Vagnozzi: “Caso Sinner? Finalmente qualcuno ha capito. Adesso alcuni tennisti dicono di sentirsi in pericolo”
“Penso che nell’ultimo periodo finalmente c’è stato qualcuno che ha centrato il punto. Adesso vedo finalmente i giocatori che dicono ‘in effetti siamo in una situazione di pericolo‘. Un pericolo che fino a poco tempo fa non c’era. Purtroppo le contaminazioni ci possono essere ed è difficile controllarle”. Con queste parole Simone Vagnozzi, coach di Jannik Sinner, ha commentato durante un punto stampa agli Internazionali d’Italia le ripercussioni del caso Clostebol sul sistema tennistico. E nello specifico, parlando dell’altoatesino, ha aggiunto: “Penso soprattutto al caso di Jannik, di una contaminazione completamente involontaria, e che non sia giusto che sia stato fermato“.
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Riguardo a come abbia vissuto personalmente questa vicenda, il tecnico ha spiegato: “Sinceramente, è mancata anche a me la competizione. Abbiamo provato a ricaricare le pile, vediamo. Magari a lungo termine ci aiuteranno questi tre mesi”. E proprio questa assenza prolungata dai campi da gioco spaventa alcuni tifosi di Sinner, dubbiosi sul fatto che il numero uno al mondo possa facilmente ritrovare la forma migliore e il giusti ritmo gara. Vagnozzi però non la pensa così: “Negli ultimi due anni abbiamo anche lavorato un po’ per fargli scoprire che c’è una vita oltre il tennis. Lui è diventato un po’ più flessibile, un po’ più aperto. Penso che abbia gestito molto bene tutto questo. Adesso è tutto finito. Possiamo concentrarci solo sul tennis. Questo rientro sarà una passeggiata in confronto all’ultimo anno in cui abbiamo avuto tutto quel peso sulle spalle“.
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Ci sono però anche delle persone convinte che questi tre mesi di stop possano averlo avvantaggiato, anche se il coach dell’altoatesino si è detto incredulo davanti a queste affermazioni: “A volte sono rimasto un po’ sorpreso sentire da alcuni nel settore dire che quasi è stato un vantaggio questi tre mesi di stop, perché non ho mai visto nessuno rendere una pausa dall’Australia fino a Roma volontariamente. Altrimenti lo avrebbero fatto tutti”.