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Unicredit replica al governo sul Golden Power: “Mette a rischio la sana e prudente gestione della banca”

Il caso Anima: Bpm può farne quello che vuole, la banca di Orcel avrebbe dei vincoli d'investimento per 5 anni, anche contro gli interessi dei risparmiatori. E poi c'è il rischio boomerang: che il trattamento Unicredit metta in fuga gli investitori dall'Italia
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“Le prescrizioni imposte a UniCredit, potrebbero danneggiare la sua piena libertà e capacità di adottare decisioni conformi ai principi di sana e prudente gestione in futuro, e persino portare a risultati non voluti (ad esempio l’imposizione di sanzioni a UniCredit a causa della presunta mancata osservanza di una qualsiasi delle prescrizioni)”. Dopo un weekend riflessione, la banca guidata da Andrea Orcel è così entrata nel merito dei paletti che il consiglio dei ministri di venerdì ha deliberato di imporle ai sensi del Golden power, qualora l’acquisizione del Banco Bpm vada in porto.

In altre parole, il dirigismo governativo nei confronti di Unicredit-Bpm potrebbe danneggiare, impaludandola, la seconda banca italiana e, quindi, lo stesso Paese. Un bel paradosso se si pensa che l’esecutivo sostiene di aver deciso di palettare la libertà d’impresa di Unicredit nell’acquisizione del Banco Bpm solo ed esclusivamente allo scopo di tutelare gli interessi strategici del Paese e la sicurezza nazionale.

Le prescrizioni, “il cui merito non è chiaro”, come aveva detto Unicredit a caldo, nella sintesi della banca sono dei vincoli sulle modalità di gestione delle future attività creditizie e della liquidità dell’entità che nascerebbe dall’unione delle due banche; sul diritto di cedere partecipazioni e di gestire “in modo appropriato” gli asset in gestione di Anima e sulle attività di UniCredit in Russia. La prescrizione che più salta all’occhio è quella che riguarda gli investimenti di Anima, la società di gestione del risparmio fresca di acquisizione da parte del Banco Bpm e, quindi, preda indiretta di Unicredit. Secondo quanto trapelato in questi giorni in particolare all’istituto di Orcel verrebbe imposto di non ridurre per 5 anni il peso degli investimenti in titoli italiani. Indipendentemente dal loro andamento.

Questo significa che se l’acquisizione andasse a buon fine e per qualche motivo i titoli italiani dovessero crollare, Anima prima di venderli per investire i risparmi dei suoi investitori in beni più solidi, dovrebbe chiedere il permesso al governo e intavolare una discussione a suon di carte bollate? Sarebbe tutto il contrario di quello che serve per operare sul mercato, soprattutto quando si deve gestire il denaro altrui. Quindi un controsenso che non si spiega, soprattutto se si pensa che invece a Bpm il governo ha dato il permesso di comprare Anima senza imporre alcun vincolo in generale e, meno che mai, in particolare sulla tipologia o la durata degli investimenti da far fare alla società di gestione del risparmio. Eppure Bpm ha come primo azionista una banca francese, il Credit Agricole: chi garantisce che sotto la nuova gestione Anima non venderà Italia per comprare per esempio Francia? E poi, come darle torto se lo facesse nel caso in cui, sempre per esempio, la Francia diventasse un’occasione per far guadagnare i risparmiatori italiani?

“UniCredit ha la chiara intenzione di mantenere o incrementare l’esposizione dell’entità combinata alle PMI e di supportarle ulteriormente con le proprie fabbriche prodotto di eccellenza. Inoltre, UniCredit continuerà a gestire gli asset in gestione dei suoi clienti nel loro migliore interesse e si impegna a continuare a ridurre la propria presenza in Russia, già diminuita del 90% circa negli ultimi tre anni, in linea con la decisione della BCE”, è il commento della banca. Che sottolinea come “l’uso dei poteri speciali in un’operazione domestica tra due banche italiane non è comune e non è chiaro perché sia stato invocato in relazione a questa specifica operazione, ma non per le altre operazioni simili attualmente in corso sul mercato italiano”.

Infine il nocciolo della questione: “Le prescrizioni si prestano a diverse interpretazioni e appaiono non completamente allineate con la legislazione italiana e comunitaria, oltre che con le decisioni delle autorità regolamentari“. Quindi c’è spazio per le vie legali. Unicredit per ora non si sbilancia: ha dato un riscontro al governo e attende una risposta. Fino ad allora “non è in grado di prendere alcuna decisione definitiva sulla strada da seguire in merito all’Offerta”. Resta da chiedersi, nel frattempo, che garanzie offre il governo italiano a chi già investe in Italia e se non teme che il caso Unicredit diventi un boomerang tale da mettere in fuga gli investitori.

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