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“I documenti sulla pista di Londra sono falsi”: la rivelazione choc della grafologa alla commissione d’inchiesta su Emanuela Orlandi. Il fratello Pietro: “Qualcuno vuole affossare tutto”

Al centro della sua audizione, la pista di Londra e i documenti mostrati in televisione dal fratello Pietro e che lo stesso ha consegnato alla bicamerale di inchiesta

di Alessandra De Vita
“I documenti sulla pista di Londra sono falsi”: la rivelazione choc della grafologa alla commissione d’inchiesta su Emanuela Orlandi. Il fratello Pietro: “Qualcuno vuole affossare tutto”

Ieri, la commissione parlamentare di inchiesta che indaga sul mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi ha interrogato la grafologa Sara Cordella.

La pista di Londra

Al centro della sua audizione, la pista di Londra e i documenti mostrati in televisione dal fratello Pietro e che lo stesso ha consegnato alla bicamerale di inchiesta. Si tratta di uno scambio epistolare risalente al 1993 tra il cardinale Ugo Poletti dall’arcivescovo di Canterbury George Carey. Era un invito a discutere personalmente della situazione di Emanuela Orlandi che, in base a tanti elementi, al di là di queste lettere, porterebbero a uno scenario in cui la cittadina vaticana pare abbia vissuto in regime di segregazione nel Regno Unito dopo essere stata riconsegnata al ricattato che, secondo quanto dichiarato in passato a più riprese dal fratello “potrebbe essere il Vaticano”. Ciò coincide con le dichiarazioni ai magistrati di Sabrina Minardi. Del resto la prima telefonata dei presunti rapitori giunse la sera stessa del sequestro, quel 22 giugno del 1983, presso la segreteria di Stato del Vaticano e non a casa Orlandi dove ancora la sua famiglia aspettava la ragazza per la cena. Erano appena le 20 quando qualcuno chiese di parlare con il segretario di Stato Agostino Casaroli che in quel momento era in Polonia per il viaggio trionfale del Papa. Ma torniamo alle dichiarazioni della Cordella.

L’audizione

Davanti alla Commissione di inchiesta, Cordella ha dichiarato che “in grafologia esistono due assiomi: uno è che la grafia è un prodotto unico, nessuna persona al mondo potrà scriverà in un modo uguale al mio. E il secondo è che anche nella mia scrittura, mai potrò creare una firma del tutto identica alla mia. Laddove abbiamo due firme sovrapponibili, abbiamo la certezza che una delle due è falsa. Il primo motivo di perplessità – ha detto sulla presunta lettera di mons. Carey al cardinale Ugo Poletti – era che il documento proposto era in fotocopia e delle fotocopie non possiamo mai dire se è un documento vero ma possiamo dire se è falso”. Cordella ha quindi spiegato di aver confrontato la firma con una ritrovata in rete: “Si tratta quindi di un falso effettuato con la tecnica del dropping” una cosa che potrebbe fare anche un quattordicenne”. Dichiarazioni, quelle della grafologa Cordella, che hanno fatto dire al presidente della Commissione, il senatore Andrea De Priamo, che verrà quanto prima audito in merito lo stesso Pietro Orlandi, mentre altri commissari hanno chiesto alla grafologa un suo parere, se non possa trattarsi di un depistaggio. La Cordella ha smontato anche i successivi due documenti mostrati da Pietro Orlandi a Verissimo: la lettera di Ugo Poletti a sir Frank Cooper e l’altro, sempre una missiva, a presunta firma del cardinale Camillo Ruini. Cordella ha definito falsi anche i cosiddetti cinque fogli pubblicato nel 2017 dal giornalista Emiliano Fittipaldi, direttore de Il Domani, che contenevano una nota spese per il mantenimento di Emanuela Orlandi a Londra. Tra le altre ecco la principale motivazione: “Di fatto è un anonimo perché non è riconducibile a nessuno”.

