Alluvioni: qui in Romagna coi soldi Ue per le armi si potrebbe davvero mettere al sicuro il territorio
di Derek Zoli
Non sono ancora passati due anni dalla devastante alluvione che nel maggio del 2023 ha segnato la vita di molti romagnoli. Alcuni sfortunati in questi venti mesi hanno subito ben tre alluvioni, e mentre fanno ancora la conta dei danni subiti, alcuni senza le forze per ripartire e sistemarsi case e luoghi di lavoro, siamo di nuovo in allerta rossa.
Adesso va così: se piove per due giorni di seguito, in particolare sulle nostre colline, iniziano le allerte, prima gialla, poi arancione e per arrivare – sempre più spesso velocemente – a quella rossa, cui seguono ordinanze di chiusura scuole e di sgombero.
Il clima è innegabilmente cambiato: piove tanto in pochissimo tempo. Dovremo abituarci e attrezzarci di conseguenza, ma in questi due anni abbiamo sentito più che altro tante chiacchiere. Il nostro governatore di regione, ora in missione europea, litigava con la premier, che alla prima alluvione venne con gli stivali di gomma in passarella senza poi ripalesarsi più, su chi e come doveva gestire gli aiuti. E venne pure Figliuolo che nessuno di noi, nel pratico, ha davvero capito cosa abbia combinato, probabilmente insabbiato dalle burocrazie del nostro paese.
Chi di noi abita vicino a un fiume in questi ultimi venti mesi non ha visto molti lavori a parte quelli di ripristino dei danni causati dagli eventi precedenti; la sensazione è che gli alvei siano sempre poco curati, così come i fossi e le fognature e quindi alla prima piena si teme che possa franare un argine o tracimare da qualche parte.
Venti mesi fa i miei genitori come moltissimi miei conterranei hanno buttato in discarica interi pezzi delle proprie vite, non solo mobili ed elettrodomestici, ma anche ricordi, oggetti preziosi. I ristori in parte sono arrivati, pochi, quasi sempre insufficienti, difficili da ottenere.
Oggi siamo di nuovo in allerta rossa e chi come me ha una piccola attività tutto sommato è più al sicuro di due anni fa perché il governo, che quasi nulla ha fatto per mettere in sicurezza il territorio, mi ha caldamente incoraggiato a sottoscrivere una polizza catastrofale. Non è un vero obbligo da quello che emerge, ma un “caldo invito” in quanto chi non la dovesse sottoscrivere potrebbe per esempio essere escluso dall’accesso a contributi, sovvenzioni o agevolazioni finanziarie erogate con fondi pubblici, comprese quelle destinate alla ricostruzione e al sostegno economico in caso di calamità naturali.
E mentre iniziano a scorrere immagini di esondazioni e frane qua e là, penso a quanto ci sarebbe da fare per mettere veramente al sicuro il nostro territorio, quanto ne avremmo davvero bisogno e di quanto, per esempio, quei soldi promessi per comprare nuovi armi per la nuova difesa europea farebbero comodo per comprare ruspe invece che carrarmati.