L’overtourism in Giappone sembra diventato un problema. In un lungo articolo pubblicato dal Post, a firma Elena D’Onofrio, viene rilevato quello che, prima o poi, doveva accadere: i giapponesi non sopportano avere tra i piedi i turisti provenienti da ogni angolo del mondo. Memori di esperienze di overtourism create artificialmente dalle amministrazioni pubbliche come in Italia (vedi il caso di Bologna, diventata improvvisamente il regno dei trolley, sandali e pantaloncini corti ben oltre le capacità ricettive) quando sentiamo gli abitanti del Sol Levante lamentarsi il rimescolamento di milioni di persone che nulla hanno a che fare con i loro luoghi, le loro tradizioni, i loro ritmi di vita. Intanto partiamo da un dato: secondo i dati dell’Organizzazione nazionale del turismo, nel 2024 c’è stato il 47,1% di turisti in più rispetto all’anno precedente, passando da 25 milioni nel 2023 a 36 milioni nel 2024. Insomma, in Giappone non si era mai toccato un numero così alto di turisti. La provenienza è in primis occidentale, ma stanno aumentando cinesi e sudcoreani.
Come scrive D’Onofrio però, “l’aumento sta indisponendo gli abitanti di zone molto popolari come Kyoto e il monte Fuji, che si lamentano delle folle e della mancanza di infrastrutture adatte a sostenere un numero così alto di turisti. Nonostante questo, il governo sta promuovendo misure per attirare ancora più visitatori”. Insomma, la solita storia: i cittadini vogliono un po’ di pace, i governi vogliono alimentare i flussi indiscriminati di turisti. Del resto il governo nipponico ha già annunciato che entro il 2030 vuole raggiungere 60 milioni di visitatori l’anno, a fronte di una popolazione nazionale di 124 milioni di anime. Troppi? Beh, se in Giappone si stanno lamentando di un turista ogni 0,5 abitanti pensiamo che in Italia il rapporto è 1 a 1 (e in qualche città come Firenze, Venezia o Roma anche il doppio), mentre in Spagna – dove la protesta contro l’overtourism come nella Canarie di recente – siamo già 2 a 1.
Per capire nel concreto cosa significhi avere tutti questi turisti tra i piedi Il Post ricorda che a maggio 2024 su New York Times venne pubblicata la testimonianza di un cittadino di Kyoto che lamentava per colpa dei turisti di aver passato sei ore (sei!) per visitare il santuario shintoista di Heian-Jingu, quando solitamente ce ne volevano tre. Un altro caso citato dal quotidiano online è quello che riguarda i funzionari della città di Fujikawaguchiko che “hanno dovuto oscurare la vista sul monte Fuji con un telo per evitare che la gente si affollasse nel parcheggio di un supermercato vicino alla montagna”. Ulteriore problema, sempre a Kyoto, e sempre legato all’ambito della difesa della tradizionale culturale, risulta quello delle troppe fotografie scattate alle geishe; oppure del sovraffollamento smisurato di turisti con smartphone in mano a Tokyo e Osaka durante la fioritura degli alberi di ciliegio. Insomma, l’unico modo per far piacere ai governanti e provare a non dispiacere ulteriormente gli abitanti sembra essere quello di invitare e convogliare turisti in aree del Giappone poco o per nulla visitate, tra queste “la città di Nagato, nella provincia di Yamaguchi, una località termale affacciata sul mare generalmente molto tranquilla. Anche il monte Tomamu sta diventando noto nei mesi invernali grazie al turismo sciistico, ancora poco sviluppato nel resto del paese”.