“Quel pallone pressostatico non s’ha da fare”. Parafrasando la famosa frase dei “Promessi Sposi” è questo il sunto della furia di Amedeo Minghi che è finito al Tar contro un centro sportivo sorto davanti alla sua villetta in zona Casetta Mattei, periferia verde della Capitale tra Portuense e Bravetta. Come promosso da Minghi stesso, la villetta non è più per uso privato ma adibita ad eventi.
Dunque da quello che si legge negli atti presentati dalla difesa dell’artista, riportati dal Corriere della Sera Roma: “Pochi mesi orsono hanno avuto luogo ingenti lavori edilizi di costruzione e ristrutturazione all’interno del circolo sportivo Kipling, che hanno portato all’installazione nel medesimo circolo di un pallone aerostatico (pressostatico, ndr) di rilevanti dimensioni collocato a ridosso del muro che confina con via Sara Levi Nathan, a circa 8/10 metri di distanza dal muro di cinta dell’immobile di proprietà della società Le Figlie, che ostacola del tutto la vista panoramica da quel lato dell’immobile e che, di conseguenza, toglie respiro allo stesso, limitandone fortemente la fruibilità e causandone una rilevante diminuzione di valore”.
L’artista si è rivolto così il 12 dicembre scorso alla polizia locale di Roma Capitale e all’amministrazione capitolina per ottenere la documentazione relativa a dei lavori che lo riguardano in qualità di confinante. Tuttavia, il Comune ha negato l’accesso agli atti, sostenendo l’esistenza di possibili accertamenti di natura penale. Di fronte al rifiuto del Comune, Amedeo Minghi ha deciso di rivolgersi al Tar, contestando il diniego dell’amministrazione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) mercoledì 28 maggio, ha accolto il ricorso dell’artista, stabilendo che l’amministrazione romana debba riesaminare la domanda di accesso entro 30 giorni dalla notifica della sentenza. La vicenda potrebbe ora passare alla fase di merito, con una valutazione dei permessi e delle autorizzazioni in questione.