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‘Ndrangheta e Clan del Golfo per far arrivare la cocaina in Calabria: 21 arresti

Operazione della Dda di Reggio Calabria: colpite le cosche di Platì, Gerace e Siderno. Scoperti tre gruppi criminali in grado di far arrivare la droga dalla Colombia e dall'Ecuador
‘Ndrangheta e Clan del Golfo per far arrivare la cocaina in Calabria: 21 arresti
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Diciassette persone arrestate, quattro al momento sono ricercate in campo internazionale. È il risultato dell’operazione “Pratì” nata da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria su un traffico internazionale di droga gestito dalle cosche della Locride. Ma anche coltivazione di piantagioni di canapa indiana, lavorazione e commercializzazione di marijuana e detenzione illegale di armi comuni da sparo.

L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dal gip su richiesta del procuratore Giuseppe Lombardo che, oggi, ha tenuto una conferenza stampa in questura per fornire alcuni elementi sull’indagine condotta dalla squadra mobile di Reggio Calabria. Il blitz è scattato stamattina all’alba nei territori di Platì, Gerace e Siderno. Complessivamente sono 25 gli indagati, 14 dei quali sono finiti in carcere: Franco Barbaro detto “Ciccio” o “Joker”, Natale Barbaro, Damiano Abbate, Nicodemo Deciso, Tonino Montalto, Giuseppe Palermo, Federico Starnone, Cosimo Francesco Trimboli, Domenico Trimboli, Giuseppe Trimboli detto “Zuca”, Giuseppe Trimboli detto “Papararo”, Francesco Trimboli, Natale Trimboli e Rocco Trimboli detto “Persichello”. Per altri 7 soggetti, invece, il gip ha disposto gli arresti domiciliari: Giuseppe Multari, Raffaele Multari, Bruno Arcangelo Romeo detto “Gancio”, Manuele Delfino, Francesco Papalia alias “Ciccio”, Mirella Rodà e Antonio Trimboli detto “Pigiamino”.

Eseguita pure fuori dalla Calabria, nelle città di Milano, Spoleto, Pavia e Voghera, l’operazione nasce dalla precedente inchiesta “Malea” contro la ‘ndrangheta di Mammola e ha riguardato tre differenti gruppi criminali, due dei quali dediti all’importazione di cocaina dalla Colombia e dall’Ecuador. Ingenti carichi di droga che veniva occultata all’interno dei container stipati sulle navi commerciali.

Alcuni indagati, infatti, erano impegnati nel traffico di cocaina dal Sudamerica all’Italia attraverso la mediazione di broker e intermediari. Altri, invece, erano in grado di instaurare rapporti privilegiati con i narcos colombiani e, in particolare, con il Clan del Golfo, considerato il più potente dei cartelli colombiani. La terza associazione, infine, era specializzata nella coltivazione di piante di canapa indiana e nella commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio della marijuana ricavata.

Nel corso dell’inchiesta, la Dda e la squadra mobile hanno ricostruito alcuni tentativi per far arrivare in Calabria quantitativi di cocaina nell’ordine dei 300 chili che avrebbero fruttato, sulle piazze di spaccio, un giro d’affari superiore ai trenta milioni di euro.

I “calabresi” decidevano tutto: dalla nave che doveva trasportare lo stupefacente alla rotta commerciale che dalla Colombia arrivava in Europa. I metodi classici a volte cedevano il passo a espedienti alternativi per l’importazione. In un caso, infatti, gli investigatori hanno intercettato e sequestrato all’aeroporto di Ciampino a Roma la spedizione di un normalissimo pacco affidato alla società DHL (del tutto estranea ai fatti), al cui interno vi era 1 chilo circa di cocaina purissima contenuta in chicchi di caffè.

Per il procuratore Lombardo, l’inchiesta fotografa un fenomeno, quello del traffico internazionale di cocaina, che “costantemente si evolve, che dispone di risorse economiche enormi e che è formato da una rete straordinariamente efficiente di soggetti stabilmente in grado di gestire operazioni complesse”. Ecco perché l’operazione di oggi, secondo il magistrato, “dà una serie di risposte al grande sforzo investigativo che viene portato avanti”.

È necessario, ha aggiunto, “dotarsi di strumenti molto evoluti e soprattutto è indispensabile non interrompere mai l’attività investigativa perché siamo consapevoli che perderli di vista anche per poco tempo significa non riconoscerli più. E soprattutto di non riconoscere la loro capacità di adattamento a determinate logiche criminali che non sono più calabresi, italiane ed europee, ma che si inseriscono in uno scenario mondiale che guarda con crescente attenzione a tutta una serie di evoluzioni di mercato”.

Il mercato di cui parliamo oggi è “quello enorme del traffico internazionale di cocaina e la ricostruzione odierna ci conferma che la ‘ndrangheta agisce in quel mercato da assoluto protagonista stabilizzando metodi, interlocuzioni e soprattutto avviando interlocuzioni che non sono più sporadiche ma legate a una logica unitaria. Ecco perché ho parlato di sistema criminale integrato”.

“È un’operazione – ha aggiunto il capo della mobile Gianfranco Minissale – che nel complesso è di alto valore perché riguarda una famiglia con una tradizione molto forte nel mercato dello stupefacente in grado di occupare tutti gli spazi: dalla movimentazione dei grandi carichi di cocaina, che arrivano sulle navi porta container, fino alla piantagione della canapa indiana”.

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