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Russia, scontro tra ministri sull’economia. “Sull’orlo della recessione”, “No, fase di raffreddamento”

Russia, scontro tra ministri sull’economia. “Sull’orlo della recessione”, “No, fase di raffreddamento”
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La Russia è “sull’orlo di una recessione“. L’allarme proviene dal ministro dello Sviluppo economico Maksim Reshetnikov che ha parlato al Forum economico internazionale di San Pietroburgo. Il ministro ha precisato che non si tratta di un destino inevitabile ma che scongiurare la crisi “dipende ora interamente dalle decisioni che facciamo”. Probabile che si tratti di un messaggio per la governatrice della banca centrale Elvira Nabiullina che, sebbene abbia leggermente ridotto il costo del denaro a inizio giugno, mantiene i tassi al 20%.

Non a caso la stessa a Nabiullina, spiega che l’economia “sta semplicemente uscendo da uno stato iper riscaldato. Abbiamo avuto una crescita della domanda (negli ultimi due anni, ndr), l’offerta è rimasta indietro. Ed è questo il momento in cui si presentano surriscaldamento e l’inflazione. È conseguenziale”, ha spiegato. Il problema, ha ammesso, è quello della penuria di mano d’opera per le imprese.

Anche il ministro delle Finanze, Anton Siluanov, ha smorzato l’allarme del collega, sottolineando che l’economia sta semplicemente “raffreddandosi” e che “l’estate segue sempre il freddo”. “In termini di dati assistiamo a un rallentamento ma tutte le informazioni di cui disponiamo sono essenzialmente uno specchietto retrovisore. Sulla base del sentiment delle imprese in questo preciso momento e sugli indicatori principali penso che siamo già sull’orlo di una recessione”, ha però insistito Reshetnikov.

Che l’economia russa stia attraversando una fase delicata non è un mistero. I consumi stanno diminuendo, a cominciare da quelli di auto e prodotti elettronici per cui è diventato via via più costoso avere un finanziamento. Gli alti costi di indebitamento pesano sui consumi non legati all’esercito e frenano gli investimenti aziendali. Pure i conti di molti colossi industriali statali sono in sofferenza, stretti tra alti costi di indebitamento e un rafforzamento della moneta che frena l’export. Così si tagliano dividendi e investimenti. Nei primi 4 mesi dell’anno la produzione industriale è cresciuta dell’1,2% ma c’è una frattura sempre più profonda tra le aziende legate al comparto della difesa e le altre. Le prime prosperano, le seconde soffrono.

Un fattore chiave è il costo del petrolio sui mercati internazionali. Dalla vendita di greggio Mosca ottiene la fetta più consistenti dei proventi delle sue esportazioni. Negli ultimi mesi le quotazioni erano diminuite molto, scendendo fino a 55 dollari al barile. Le crescenti tensioni in medio oriente e l’attacco israeliano all’Iran le hanno riportate vicino agli 80 dollari. Una boccata di ossigeno per il Cremlino.

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