La replica del fratello

Intanto arriva la replica a questa smentita da parte del fratello di Emanuela, Pietro Orlandi che dice: “Se in commissione chiamano la grafologa Sara Cordella, qualcuno all’interno della stessa vuole affossare l’ipotesi legata all’Inghilterraa. Il problema è sempre lo stesso: si vuole guardare solo la confezione e non il contenuto di questi documenti. Chiunque ha creato quei documenti con quegli errori era perché i messaggi dovevano arrivare ai destinatari e essere considerati falsi per l’opinione pubblica, anche i Servizi lo sanno che è così. Quindi basta la dichiarazione di una persona per dare per certa la notizia che “le lettere portate dal fratello sono false”? Quindi tutto falso? Anche le dichiarazione di un funzionario del ministero della difesa?”
Orlandi si riferisce a Giuseppe Dioguardi, ex maresciallo che lavorava come segretario particolare del Ministero della Difesa. Lo scorso hanno Dioguardi ha dichiarato agli inquirenti e ai giornalisti di un programma Rai (“Far West”) che nell’estate in cui la cittadina vaticana Emanuela Orlandi è misteriosamente scomparsa egli vide che un rappresentante dello Stato Vaticano sollecitò l’allora ministro Spadolini per un volo Roma-Londra dall’aeroporto militare di Ciampino su voli Cai (i velivoli utilizzati dai Servizi Segreti) per sole quattro persone, e con a bordo solo pilota e copilota. “Era una richiesta atipica e anomala perché il Vaticano viaggiava sempre con Alitalia. Era fine agosto, i velivoli dell’epoca erano i Falco e sarebbe partito per Londra da Ciampino. Ricordo che fu fatto il nome di Emanuela Orlandi per la serie ‘non bastano le indagini che dobbiamo fare, adesso si mettono pure a chiedere i voli’. Ma non sapremo mai se quel volo era per lei”, aveva dichiarato il maresciallo lo scorso dicembre. Continua Orlandi: “Si è indagato su quel volo? Sono stati sentiti i testimoni del ministero i cui nomi sono stati fatti dal funzionario del ministero? Si è indagato sul contatto mail che mi ha fornito quei documenti? E ancora: è stato chiesto al Vaticano di poter visionare e analizzare i cinque fogli? Non credo. Quindi tutto quello che è accaduto dal 2017 riguardo la pista di Londra è questo: ci si mette una pietra sopra perché una persona dichiara che le lettere sono false, senza ovviamente aver avuto in mano alcuna documento originale. Penso proprio che la verità nessuno la voglia. Per qualcuno è meglio continuare a scavare nella vita di Emanuela e della sua famiglia”, conclude amaramente.

La conferma di Carey e la telefonata misteriosa

Sempre lo scorso dicembre, monsignor George Carey che oggi ha 85 anni e vive ancora a Londra, al giornalista Tommaso Mattei di “Far West”, pur negando di aver conosciuto Poletti, ha riconosciuto davanti alle telecamere la sua stessa firma sulla lettera mostrata da Pietro Orlandi. Nel corso della trasferta londinese all’inviato della trasmissione televisiva giunse una telefonata piuttosto inquietante da parte di una ex dipendente dei Servizi Segreti. Ecco il contenuto della chiamata: “Ho lavorato per tanti anni per l’intelligence della polizia di Londra, mi sono sempre occupata del traffico di esseri umani. Di residenze di Padri Scalabrini (in cui secondo i cinque fogli avrebbe vissuto segregata la Orlandi, ndr) ce ne sono due a Londra. C’è la residenza vaticana a Wimbledon, e di fianco c’è un ospedale privato e potrebbe essere stato praticato lì l’aborto”. Il riferimento è all’aborto evocato dal contenuto delle sopracitate lettere in cui non è scritto chiaramente ma da cui facilmente si deduce che la Orlandi abbia subito un’interruzione di gravidanza. Non a caso, sempre nei cinque fogli tra le note di spesa ce n’è una che fa riferimento a delle spese mediche presso lo studio della dottoressa Lesly Reagan, ginecologa molto affermata oggi. Altra coincidenza inquietante: nell’ottobre del 2022 Pietro Orlandi ha ricevuto una mail anonima in cui era scritto, in riferimento alle stesse lettere di cui sopra: “Frank Cooper era sottosegretario di Stato permanente e anche Chairman dell’Imperial College di London, in cui Emanuela è stata ricoverata per la gravidanza. L’Imperial College gestiva il St. Mary che era l’ospedale più importante d’Inghilterra. Cooper gestiva l’ospedale. Anche se in pensione, Cooper aveva la carica permanente e continuava a lavorare alla Difesa, ma solo in situazione specifiche. Cooper aveva rapporti col cardinale Poletti che si occupò personalmente del ricovero e di tutto”.

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