi archiviato (nell’inchiesta sulla fornitura di camici affidata a suo cognato, ndr), ma se facessimo questo ragionamento avrei dovuto dimettermi il giorno dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia”, dice.

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