Cultura

“Siamo nella me**a fino al collo, è per questo che camminiamo a testa alta”. Un super cult Dario Fo, attuale più che mai in questi tempi scompostissimi di geopolitica

Grande Prima al Teatro Bellini di Napoli per “Morte accidentale di un anarchico”

di Januaria Piromallo
“Siamo nella me**a fino al collo, è per questo che camminiamo a testa alta”. Un super cult Dario Fo, attuale più che mai in questi tempi scompostissimi di geopolitica

Il mantra di Dario Fo ha attraversato mezzo secolo di storia la più ingarbugliata d’Italia e non solo. E il mistero della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli é rimasto tale. Allora a cosa serve la satira? A Dario Fo a rendere il suo linguaggio rivoluzionario. Ha inaugurato la stagione del forte impegno politico, spalmato su una produzione vastissima sempre secondo un’ottica rovesciata. 47 processi, interrompeva le tournée in giro al mondo, si presentava davanti al giudice e direttamente dal proscenio della giustizia ritornava a quello del teatro. Vinse il Nobel con la motivazione si ispira ai giullari medievali nel dileggiare l’autorità e nel risollevare la dignità degli oppressi. Ma gli negarono il visto per gli Stati Uniti.

Uomo di teatro a tutto tondo. Come Daniele Russo, straordinario attore dalle mille sfumature e dai mille volti, che al Bellini interpreta il Matto, ruolo icon che fu proprio di Fo. Nel 1921 un emigrante italiano «volò» fuori da una finestra del palazzo della polizia di New York: è questo l’episodio che ispirò “Morte accidentale di un anarchico”, di Dario Fo. “La morte accidentale” è quella dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra del quarto piano della questura di Milano nel 1969, in uno degli episodi più controversi della storia italiana del dopoguerra, dalla strage di Piazza Fontana, per cui Pinelli era indagato.

La regia di Antonio Latella, geniale regista teatrale, contraddice spazi e tempi del testo originale, per poter inscenare il calpestio dei passi sulla silhouette disegnata dell’anarchico morto: una scenografia potente al centro del teatro, via le poltroncine rosse, gli spettatori/attori sono seduti sul palcoscenico. Perché gli accusati dalla drammaturgia siamo noi. Mentre i teatranti, quelli veri, parlano più voci sulla scena, portano sulle spalle dei fantocci di loro stessi e danno vita a personalità multiple… Come sappiamo dalla cronaca, il commissario Calabresi fu ucciso e la verità stenta ancora a venire alla luce. Fo ci consegna una sua verità, quella del Matto, quella di chi se ne fotte della logica, delle convenzioni, della forma, andando a creare un testo multiforme e politicamente scorretto, cha fa dire al matto: “Gli anarchici sono molto conservatori è per questo che ammazzano i Re? Già, per imbalsamarli e conservarli per sempre. Perdio siamo immersi nella merda fino al collo; ma è per questo che noi Italiani camminiamo a testa alta”.

Un cast formidabile formato da Caterina Carpio (la giornalista), Annibale Pavone (il questore), Edoardo Sorgente (il Commissario), Emanuele Turetta (Agente). Assolutamente da vedere fino al 1 giugno. Produzione Fondazione dello stesso Teatro Bellini. E poi in tournée. Doppi applausi per Daniele Russo che si toglie l’abito di scena per mostrare la tee-shirt: Stop Gaza. 657 giorni di conflitto, 72mila morti.

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