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Le motivazioni della condanna di Delmastro: “Sapeva della delicatezza di notizie segrete. Pericolo per l’efficacia della lotta al crimine”

Nelle 42 pagine delle motivazioni della condanna a 8 mesi, si legge: il sottosegretario "non può essere ritenuto tanto leggero e superficiale, come per certi versi vorrebbero Difesa e Procura, da non aver considerato e non essersi reso conto della valenza e delicatezza"
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C’è un errore – di quelli che in gergo si chiamano “refusi” – nella relazione del Gruppo operativo mobile del ministero della Giustizia, tra i dettagli che lo scorso 20 febbraio 2025 sono costati la condanna in primo grado ad Andrea Delmastro Delle Vedove. Il sottosegretario alla Giustizia è accusato di rivelazione di segreto per aver trasferito al suo collega di partito, il deputato Giovanni Donzelli, informazioni “a limitata divulgazione” sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito e ai suoi dialoghi nel carcere di massima sicurezza con alcuni detenuti ritenuti boss della camorra e della ‘ndrangheta. Informazioni poi utilizzate da Donzelli per un un suo intervento alla Camera dei Deputati, in cui aveva criticato aspramente i parlamentari del Pd che avevano svolto un’ispezione nel carcere di Sassari, cui era richiuso l’anarchico. Durante il processo, Donzelli e Delmastro hanno raccontato ai giudici dell’8a sezione che il sottosegretario aveva trasferito a voce, senza l’utilizzo di appunti, le informazioni all’amico deputato.

Nelle 42 pagine delle motivazioni della condanna, firmate dal collegio presieduto dal giudice Francesco Rugarli, si ricorda che Donzelli aveva spiegato come “nel momento in cui aveva rielaborato gli appunti preparando il suo intervento in Parlamento si fosse reso conto che la data dei colloqui tra il Cospito e gli altri detenuti coincideva con il giorno della visita dei parlamentari del Pd”. In realtà, spiegano i giudici, “la presunta coincidenza, sottolineata anche nell’intervento parlamentare, è frutto di un errore: la visita dei parlamentari avviene il 12.1.23, mentre il colloquio del Cospito segnalato nella relazione dei Nic (Nucleo investigativo centrale) e citato dall’On Donzelli avviene l’11.1.23“. Per i giudici, dunque, “è verosimile che a trarre in inganno tanto l’imputato (…) che l’On. Donzelli sia stata la relazione dei Nic: sotto l’indicazione in grassetto della data 12 gennaio viene riportata la relazione del Gom che si riferisce però ad un colloquio avvenuto il giorno precedente”. Graficamente “quello che cattura immediatamente l’attenzione è la data del 12 in carattere grassetto, mentre la data dell’11, in caratteri normali è contenuta all’interno, tende a sfuggire”.

In generale la condanna, spiegano i giudici, è arrivata in quanto, dal loro punto di vista “le notizie comunicate dall’imputato all’Onorevole Donzelli rientrassero e rientrino nell’ambito del segreto di ufficio e avessero la copertura penale prevista dall’art 326 c.p. (rivelazione di segreto, ndr); che la comunicazione di tali notizie abbia comportato un concreto pericolo per la tutela e l’efficacia della prevenzione e repressione della criminalità e che il Delmastro Delle Vedove non può essere ritenuto tanto leggero e superficiale, come per certi versi vorrebbero Difesa e Procura, da non aver considerato e non essersi reso conto della valenza e delicatezza, in definitiva della segretezza di quelle informazioni”.

Ad aggravare la posizione di Delmastro, il fatto che “anche il profilo personale dell’imputato – si legge – rende inverosimile difetto di dolo sostenuto. Laureato in legge, avvocato penalista sottosegretario con delega agli Istituti di pena, parlamentare di lungo corso, attento sensibile ai profili della sicurezza, chiamato a ricoprire ruoli apicali nell’amministrazione della giustizia specificamente nella gestione della polizia penitenziaria e degli istituti di pena, ebbene date tutte queste premesse suona abbastanza singolare che le informazioni contenute nella relazione dei Gom integralmente trasfuse nella scheda del Nic siano state dall’imputato ritenute liberamente divulgabili e non coperte dalla riservatezza del segreto di ufficio”.

Delmastro Delle Vedove, difeso dagli avvocati Andrea Milani e Giuseppe Valentino, ha già annunciato che ricorrerà in Appello. Dalla sua il parere della Procura di Roma, che aveva chiesto l’assoluzione del sottosegretario ritenendo che quei documenti “a limitata divulgazione” non fossero vincolati da segreto. Delmastro, come detto, è stato condannato a 8 mesi. Nessun risarcimento è stato invece concesso ai parlamentari del Pd ammessi al processo come parte civile, ovvero i deputati Andrea Orlando, Silvio Lai, Debora Serracchiani e il senatore Walter Verini, rappresentati dagli avvocati Mitja Gialuz, David Ermini e Federico Olivo.

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