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Migranti, proposta della Commissione Ue per facilitare l’espulsione dei richiedenti. Amnesty: “Cinica”

Rivisto il concetto di "paese terzo sicuro": renderà più semplice dichiarare inammissibili le domande d'asilo
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Se il concetto di paese d’origine sicuro, al centro del confronto tra politica e magistratura sui centri in Albania e dell’ormai prossima sentenza della Corte di giustizia europea, serve a esaminare in modo sommario le richieste d’asilo e a comprimere garanzie e termini per fare ricorso, quello di paese terzo sicuro consente agli Stati dell’Unione europea di dichiarare inammissibili le domande e di espellere il richiedente verso il paese terzo che si ritiene in grado di offrire adeguate garanzie. In vista dell’attuazione del Patto migrazione e asilo (la riforma dei regolamenti Ue approvata l’anno scorso e in vigore dal 2026), la Commissione era obbligata a riesaminare il concetto entro giugno e ieri, 20 maggio, ha partorito la sua proposta. Se approvata da Consiglio e Parlamento Ue, modificherà il nuovo regolamento sulle procedure d’asilo (2024/1384) con lo scopo di “accelerare i processi di asilo e ridurre la pressione sui sistemi di asilo”, spiega la Commissione, “preservando nel contempo le garanzie giuridiche per i richiedenti e garantendo il rispetto dei diritti fondamentali”. In Italia piovono applausi dalla maggioranza di governo e critiche da parte delle opposizioni. Mentre le organizzazioni per i diritti umani parlano di “proposta cinica” per sollevare gli Stati membri dai loro obblighi e respingere le persone in paesi coi quali non hanno alcun legame.

Attualmente, il diritto europeo impone alle autorità di dimostrare un legame tra il richiedente e il paese terzo sicuro interessato. Se adottata da Consiglio e Parlamento, la riforma renderà più flessibile l’applicazione del concetto di paese terzo sicuro perché, si legge nella nota della Commissione, “il collegamento tra il richiedente e il paese terzo sicuro non sarà più obbligatorio. Gli Stati membri possono scegliere di applicare il concetto di paese terzo sicuro in presenza di un collegamento quale definito dal diritto nazionale”. “Anche il transito attraverso un paese terzo sicuro prima di raggiungere l’Ue può ora essere considerato un collegamento sufficiente per applicare il concetto di paese terzo sicuro”. Non solo: minori non accompagnati a parte, “quando non vi è alcun collegamento o transito, per applicare il concetto basterà un accordo o un’intesa con un paese terzo sicuro”, tale da garantire, scrive la Commissione, “che vi sia un esame della richiesta di protezione effettiva nel paese terzo sicuro, in modo che i richiedenti possano ricevere protezione se giustificato”. Da ultimo, “per ridurre i ritardi procedurali e prevenire gli abusi”, i ricorsi contro le decisioni di inammissibilità non avranno più effetto sospensivo automatico del provvedimento di espulsione.

Una stretta senza precedenti perché, di fatto, il legame di un richiedente con un paese terzo dove si pretende di farlo tornare può esistere sempre, a piacimento dello Stato Ue che rifiuta di esaminare la sua domanda di asilo. “I paesi terzi possono essere considerati sicuri se soddisfano una serie di condizioni: protezione contro il respingimento, assenza di un rischio reale di danni gravi e di minacce alla vita e alla libertà a causa della razza, della religione, della nazionalità, dell’appartenenza a un gruppo sociale o delle opinioni politiche, nonché la possibilità di chiedere e ricevere una protezione efficace”, precisa la Commissione, che “impone inoltre agli Stati membri di informarla prima di concludere accordi con paesi terzi sicuri per verificare che soddisfino le condizioni stabilite dal diritto dell’Ue”. Un esempio? “Quello che dovremmo considerare è l’accordo con la Turchia, considerata dalla Grecia Paese terzo sicuro al fine di rimpatriare i richiedenti asilo”, ha detto il portavoce della Commissione Europea Markus Lammert. Forse senza considerare che la Turchia ha la più alta prevalenza di schiavitù moderna in Europa e Asia Centrale, ed è al quinto posto a livello globale. Il Global Slavery Index dell’organizzazione internazionale per i diritti umani Walk Free stima che circa 1,3 milioni di persone fossero in questa condizione nel 2021 e che la risposta del governo rimane “tra le meno efficaci nella regione”. E segnala l’elevata vulnerabilità di rifugiati e migranti, esacerbata da discriminazione, conflitti e povertà. Ma anche da violenze sui confini e respingimenti nonostante il principio di non respingimento sia riconosciuto.

Del resto, la proposta della Commissione non è altro che l’evoluzione del processo nel quale l’accordo siglato con la Turchia nel 2016 ha segnato un passo fondamentale. Il processo di esternalizzazione delle frontiere e infine dello stesso diritto di chiedere asilo che, è il caso di ricordare, è un diritto fondamentale della persona umana riconosciuto sia dalla Costituzione italiana che dalla normativa internazionale. In Italia, la maggioranza di governo plaude alla proposta parlando di “strada giusta”, rivendicando la linea indicata dall’esecutivo di Giorgia Meloni. “Il Commissario Magnus Brunner vuole permettere che le persone vengano espulse verso Paesi con cui non hanno alcun legame culturale o linguistico”, ha dichiarato invece Cecilia Strada, europarlamentare del Pd. “Gli Stati terzi potranno essere definiti “sicuri” anche sulla base di accordi bilaterali: un meccanismo tutt’altro che trasparente che potrà essere sfruttato per etichettare come “sicuro” qualunque Paese terzo. Questa misura non solo mette a rischio i diritti fondamentali dei richiedenti asilo, ma mina anche i principi democratici su cui si basa la nostra società”, conclude. Amnesty International parla di “cinismo”. In particolare preoccupa la possibilità di rinviare le persone verso stati con cui non hanno alcuna relazione e l’abolizione dell’effetto sospensivo automatico dei ricorsi, che “potrebbe portare a trasferimenti forzati mentre il ricorso è ancora pendente”.

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