Moda e Stile

L’alta moda di Armani Privé sfila a Parigi senza Re Giorgio in passerella: il nero come sogno, come abisso, come perfezione

di Ilaria Mauri
L’alta moda di Armani Privé sfila a Parigi senza Re Giorgio in passerella: il nero come sogno, come abisso, come perfezione

Il nero non è un colore. È un concetto. È un silenzio. È assenza e totalità. È il principio e la fine. Nella cultura visiva, nella storia dell’arte, nella simbologia più arcaica, il nero è l’origine: il buio primordiale da cui nasce ogni forma di luce. È assenza e pienezza. È un punto fermo che assorbe la luce e allo stesso tempo la riflette. È mistero, rigore, seduzione. È il colore della notte, della distanza, del desiderio. Ma nelle mani di Giorgio Armani, il nero diventa molto di più: una grammatica, un alfabeto silenzioso, una scrittura visiva che trasforma ogni silhouette in un segno assoluto, al di fuori del tempo. Nella sua nuova collezione Armani Privé Autunno/Inverno 2025–26, presentata a Parigi nel suo palazzo di rue François 1er, il couturier italiano torna a interrogare il nero come categoria estetica e filosofica. Lo fa, per la prima volta in vent’anni di Alta Moda, da lontano. Costretto a casa in convalescenza dopo un recente ricovero (“ho seguito il consiglio dei dottori di prolungare il riposo, sebbene mi sentissi pronto a partire”, ha fatto sapere), il Re della moda italiana ha lasciato che a parlare, per lui, fossero i suoi abiti.

“In vent’anni di Privé, è la prima volta che non sono a Parigi. Durante questi viaggi respiro l’energia della città, mi carico dell’adrenalina delle prove. Tutto questo mi manca, non lo nego”, ha ammesso Re Giorgio in una nota, con una sincerità che svela l’uomo dietro la leggenda. “Ma so di poter contare su mani e menti capaci, al mio fianco da sempre. Se sono arrivato fino a qui è per la concentrazione ferrea e l’attenzione maniacale con cui controllo tutto. Lo sto facendo anche adesso”. E infatti ha seguito tutto, “ogni aspetto della sfilata, dai fitting alla sequenza e al trucco”, in collegamento video, perché nulla potesse andare in scena senza la sua approvazione e la sua “firma”.

E la sua firma, in questa collezione Autunno/Inverno 2025-26 intitolata “Noir séduisant” (Nero seducente), è un sigillo di maestria assoluta. È una riflessione sulla potenza del nero, “il più classico dei colori e allo stesso tempo la prova più difficile”, spiega Armani. “Quando lavori con il nero non ti puoi permettere di sbagliare: ogni dettaglio deve essere perfetto, perché il nero mette in evidenza l’essenza di un abito”. È un nero pensato, il suo, strutturato, lavorato, narrato. Un nero “séduisant”, seducente appunto, come indica il titolo della collezione. Un nero che si fa trama, velluto, raso, seta liquida. Un nero che respira, che vibra, che si lascia attraversare da scintille improvvise di luce e colore – verde giada, blu notte, ciclamino e oro – ma sempre con pudore, mai con ostentazione. E la collezione, coerente e impeccabile, ne è l’attuazione: ogni capo sembra costruito come un’architettura sartoriale, in equilibrio tra maschile e femminile. La sfilata si apre con abiti fluidi, impreziositi da ricami in tinte vivaci — blu notte, verde smeraldo, ciclamino — che scaldano la compostezza del nero. Seguono riletture dello smoking e del frac, talvolta alleggeriti, talvolta esasperati nei volumi, dove la linea maschile si fonde con un’eleganza femminile penetrante. Le giacche scultoree portate a pelle, i blazer con camicia bianca e papillon, i pantaloni affusolati disegnano una nuova sensualità, elegante ma mai esibita. La seduzione, in Armani, non è mai provocazione: è un soffio controllato, una linea perfetta che suggerisce più di quanto mostri.

C’è qualcosa di profondamente onirico in questa collezione. Le donne che attraversano la passerella sembrano apparizioni evanescenti, fantasmi splendenti venuti da un altrove senza tempo. I loro abiti si muovono come inchiostro danzante, cangianti ma silenziosi, con plastron trasparenti, fiocchi architettonici, polsini che si fingono gioielli. Il nero, esaltato dai contrasti, brilla senza accecare. I velluti profondi si alternano alle sete metalliche, le superfici opache si incrociano con i pavé di cristalli e le fodere interne dorate che, come dettagli segreti, rivelano la luce solo a chi sa guardare. Sono sguardi indiscreti, quelli che questi abiti invitano a lanciare, curiosi e rispettosi allo stesso tempo. “Seducendo, il nero definisce una grammatica di stile nella quale gli opposti si uniscono con grazia e armonia”, si legge nella nota finale della maison. E nulla potrebbe essere più vero.

La forza di questa collezione risiede proprio nella tensione delicata tra polarità: disciplina e immaginazione, eleganza e rigore, presenza e assenza. Il nero si fa linguaggio per armonizzare gli opposti, tenendoli insieme in un unico gesto: quello dell’Alta Moda che non ha bisogno di urlare per farsi ricordare. E in quell’equilibrio, Giorgio Armani riesce ancora una volta a scrivere la sua grammatica di stile. Non cambia radicalmente — non ne ha bisogno — ma approfondisce, affina, leviga. Come un artigiano che conosce il materiale e ne cava ogni possibile forma, anche la più impercettibile.

In prima fila, tra gli ospiti, Angela Bassett, Marisa Berenson, Maria Olympia di Grecia, Lauren Santo Domingo, Juergen Teller, Araya Hargate, Isis Valverde e Pilar Fogliati. Tutti testimoni di un’assenza che si fa presenza potente. Armani non c’è, ma ogni punto luce, ogni fodera ricamata, ogni fiocco teso, parla con la sua voce. Nel nero, Re Giorgio ha ritrovato l’essenza del suo linguaggio, e ce l’ha restituita con tutta la sua forza visionaria e disciplinata. Come sempre, senza rumore. Ma con l’eleganza del necessario.

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