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È il giorno dei dazi Usa. Le possibili conseguenze su economia mondiale e benessere dei cittadini

Un paper dell'Aston university quantifica in 1.400 miliardi di dollari la perdita di ricchezza globale causata dalla guerra commerciale
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È il giorno di uno degli annunci più attesi dall’inizio della presidenza di Donald Trump. Nel pomeriggio il tycoon, stando alle anticipazioni, ufficializzerà i dazi sulle importazioni da tutti i Paesi partner. L’incertezza sulla portata dell’offensiva nelle ultime settimane ha innervosito i mercati e pesato anche sulla fiducia dei consumatori statunitensi, per i quali le nuove tariffe rischiano di tradursi in aumenti dei prezzi. Un paper della britannica Aston business school, di cui ha dato conto il Financial Times, ha provato nel frattempo a quantificare attraverso l’analisi econometrica l’impatto di una guerra commerciale sull’economia mondiale e sul benessere dei cittadini. Arrivando alla conclusione che nel caso peggiore la ricchezza globale si ridurrebbe di 1.400 miliardi di dollari e l’inflazione statunitense esploderebbe.

Il primo scenario tiene conto solo delle tariffe già messe in campo, quelle del 25% su Canada e Messico e del 20% sulle merci cinesi. Una mossa che di per sé riduce export, import e reddito pro capite di tutti i Paesi coinvolti. Se poi ognuno deciderà di rispondere con ritorsioni uguali e contrarie l’impatto si aggraverà, con un calo del reddito reale pro capite dei cittadini del 5,1% in Canada, 7,1% in Messico e 1,1% negli Usa.

Gli scenari successivi ci riguardano più direttamente perché coinvolgono anche il Vecchio continente. Con dazi del 25% sull’import da tutti i 27 Paesi Ue – l’analisi non prevede le pur probabili tariffe reciproche differenziate – l’Italia sarebbe il quinto Stato più penalizzato in termini di calo dell’export dietro Messico, Canada, Irlanda e Cina. Subito dopo verrebbe la Francia. Se il Vecchio continente rispondesse con una tariffa identica sulle merci Usa, il quadro si aggraverebbe: Parigi vedrebbe le proprie vendite oltreoceano calare un po’ più di quelle italiane, ma la perdita di benessere per i cittadini della Penisola sarebbe maggiore, vicina allo 0,6%. Quelli degli Usa sarebbero più poveri dell’1,6%.

Fonte: Tariff and Triumph: The UK’s Edge in a Fractured World – Jun Du e Oleksandr Shepotylo, Aston Business School

In uno scenario ancora peggiore ma probabile, con una tariffa generalizzata sempre del 25% sui prodotti di qualsiasi provenienza. Se i partner subissero senza reagire, la perdita maggiore rispetto al caso precedente riguarderebbe anche stavolta gli elettori statunitensi, che vedrebbero il reddito reale pro capite calare del 2%. Ulteriori arretramenti colpirebbero però anche i vicini di Messico e Canada. Se gli altri rispondessero colpo su colpo, invece, per i cittadini Usa il benessere si ridurrebbe del 2,5% a fronte di un lieve recupero per Città del Messico e Ottawa e di un maggior danno per la Sud Corea (-1,6%). Infatti la guerra commerciale globale, nel lungo termine, farebbe impennare i prezzi negli Stati Uniti addirittura del 5,5%, peggio che in ogni altra nazione.

L’Italia perderebbe un 2,8% di export e un 3,3% di import, con una riduzione del benessere dei cittadini di poco superiore al 5%.

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